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L’articolo 3, commi 3-bis e 3-quater, D.L. 145/2023, ha modificato, con decorrenza dal periodo d’imposta 2023, la modalità di calcolo del fringe benefit relativo ai prestiti erogati dal datore di lavoro ai dipendenti.

Tale disposizione modifica l’articolo 51, comma 4, lett. b), Tuir, il quale, nella sua versione previgente, prevedeva che “in caso di concessione di prestiti [ai fini del calcolo del fringe benefit] si assume il 50 percento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.

Secondo la nuova formulazione, invece, il fringe benefit tassato in capo al lavoratore dipendente è pari al “… 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.

La nuova formulazione, pertanto, distingue i prestiti a tasso fisso dai prestiti a tasso variabile:

  • in relazione ai prestiti a tasso fisso, il fringe benefit annuale è pari al 50% della differenza tra gli interessi calcolati in base al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di concessione del prestito, la quale coincide con la data di stipula del contratto (circolare n. 326/E/1997), e il tasso contrattualmente previsto. In questa ipotesi, l’importo del fringe benefit rimane costante per tutta la durata del prestito in quanto le variabili che lo determinano sono fisse;
  • per quanto attiene ai prestiti a tasso variabile, il fringe benefit annuale è pari al 50% della differenza tra gli interessi calcolati in base al tasso ufficiale di riferimento vigente alla scadenza di ciascuna rata e gli interessi calcolati secondo il tasso contrattuale. In questa ipotesi il calcolo è più complesso, in quanto i dati che determinano il fringe benefit sono variabili.

Rimane invariato, invece, il secondo periodo della disposizione che prevede la non applicabilità della disposizione sopra vista in relazione:

  • ai prestiti concessi prima dell’1.1.1997. A tali prestiti si applica il criterio del costo specifico (circolare n. 326/E/1997);
  • ai prestiti di durata inferiore a 12 mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, a dipendenti in cassa integrazione guadagni o in contratto di solidarietà, a dipendenti vittime dell’usura o di richieste estorsive.

Restano comunque validi i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria con la citata circolare n. 326/E/1997 secondo cui:

  • la disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata;
  • la norma si applica ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest’ultimo. Pertanto, e a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro;
  • per i prestiti in valuta estera, occorre mettere a confronto gli interessi calcolati al tasso di riferimento e quelli calcolati al tasso di interesse effettivamente praticato, effettuando la conversione in euro sulla base del rapporto di cambio vigente alla data di scadenza delle singole rate del prestito;
  • in caso di prestiti a tasso variabile (caratterizzati da una variazione del tasso di interesse iniziale), il prelievo alla fonte deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche delle variazioni subite dal tasso di interesse iniziale;
  • in caso di prestito concesso a tasso zero, il calcolo dell’importo da assoggettare a tassazione deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento della quota capitale;
  • nei casi di restituzione del capitale in un’unica soluzione oltre il periodo d’imposta, l’importo maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di conguaglio di fine anno.

Si rammenta che, ad oggi, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale (ex TUR) è stato fissato dalla Banca Centrale Europea nella misura del 4,5%. Ciò avvenuto con la seduta del Consiglio Direttivo del 14.9.2023.

Da quanto emerge dalle ultime dichiarazioni rilasciate dalla presidente della BCE Christine Lagarde il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale dovrebbe rimanere su questo livello per un periodo di tempo sufficientemente lungo affinché l’inflazione torni ad attestarsi al 2% annuo.

 

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