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Con l’ordinanza n. 26438/2022, pubblicata l’8 settembre 2022, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa alle modalità, le tempistiche e alla sede in cui il debitore può chiedere la condanna del creditore al risarcimento danni derivanti da esecuzione illegittima intrapresa da quest’ultimo.

Giovedi 15 Settembre 2022

IL CASO: Una debitrice conveniva innanzi al Tribunale la banca con la quale aveva stipulato un mutuo, la cessionaria e la società incaricata all’incasso delle somme azionate, chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che l’attrice riteneva di aver subito a seguito di una procedura immobiliare incardinata e successivamente coltivata per crediti inesistenti o duplicati. Inoltre, l’attrice deduceva anche di aver subito ulteriori danni all’immagine commerciale in quanto la banca mutuataria aveva segnalato alla Centrale Rischi una esposizione debitoria quasi doppia rispetto a quella effettiva.

La domanda attorea veniva rigettata dal Tribunale il quale riteneva insussistente il nesso di causalità fra la condotta delle convenute ed i danni lamentati dall’attrice, mentre la segnalazione alla Centrale Rischi da parte della banca era legittima e comunque inidonea a provocare un danno alla debitrice. Il successivo gravame interposto da quest’ultima avverso la sentenza di primo grado veniva dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello ai sensi dell’articolo 342 c.p.c.. I giudici della Corte territoriale ritenevano che con l’atto d’appello l’originaria attrice si era limitata a reiterare le deduzioni già svolte in primo grado, senza sottoporre ad uno specifico vaglio critico i passaggi motivazionali su cui era fondata la sentenza impugnata.

Pertanto, l’indomita debitrice investiva della questione la Corte di Cassazione.

LA DECISIONE: I giudici di legittimità hanno richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 25478 del 21/09/2021 secondo il quale la domanda di risarcimento del danno da “esecuzione illegittima” va proposta dinanzi al giudice dell’opposizione all’esecuzione. Solo quando è impossibile, per ragioni di fatto o di diritto, introdurre la domanda risarcitoria in tale sede, è riconosciuta al debitore la possibilità di procedere con l’introduzione di un autonomo giudizio.

Nel caso esaminato, hanno evidenziato gli Ermellini, la domanda proposta dall’attrice in primo grado, nella parte in cui ascriveva alle tre società convenute di avere coltivato illegittimamente l’esecuzione, ovvero di essere intervenute in essa senza titolo, era una domanda chiaramente volta a far valere una responsabilità aggravata ex articolo 96, secondo comma, c.p.c.. Pertanto, tale domanda non poteva essere proposta in un autonomo giudizio, ma doveva essere fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione.

Nessuna ragione di impossibilità giuridica o di fatto, ostativa alla proponibilità della domanda di danno nella suddetta sede, hanno concluso, era stata dedotta dalla ricorrente. Di conseguenza, in applicazione del principio stabilito dalle Sezioni Unite nella decisione sopra ricordata, la domanda di risarcimento danni non poteva essere proposta in un autonomo giudizio.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.26438 2022

 

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