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«È vero ho speso i soldi coperti dallo Stato per motivi personali ma l’ho fatto per pagare le cure a mia madre in fin di vita». L’imprenditore polesano di 51 anni finito nel mirino prima della Guardia di finanza e poi della Corte dei Conti, si difende così dall’accusa di aver distratto una parte degli undicimila euro, garantiti dallo Stato alle imprese in crisi di liquidità nel periodo della pandemia, anche per giocare nella sala Bingo di Rovigo. «L’ho spiegato durante le indagini agli agenti delle Fiamme gialle. So di aver sbagliato e pagherò per questo mio errore», taglia corto il titolare di un azienda del settore dell’auto in provincia di Rovigo. E il conto dei giudici contabili gli è stato presentato pochi giorni fa, quando è stata letta la sentenza che lo condanna a pagare 8.700 euro per aver utilizzato una parte del finanziamento pari a 11.550 euro non per la propria impresa ma per esigenze personali. La Corte dei conti, presieduta dal giudice Marta Tonolo con i colleghi Maurizio Massa e Innocenza Zaffina, ha ritenuto, infatti, che il cinquantunenne abbia agito con dolo ovvero con la piena consapevolezza di violare la legge.

L’inchiesta

La vicenda ha inizio il 29 aprile 2021 quando la Bper Banca di Rovigo eroga un contributo di 11.550 euro al polesano sulla base della legge del 2020. Questa normativa prevedeva la garanzia della Cassa depositi prestiti per i finanziamenti erogati dagli istituti di credito, volti ad assicurare la liquidità alle imprese in crisi a causa del Covid. La vicenda subisce, però, un colpo di scena il 24 novembre del 2022 quando la Guardia di finanza di Rovigo invia una segnalazione alla Procura della Corte dei conti. Sulla base dei controlli delle Fiamme gialle, è emerso che l’imprenditore ha utilizzato il finanziamento garantito dallo Stato per spese riconducibili alla sua azienda solo per 2.850 euro con undici pagamenti. E i restanti 8.700 euro? Una parte, pari a 6.970 euro incassati con 52 prelievi, sono stati utilizzati per acquisti personali mentre, secondo gli accertamenti della Guardia di finanza, 1.730 euro sono stati giocati nella sala Bingo di Rovigo. «Nego di aver mai speso questi soldi per scommesse o lotterie – replica a muso duro l’imprenditore -. Mai avrei potuto commettere una simile infamia».

La decisione

Ciononostante le indagini proseguono e il 28 marzo dello scorso anno, la procura della Corte dei conti cita in giudizio l’imprenditore che solo una decina di giorni prima era stato sentito dagli investigatori della Guardia di finanza. In quel colloquio, aveva ammesso le spese personali, giustificandole con le cure da assicurare all’anziana madre. Alla luce della documentazione fornita da Fiamme gialle e Procura, i giudici della Corte dei conti hanno sostenuto che il danno erariale, consistito nell’utilizzo del fondo garantito dallo Stato per scopi diversi rispetto a quelli per i quali era stato erogato, era sussistente. E il finale non poteva che essere la condanna a restituire gli 8.700 euro mai spesi per la sua azienda ai tempi del Covid così com’era previsto dalla legge.

 

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