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Non è impugnabile il parere del pm contrario alla revoca del sequestro preventivo. Non si applica al sequestro preventivo l’art. 263 c.p.p. che onera il pm a pronunciarsi con decreto opponibile al giudice (Cass. pen., sez. III, sentenza 14 aprile 2021 n. 13825 – testo in calce).

Il fatto

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto dal legale rappresentante di una società, titolare di una struttura destinata a stabilimento balneare e attività ricreative, la quale era stata sottoposta a sequestro preventivo in relazione a reati di abusivismo edilizio.

Il ricorrente impugnava l’ordinanza del Tribunale della libertà che aveva rigettato l’appello contro il provvedimento con cui il Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale aveva espresso parere contrario alla restituzione parziale della detta struttura, nonché contro il pedissequo provvedimento del Giundice per le indagini preliminari, che aveva rigettato la richiesta avanzata dal ricorrente ai sensi dell’articolo 85 disp. att. c.p.p., per poter fruire di parte della struttura per la stagione estiva.

Ciò faceva deducendo la violazione di legge e, in particolare, degli articoli 111 Cost., comma 6, 125 c.p.p., comma 3, 263 c.p.p., 85 disp. att. c.p.p., nonchè il difetto di motivazione.

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La sentenza

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Preliminarmente, ha precisato come questo fosse stato proposto in difetto della necessaria procura speciale da parte della difesa, avendo il ricorrente impugnato la gravata ordinanza in qualità di legale rappresentante della società titolare del bene, a sua volta terza interessata alla restituzione.

Sul punto i giudici di legittimità hanno richiamato il costante orientamento secondo cui, ai fini della proposizione del ricorso avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, il terzo interessato alla restituzione dei beni deve conferire una procura speciale al suo difensore, in quanto portatore di un interesse meramente civilistico, alla stessa stregua della parte civile, del responsabile civile e del civilmente obbligato alla pena pecuniaria: anch’egli, infatti, in conformità a quanto previsto per il processo civile dall’articolo 83 c.p.c., non può stare personalmente in giudizio, ma ha un onere di patrocinio, che viene soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore, come espressamente previsto per le parti summenzionate, nel processo penale, dall’art. 100 c.p.p.

Sulla scorta di tale insegnamento, la Corte ha ritenuto insufficiente e non equipollente la procura speciale conferita dal ricorrente ai difensori per lo svolgimento delle investigazioni difensive, nella veste di persona indagata, poiché, nella specie, il ricorso era proposto dallo stesso, quale legale rappresentante della società titolare del bene, terza interessata alla sua restituzione.

Quanto al meccanismo restitutorio in contestazione, la Corte ha osservato che nel giudizio in esame non era stata avanzata una richiesta di dissequestro temporaneo finalizzata alla rimozione delle opere abusive (di competenza del giudice di merito) ma una richiesta di restituzione parziale e temporanea del bene che, nell’interpretazione dell’accusa, si risolveva in sostanza in una richiesta di uso del bene in violazione delle esigenze cautelari a presidio delle quali era stato disposto il sequestro preventivo.

Trattandosi di sequestro preventivo, pertanto, non era applicabile – ad avviso della Corte – il meccanismo restitutorio previsto per il sequestro probatorio dall’articolo 263 c.p.p., (che onera il Pubblico Ministero a pronunciarsi con provvedimento opponibile al giudice) sicchè il Pubblico Ministero non aveva violato i diritti della difesa perchè, non ritenendo di accogliere la richiesta di restituzione, sia pur parziale, del bene, aveva trasmesso gli atti con le proprie valutazioni al giudice, come prescritto dall’art. 321 c.p.p., e quest’ultimo aveva deciso con ordinanza impugnabile ai sensi dell’articolo 322-bis c.p.p..

Ha quindi concluso la Corte che “il parere del pubblico ministero contrario alla revoca del decreto di sequestro preventivo non è autonomamente impugnabile” e che non è comunque applicabile al sequestro preventivo l’art. 85 disp. att. c.p.p. che prevede la possibilità di restituzione di cose sequestrate previa esecuzione di specifiche prescrizioni facendo generico riferimento all’autorità giudiziaria.

La disposizione in questione, inserita nel capo sesto del titolo primo delle disposizioni di attuazione al codice di rito (“disposizioni relative alle prove”) ha lo scopo di consentire il momentaneo accesso alle cose in sequestro per le finalità di volta in volta prospettate ed oggetto di valutazione da parte di chi riceve l’istanza.

In senso favorevole all’applicabilità al sequestro preventivo dell’art. 85 disp. att. si era espressa la Terza Sezione Penale della Corte di cassazione con le sentenze n. 56 dell’11/01/2000, Rv. 216211, n. 40399 del 27/06/2019, Rv. 276936, sul rilievo, che l’articolo de quo fosse richiamato dall’articolo 104 disp. att. c.p.p. “esecuzione del sequestro preventivo”, il quale, nella versione originaria, estendeva al sequestro preventivo le disposizioni relative al sequestro probatorio contenute nel capo VI, ivi compreso l’art. 85 cit.

Senonché, ha osservato la Corte, l’articolo 104 disp. att. c.p.p. è stato sostituito dalla L. 15 luglio 2009, articolo 2, comma 9, lettera a), che ha interamente ed autonomamente disciplinato l’esecuzione del sequestro preventivo senza alcun richiamo alle disposizioni relative al sequestro probatorio; ne consegue, secondo la Corte, che “l’articolo 85 disp. att. c.p.p., in quanto non più richiamato dall’articolo 104, e in considerazione della autonoma e articolata disciplina delle modalità esecutive del sequestro preventivo, non è applicabile al sequestro preventivo”.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 13825/2021 >> SCARICA IL PDF

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