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L’assemblea di condominio approva una transazione conclusa con un’impresa esecutrice dei lavori sulle parti comuni; all’esito dell’accordo transattivo, un condomino dissenziente contesta la quota di spese posta a suo carico (circa 6 mila euro) in seguito all’accordo di cui sopra.

La transazione decisa in assemblea è opponibile al condomino dissenziente?

La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 13 maggio 2022 n. 15302 (testo in calce) risponde affermativamente. Infatti, l’obbligo del singolo condomino di contribuire alle spese condominiali derivanti dalla transazione – conclusa in relazione alla controversia tra il condominio e l’impresa esecutrice dei lavori – trova il proprio fondamento nella disciplina del condominio, essendo le deliberazioni prese dall’assemblea vincolanti per tutti i condomini e dovendo questi ultimi sostenere pro quota le spese necessarie alle parti comuni. In altre parole, l’obbligo di partecipare alle spese condominiali non deriva dall’efficacia soggettiva del contratto (ex art. 1372 c.c.) ma discende dalle norme in materia di condominio (ex artt. 1118 e 1123 c.c.).

La pronuncia è interessante anche sotto un altro profilo, infatti, viene ribadito, seppur incidentalmente, che la braga non è una parte comune, perché serve a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento; al contrario, una proprietà è condominiale quando serve all’uso e al godimento di tutti i partecipanti, come la colonna verticale che raccoglie gli scarichi di tutti gli appartamenti e serve all’uso di tutti i condomini.

La vicenda

Il proprietario di un appartamento sito in uno stabile condominiale impugnava la delibera assembleare con cui veniva approvato il bilancio consuntivo e preventivo; il tribunale respingeva la domanda attorea e compensava le spese. In sede di gravame, il condomino soccombente lamentava l’illegittimità dell’addebito a suo carico di 475,00 euro a titolo di contribuzione per i lavori di rifacimento della condotta fognaria, ma soprattutto si doleva della somma di 6 mila euro relativa alla transazione conclusa tra il Condominio e l’impresa, in quanto egli non vi aveva aderito.

L’appello del condomino veniva rigettato, innanzitutto perché, secondo il giudice di merito, si trattava di spese per parti comuni; inoltre, risultava legittima l’approvazione della transazione avvenuta con delibera assembleare a maggioranza e la deliberazione era vincolante per assenti e dissenzienti; tale delibera, pertanto, giustificava la quota di 6 mila euro inserita nel consuntivo.

Si giunge così in Cassazione.

Obbligo di contribuzione per le parti comuni

Il ricorrente sostiene che l’intervento di manutenzione realizzato dall’impresa abbia riguardato solo il tratto orizzontale della condotta fognaria condominiale che passa sotto l’edificio e non le colonne verticali.

La Suprema Corte ritiene che la circostanza contestata sia irrilevante sotto il profilo dell’idoneità a portare ad un diverso esito della controversia, in merito alla sussistenza dell’obbligo in capo al condomino-ricorrente di partecipare alle spese approvate nel rendiconto. 

I giudici di legittimità ricordano che sono beni comuni, salvo che non risulti diversamente dal titolo, gli impianti idrici e fognari e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza (art. 1117 c. 1 n. 3 c.c.). La condominialità dei beni comporta l’obbligo di contribuzione alle spese di conservazione o rifacimento (art. 1123 c.c.). Pertanto, devono considerarsi spese necessarie per le parti comuni quelle relative:

  • alla colonna verticale,
  • alla conduttura posta nel sottosuolo dell’edificio.

Tale ultima conduttura, infatti, raccoglie i liquami provenienti dagli scarichi dei singoli i appartamenti e serve a tutti i condomini.

Viceversa, non rientrano tra le parti comuni gli «elementi di raccordo che servano unicamente a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento» come la braga (Cass. 12894/1995; Cass. 1027/2018). Per completezza espositiva, si ricorda che la braga è un elemento di raccordo tra:

  • la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento,
  • e la tubatura verticale di pertinenza del Condominio.

La giurisprudenza esclude che la braga sia una parte comune, perché essa serve a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento; per contro, una proprietà è condominiale quando serve all’uso e al godimento di tutti i partecipanti, come la colonna verticale, che raccoglie gli scarichi di tutti gli appartamenti e serve all’uso di tutti i condomini (Cass. 19045/2010; Cass. 5792/2005; Cass. 583/2001; Cass. 10584/2012; Cass. 1027/2018).

Ciò premesso, torniamo alla decisione.

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Premessa: l’assemblea può approvare una transazione

La giurisprudenza è costante nell’affermare che spetta all’assemblea il potere di approvare una transazione relativa alle spese d’interesse comune, oppure la stessa assemblea può delegare l’amministratore a transigere, indicando i limiti dell’attività dispositiva affidatagli (Cass. 821/2014; Cass. 1994/1980). È stato, altresì, chiarito che l’assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d’interesse comune (art. 1135 c.c.) e, quindi, anche sulle transazioni che si riferiscono a tali spese; il consenso unanime dei condomini si rende necessario solo nel caso in cui la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni (Cass. 821/2014). L’art. 1108 c. 3 c.c., infatti, prevede il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.
In merito alla maggioranza necessaria per approvare un accordo transattivo, si ritiene applicabile l’art. 1136 c. 4 c.c. che rinvia alla maggioranza del secondo comma, ossia la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. La norma fa riferimento alle liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore e, se l’assemblea può deliberare su una controversia, è legittimata anche a transigere detta controversia. Tale interpretazione pare confermata dall’art. 71 quater c. 5 disp. att. c.c., dettato in materia di mediazione, a mente del quale la proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’art. 1136 c. 2 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio); in difetto, la proposta si deve intendere non accettata.

Veniamo ora all’interrogativo sottoposto ai giudici di legittimità.

La transazione approvata in assemblea è opponibile al dissenziente?

Il ricorrente lamenta che la transazione conclusa tra il Condominio e l’impresa esecutrice dei lavori non gli sia opponibile. Infatti, secondo le sue difese, si è scissa l’unità condominiale sull’oggetto della lite che lo vedeva contrapposto al Condominio e, pertanto, non poteva essergli opposta una transazione su questioni connesse a quella lite. In altre parole, egli risultava terzo rispetto al Condominio e alla transazione, pertanto, si rendeva necessaria una sua specifica adesione.

La Suprema Corte considera infondata la doglianza.

La transazione tra il Condominio e l’impresa riguardava la pretesa risarcitoria vantata dalla ditta incaricata della manutenzione dello stabile in seguito alla sospensione dei lavori disposta a causa di un contenzioso sempre tra il ricorrente e il Condominio. I giudici di legittimità ritengono che il consesso assembleare possa deliberare a maggioranza anche transazioni aventi ad oggetto la controversia insorta con un terzo creditore (l’impresa) in relazione all’esecuzione di lavori sulle parti comuni dello stabile (Cass. 10846/2020; Cass. 821/2014). Di regola, il Condominio assume obbligazioni nei confronti dei terzi tramite le delibere assembleari che non sono sindacabili nel merito. Le delibere sono vincolanti per tutti, compresi gli assenti e i dissenzienti, che possono opporsi mediante impugnazione ex art. 1137 c.c. solo nel caso in cui la decisione sia contraria alla legge o al regolamento di condominio.

Spese e transazione: l’obbligo di contribuzione non deriva dal contratto

La delibera che approvi un atto di gestione come la transazione con l’impresa creditrice «non dà luogo ad atto di autonomia negoziale configurabile quale proposta o accettazione ai fini del perfezionamento del contratto». Secondo la Cassazione, l’assemblea non conclude contratti ma autorizza l’amministratore a concluderli e approva le spese che ne conseguono. L’obbligo dei condomini al pagamento delle spese che derivano dalla transazione non discende dall’efficacia soggettiva del contratto (ex art. 1372 c.c.) ma trova fondamento:

  • nell’art. 1118 c.c. (secondo cui il condomino non può sottrarsi al pagamento delle spese per la conservazione delle parti comuni)

  • e nell’art. 1123 c.c. (a mente del quale l’obbligo di contribuzione è proporzionale ai millesimi di proprietà o in base all’uso se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa) (Cass. 10371/2021).

In altre parole, l’obbligo di partecipare alle spese condominiali non deriva dall’efficacia soggettiva del contratto (ex art. 1372 c.c.) ma discende dalle norme in materia di condominio (ex artt. 1118 e 1123 c.c.).

Nessuna scissione della compagine condominiale

Gli ermellini ritengono errata la ricostruzione del ricorrente secondo cui la transazione approvata dall’assemblea avrebbe determinato la scissione della compagine condominiale in due gruppi di partecipanti. La scissione in parola avviene nel caso di una lite tra il Condominio e uno o più condomini quando, di fronte al particolare oggetto della lite, due gruppi di partecipanti al Condominio si pongono in contrasto tra loro, e «l’assemblea non può porre pro quota a carico del condomino che è in lite con gli altri le spese di difesa sostenute dallo stesso condominio». Infatti, è nulla la deliberazione dell’assemblea che, all’esito di un giudizio in cui siano contrapposti il Condominio ed un singolo condomino, ponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dal Condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo (Cass. 1629/2018; Cass. 13885/2014; Cass. 801/1970). Nel caso in esame, invece, si ha riguardo alla transazione intervenuta nella lite fra il Condominio e l’impresa (terzo creditore), transazione da cui non derivano interessi personali di un singolo condomino contrapposti all’interesse condominiale.

Conclusioni: le delibere vincolano tutti i condomini

Il ricorso del condomino viene rigettato e la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

  • «l’obbligo del singolo partecipante di contribuire agli oneri condominiali derivanti dalla transazione approvata dall’assemblea con riguardo ad una lite insorta con un terzo creditore (nella specie, l’impresa appaltatrice dei lavori inerenti all’edificio) ha causa immediata non nell’efficacia soggettiva del contratto, ma nella disciplina del condominio, essendo le deliberazioni prese dall’assemblea vincolanti per tutti i condomini e dovendo questi ultimi sostenere pro quota le spese necessarie alle parti comuni»

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