Elisa ha 23 anni e, solo pochi giorni fa, ha bevuto la candeggina. Voleva «farla finita» dice, perché «non vedevo un futuro». Ed era tormentata dall’ansia che, ad oggi, provano migliaia di italiani. Sono le famiglie che hanno creduto nel Superbonus 110%. Gli “esodati” dall’agevolazione fiscale disciplinata dal decreto Rilancio che consisteva in una detrazione delle spese sostenute a partire dal primo luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.
Presentato dal governo Conte in parlamento pochi giorni dopo la fine del lockdown dovuto alla pandemia, doveva stimolare e risollevare il settore edile in crisi post Covid. Fine prevista, dicembre 2021. Ma così non è stato. I lavori partono, i cantieri prendono forma, le ditte acquistano i materiali. E i tempi si allungano. Criticato poco dopo con il governo guidato da Mario Draghi, nel 2024 il costo del provvedimento per lo Stato viene stimato intorno ai 160 miliardi di euro. Troppi. Così, il 26 marzo scorso, il governo Meloni ha approvato un decreto decisamente inatteso, che ha abolito definitivamente tutte le forme di sconto in fattura e cessione del credito associate al Superbonus per l’edilizia. I danni che ne conseguono sono impattanti per le ditte e per i privati.
«Mia sorella a 16 anni dopo un incidente rimane sulla sedia a rotelle. Siamo una famiglia modesta, la casa non era idonea per lei e senza il Superbonus non avremmo potuto permetterci di ristrutturare, nonostante la necessità: i lavori iniziano e si fermano, dopo lo stop del governo. Risultato, mia sorella ora è in una comunità perché l’ambiente da noi non è idoneo, mio padre si è ammalato e fa dentro e fuori dagli ospedali. Io? Lascerò gli studi, abbandonerò i miei sogni. Abbiamo debiti per centomila euro. Oltre noi, c’è un’altra figlia piccola, mia madre non lavora e mio padre presto dovrà smettere di farlo. Avrei voluto crearmi un futuro, mentre il mondo mi cade addosso. Penso continuamente al suicidio e qualche giorno fa ho cercato di metterlo in pratica, mi hanno “presa” per i capelli».
Drammi come quello di Roberto Rizzo che con la famiglia gestisce “Rinnova Casa”, una ditta che si occupa di ritrutturazioni a Torino dal 2008. «Ho sfamato tre famiglie per anni con questa impresa, oggi sono sull’orlo del fallimento. La ditta è intestata a mia figlia che si è sempre fidata di me. Conto almeno un milione di crediti bloccati». Rizzo, ieri, era ad Arona insieme ad una delegazione del Comitato “Esodati dal Superbonus”. Sono 817 in Italia, di cui 167 a Torino. Il gruppo ha manifestato più volte a Milano e Roma, dove furono ricevuti dal senatore Roberto Rosso. «Volevamo incontrare il ministro Giorgetti, ma non è stato possibile. Abbiamo pero’ parlato con il deputato Alberto Gusmeroli che ci ha dato un appuntamento nella capitale per la prossima settimana».
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