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Decreto Salva casa: ruolo e funzioni dei professionisti di fiducia delle parti. Attestazioni, documenti e perizie da allegare alla domanda da presentare al Comune.

Il decreto Salva Casa, entrato in vigore a fine maggio 2024, offre interessanti possibilità di regolarizzazione di molti piccoli abusi compiuti negli immobili, come i tramezzi, le verande, le finestre e i soppalchi. Ma per ottenere questa sanatoria edilizia cosa deve fare il tecnico incaricato dal proprietario per presentare la pratica al Comune?

Le nuove norme attribuiscono un ruolo fondamentale a questi professionisti di fiducia: ingegneri, architetti e geometri hanno importanti responsabilità nella formulazione delle richieste di sanatoria edilizia.

I compiti affidati dalla nuova normativa ai tecnici incaricati sono insostituibili: il fai da te in questa complessa materia non è ammesso, anche perché ci sono progetti da presentare e attestazioni da rilasciare, che sono di loro esclusiva competenza.

Anzi, il decreto Salva Casa attribuisce ai professionisti tecnici una responsabilità diretta, in prima persona, nelle procedure per il rilascio della sanatoria. Se nelle attestazioni a loro firma dichiarano il falso, commettono reato e incorrono in sanzioni penali.

La doppia conformità

Per la sanatoria introdotta dal decreto Salva Casa non è più necessaria la doppia conformità delle opere alla normativa vigente all’epoca di realizzazione e a quella attuale: questo severo requisito aveva impedito, in passato, molte regolarizzazioni.

Ora basta dimostrare la conformità dell’intervento alle

norme urbanistiche valevoli al momento di presentazione della domanda e alle regole edilizie pregresse, cioè quelle vigenti al tempo di compimento dell’intervento, che solitamente erano più favorevoli e permissive rispetto a quelle attuali.

È proprio il venir meno della doppia conformità che consente, oggi, di sanare molte opere che altrimenti sarebbero rimaste considerate come abusive. Ma il requisito della conformità deve essere dichiarato dal professionista abilitato, con un’attestazione da egli sottoscritta che va allegata alla domanda del permesso di costruire in sanatoria o, per le opere minori di Scia (segnalazione certificata di inizio attività) in sanatoria presentata a nome del richiedente.

Le attestazioni

È il professionista incaricato dal richiedente sanatoria a dover attestare, descrivere e spiegare, caso per caso, la sussistenza del requisito di questa nuova conformità, diventata singola e non più doppia, alla stregua delle suddette norme urbanistiche e edilizie applicabili nel territorio comunale di riferimento.

Nella domanda di sanatoria presentata al SUE (sportello unico edilizia) del Comune, il professionista deve, innanzitutto attestare – sotto la sua responsabilità – l’epoca di realizzazione dell’intervento: ad esempio, ante 1967, quando al di fuori dei centri urbani non occorreva ancora la licenza edilizia (poi diventata permesso di costruire).

Il decreto Salva Casa, infatti, prevede che «la richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità».

L’epoca dell’abuso

La prova dell’epoca di realizzazione dell’intervento abusivo da sanare è desunta dalla documentazione presentata dal professionista e allegata alla richiesta di sanatoria: ad esempio, mappe catastali, riprese fotografiche ed areofotogrammetrie, estratti cartografici.

Se, ad esempio, dalle foto più antiche ed aventi data certa risulta che sino a un determinato anno l’immobile aveva determinate caratteristiche e successivamente, da foto più recenti, risulta che è stato ampliato, sarà possibile individuare quantomeno con approssimazione il periodo di realizzazione delle opere di cui ora si chiede la sanatoria.

Quando nonostante ciò risulta impossibile accertare l’epoca di compimento delle opere da sanare, lo stesso tecnico incaricato ne attesta la data di realizzazione, sotto la sua responsabilità; le dichiarazioni false costituiscono reato.

I lavori in zone sismiche

Se l’immobile rientra in zona sismica e i lavori compiuti rientrano nelle nuove tolleranze costruttive ed esecutive (che adesso possono arrivare fino al 5% per le unità immobiliari fino a 100 metri quadri, e scendono gradualmente fino al 2% per quelle oltre i 500 mq.) è necessaria anche una apposita attestazione antisismica, sempre a firma del professionista incaricato, con cui egli certifica che gli interventi compiuti rispettano le previsioni normative in materia.

Questo documento – che deve essere corredato dagli elaborati tecnici previsti e dai calcoli strutturali necessari – verrà trasmesso anche alle autorità regionali di controllo; il professionista incaricato potrebbe essere chiamato ad interloquire, fornendo chiarimenti e producendo eventuale documentazione integrativa.

Immobili con vincolo paesaggistico

Se gli interventi oggetto di sanatoria sono stati compiuti su immobili con vincolo paesaggistico, il decreto Salva Casa prevede che l’ufficio tecnico comunale debba richiedere all’autorità amministrativa competente e preposta alla gestione del vincolo un parere vincolante per accertare la compatibilità paesaggistica dell’intervento.

In questi casi i tempi della sanatoria si allungano, perché il provvedimento va emesso entro il termine perentorio di 180 giorni (notevolmente più lungo di quello generale di 30 o di 45 giorni, e soggetto alla regola del silenzio assenso in caso di mancato rilascio).

Anche qui il professionista tecnico può essere chiamato ad interloquire con il Comune e con le altre autorità preposte, per descrivere lo stato e la consistenza delle opere da sanare e quindi la loro compatibilità con le norme paesaggistiche vigenti nel territorio.

I costi della sanatoria: la perizia di stima

Per ottenere la sanatoria occorre pagare al Comune una sanzione amministrativa pecuniaria

pari al doppio dell’aumento del valore venale conseguito dall’immobile per effetto della realizzazione degli interventi edilizi. L’importo è compreso tra un minimo di 1.032 euro e un massimo di 30.984 euro.

In concreto, la determinazione dell’importo della sanzione dipende dalla tipologia delle opere realizzate e da sanare, e dalle caratteristiche dell’immobile stesso che ha incrementato il suo valore; anche in questo caso la quantificazione della cifra è compiuta dal tecnico incaricato, che dovrà allegare alla domanda di sanatoria una apposita perizia di stima.

Oltre a ciò il richiedente dovrà, ovviamente, pagare il compenso al professionista per l’attività svolta; è consigliabile concordare in anticipo l’ammontare della parcella e chiedere un preventivo.

I diritti dei terzi

Un problema di non poco conto della sanatoria di opere edilizie abusive sta ne fatto che potrebbero essere compromessi i diritti dei terzi (si pensi a una costruzione che lede le distanze minime dalle proprietà vicine o a una tettoia che ostacola la veduta a chi abita sopra).

In tali casi, il decreto Salva Casa prevede che, nell’elaborazione della pratica da presentare al Comune, «il tecnico abilitato verifica la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e provvede alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli».

Occorrerà quindi, nei casi controversi, un’apposita indagine per reperire e produrre i documenti che prevedono vincoli e limitazioni alle facoltà di costruire, oppure proporre soluzioni tecniche idonee a impedire compromissioni: ad esempio, l’arretramento della costruzione abusiva per rispettare le distanze minime dalle proprietà vicine.

Il rilascio della sanatoria da parte del Comune, infatti, pur essendo un provvedimento valido a livello amministrativo, non può comportare lesioni dei diritti dei terzi, i quali potrebbero quindi sempre agire in sede civile per tutelarli senza subire pregiudizio dalla sanatoria. Questa previsione generale è ripetuta anche nel decreto Salva Casa, che opportunamente specifica: «l’applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi».

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