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Bologna, 17 novembre 2023 – Quasi tre milioni e mezzo di euro sottratti alla loro società cooperativa, poi andata in bancarotta, e che si sarebbero divisi tra loro in vari modi, tra cui anche strapagandosi per incarichi professionali che si sarebbero distribuiti fra soci e che, stando alle accuse, in parte non sarebbero stati neppure svolti.

Sei membri di una ex società cooperativa sono perciò finiti a processo, accusati di bancarotta fraudolenta in concorso: si tratta della presidente del consiglio d’amministrazione (nel frattempo deceduta) e cinque soci, di cui due membri del Cda e tre co-amministratori di fatto.

Ieri in tribunale, davanti alla giudice dell’udienza preliminare Maria Cristina Sarli, uno dei soci, difeso dagli avvocati Antonio Gambetti e Francesca D’Onofrio, è stato prosciolto dalle accuse, in quanto, come ribadito dai suoi legali in aula, si era dimesso dalla carica di consigliere ben prima del dissesto della società ed era quindi estraneo agli spostamenti di denaro contestati; tre hanno invece patteggiato, di cui due a un anno e dieci mesi, con sospensione condizionale della pena, e uno, difeso dagli avvocati Guido Magnisi e Milena Micele, a un anno e quattro mesi senza pene accessorie. Unico rinviato a giudizio un socio oggi ottantacinquenne, difeso dal professor Nicola Mazzacuva, che per l’accusa avrebbe in un caso sottratto più di seicentomila euro dalle casse sociali in favore di un’azienda intestata ai suoi figli, ma che si ritiene fosse da lui di fatto amministrata.

La vicenda nasce nel 2019, dopo che la società dichiara il fallimento. Successivi accertamenti rivelano però la distrazione dalle casse sociali da parte di sei soci – questa è l’accusa formulata dal pm Tommaso Pierini, cui è subentrato Antonello Gustapane – di oltre un milione e duecento mila euro a seguito di diverse operazioni svolte in “palese conflitto d’interessi”, ma con “conforme volere assembleare”, per acquisire la rinuncia alla quota del 50% del diritto d’acquisto di alcune aree urbane in via Orfeo su cui sorgeva un complesso immobiliare (poi comprato proprio dalla società cooperativa), a favore di aziende riconducibili in qualche modo a tre dei soci coinvolti. Altri due milioni invece sarebbero stati appunto sottratti tramite “corrispettivi di ingentissimo valore in favore dei soci” odierni imputati “per incarichi professionali loro affidati in difetto di ricerche di professionisti alternativi più qualificati eo meno onerosi”, incarichi di cui non risulta “adeguata rendicontazione, né sulle attività effettivamente svolte né sugli effettivi autori delle prestazioni asseritamente fornite”, attaccava ancora il pm. Una vicenda ora in gran parte parte conclusasi davanti al gup.

 

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