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L’art. 473bis.37 cpc: il nuovo pagamento diretto dell’ assegno di mantenimento

 

Abstract

L’articolo parla del nuovo art. 473 bis.37 cpc, l’ordine di pagamento diretto dell’assegno di mantenimento da parte del terzo. Si approfondisce la cornice giuridica del nuovo istituto, e se ne esamina quindi la portata innovativa a confronto con i precedenti istituti abrogati dalla Riforma Cartabia.

 

Inquadramento giuridico e applicazione temporale

Il D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. “Riforma Cartabia”) ha introdotto all’interno del titolo IV-bis «Norme per il procedimento in materie di persone, minorenni e famiglie», Capo II «Del procedimento», Sezione III «Dell’attuazione dei provvedimenti», l’Articolo 473 bis 37 rubricato “Pagamento diretto del terzo”.

La norma è stata concepita come volutamente aperta e non contiene l’elencazione analitica dei provvedimenti suscettibili di essere messi in esecuzione suo tramite. I primi commentatori della riforma hanno ritenuto che ciò sia stato frutto di una scelta ben precisa del legislatore che ha voluto evitare in questo primo momento di applicazione della normativa, in cui non è stato ancora istituito il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, esclusioni immotivate di determinati soggetti.

L’articolo disciplina una tutela preventiva, riferita cioè alle sole mensilità future da corrispondersi da parte dell’obbligato al pagamento di un «contributo», che si può quindi immaginare dovuto al coniuge, ai figli, ma anche a tutti i soggetti titolari di assegno alimentare ex art. 433 c.c. e segg., ex-conviventi titolari di assegno alimentare ai sensi dell’art. 1, 65°co., L. 20.5.2016, n. 76.

Si applica nelle ipotesi di mancato pagamento integrale dell’assegno, ma anche in caso di mancato adeguamento ISTAT dell’assegno, entrambe ipotesi di inadempimento avente carattere certo; non si può applicare per il caso del mancato rimborso della quota parte di spese straordinarie sostenute da un genitore in favore dei figli (incerte per definizione). 

Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l’art. 35, comma 1) che “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti“.

La lettura di questa norma ha dato luogo a due diverse interpretazioni contrapposte tra loro.

La prima, più cauta, secondo la quale il nuovo art. 473bis.37 si sarebbe applicato solo per la messa in esecuzione di provvedimenti emessi da procedimenti incardinati successivamente al 28.02.23, mentre per tutti i provvedimenti emessi da procedimenti ante-Cartabia sarebbe stato necessario applicare la vecchia normativa (gli artt. 156.6 cc, 8.3 l. 898/70, 3.2 l. 219/12)

La seconda, più innovativa, secondo la quale il nuovo art. 473bis.37 si sarebbe applicato a decorrere dal 28.02.2023 a prescindere dal momento in cui fosse stato emesso il provvedimento da eseguire e quindi del procedimento utilizzato per la sua assunzione.

Si ritiene che la seconda interpretazione renda maggior giustizia ai principi ispiratori della riforma (omogeneità della tutela e deflazione del contenzioso, vedasi la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149).

Disposizioni soppresse dalla riforma Cartabia

Si sottolinea inoltre come il rimedio ex art. 473bis.37 non differisca eccessivamente dal rimedio che era già previsto per l’ipotesi di divorzio e figli nati da coppie non coniugate

La nuova norma prende il posto degli art. 156, 6°comma, c.c. (che prevedeva un rimedio simile, ancorché di tipo giudiziale, per l’esecuzione di provvedimenti di separazione), dell’art. 8, 3°comma, l. n. 898/1970 (che prevedeva un rimedio stragiudiziale pressoché identico per l’esecuzione di provvedimenti di divorzio), e dell’art. 3, 2°comma l. n. 219/2012 (idem per i figli nati da convivenza more uxorio) tutte disposizioni oggi abrogate dalla Riforma Cartabia.

Le norme precedenti erano collocate in sedi diverse e, come accennato, avevano modalità di tutela del credito non uniforme.

Obiettivo dichiarato della Riforma è stato il superamento delle differenze esistenti nel nostro ordinamento giuridico nella disciplina di tutela previlegiata del credito di natura familiare scegliendo uno strumento di tutela stragiudiziale (con finalità di deflazione del contenzioso).

Presupposti per l’applicazione dell’art. 473bis.37 cpc

Sono soggetti legittimati ad invocare la tutela dell’art. 473bis.37 cpc tutte le parti creditrici di assegno periodico non pagato da almeno 30 giorni, quindi genitore/ex coniuge o figlio maggiorenne titolare di diritto al mantenimento, ma anche creditore ex art- 433 c.c. e segg., ex-convivente titolare assegno alimentare.

I destinatari della richiesta di pagamento, che devono essere stati individuati dal creditore con mezzi idonei, sono tutti i terzi tenuti (per varie ragioni) al pagamento di somme periodiche alla parte debitrice (ad esempio datore di lavoro, conduttore, ente pensionistico, ecc.)

Il diritto di credito deve essere certo e derivare da un «provvedimento», anche non definitivo. Si può pensare quindi ad un qualunque tipo di provvedimento reso nell’ambito di uno dei procedimenti in materie di persone, minorenni e famiglie.

La norma fa anche espresso riferimento all’esecuzione degli accordi assunti in sede di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio. In precedenza alla riforma si era ritenuto comunque la tutela prevista dalle disposizioni sopra richiamate in tema di separazione e divorzio comunque utilizzabile anche in ipotesi di negoziazione assistita data l’equiparazione dell’accordo di negoziazione assistita seguito da nulla osta/autorizzazione del PM al provvedimento conclusivo della separazione o divorzio prevista dall’art. 6.3 d.l. 132/14.

Procedimento

La norma richiede che il creditore come primo atto invii un’intimazione al debitore. Nel silenzio della legge, si ritiene che ci sia libertà delle forme per l’intimazione, basterà una pec/raccomandata al soggetto obbligato. Fondamentale per la correttezza del procedimento per il creditore poter dimostrare di aver tentato di raggiungere il debitore con un’intimazione: nell’ipotesi in cui la raccomandata venga restituita al mittente con la dicitura “sconosciuto”, sarà necessario notificare atto di precetto ex art. 143 cpc.

In seguito all’intimazione rimasta priva di risultato, si potrà quindi procedere con la «notifica» del titolo da cui deriva il diritto di credito al terzo, accompagnato da una richiesta di pagamento diretto dell’assegno. Si dovranno quindi utilizzare le ordinarie modalità di notifica del titolo (artt. 137 e segg. cpc) che andrà autenticato dall’avvocato difensore e accompagnato da un atto – per cui la norma non prevede una forma specifica – nel quale si chiede di provvedere al pagamento dell’assegno indicando il codice IBAN del beneficiario e riportando i termini di pagamento indicati dalla norma (entro il mese successivo dalla notifica).

La norma chiede anche la trasmissione di una comunicazione al debitore – sempre a forma libera quindi tramite raccomandata o posta elettronica certificata – informandolo di aver richiesto il pagamento diretto dell’assegno di mantenimento al terzo, alla luce dell’inadempienza dimostrata. Questo per soddisfare l’esigenza di trasparenza nei rapporti fra le parti.

In seguito alla ricezione della notifica, il terzo è tenuto a corrispondere al beneficiario, con cadenza mensile e fintanto che rimarrà obbligato verso il debitore principale, l’importo dell’assegno o quello minore se l’importo da lui dovuto al debitore non è sufficiente a coprire quello dell’assegno, a partire dal mese successivo alla notifica. Qualora intenda rifiutarsi per qualunque motivo (ad esempio licenziamento del debitore principale, errore nell’individuazione del terzo obbligato) sarà suo onere darne comunicazione al creditore e dimostrare che non è tenuto a pagare alcunché.

Nell’ipotesi di concorso della richiesta di pagamento diretto con un precedente pignoramento già subito dal terzo, la normativa specifica che spetta al Giudice dell’esecuzione assegnare e ripartire le somme fra avente diritto al contributo e altri creditori, tenendo conto della «natura e finalità dell’assegno».

Si ritiene quindi che all’assegno di mantenimento sia riconosciuto un implicito privilegio rispetto ai crediti di natura diversa (vedasi anche l’art. 2751 n. 4 c.c. privilegio generale per i crediti alimentari scaduti relativi alle ultime 3 mensilità a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge).

Non è stato riproposto nella nuova formulazione dell’istituto quanto era previsto in precedenza dall’art. 8.6 l. 898/1970 in tema di limite massimo di somma prelevabilenon possono versare a quest’ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori»). Si ritiene quindi che il terzo sia tenuto a versare al creditore l’intero importo dell’assegno periodico, fino a concorrenza con quanto egli debba effettivamente versare al debitore.

Qualora si sia attivato il pagamento diretto da parte del terzo, è possibile anche richiedere l’adeguamento ISTAT una volta scaduta l’annualità, ovviamente con onere di richiesta da parte del creditore.

Mancata esecuzione anche da parte del terzo debitore

Nell’ipotesi in cui invece il terzo non adempia all’ordine ricevuto senza aver dato al creditore alcuna prova del suo diritto a sottrarsi alla misura, questi avrà azione esecutiva diretta nei suoi confronti che si aziona notificando un atto di precetto dell’importo pari alle mensilità scadute dal mese successivo alla notifica della richiesta ex art. 473bis.37 cpc.

Nel caso in cui dopo la notifica dell’atto di precetto il terzo abbia contestazioni -seppur tardive- circa la sussistenza del proprio obbligo, o debba far valere vizi formali o sostanziali, dovrà ricorrere al giudizio di accertamento negativo, procedimento ordinario, incidentale rispetto a quello dell’opposizione all’esecuzione che dovrà instaurare.

Conclusioni

In conclusione si plaude alla riforma che ha fornito i creditori di uno strumento stragiudiziale che in tempi rapidissimi (un mese massimo) consente di ottenere la risoluzione del problema per i mesi a venire. Resta ovviamente il debito accumulato per i mesi già scaduti che potrà essere recuperato con gli ordinari tempi e modi delle azioni esecutive.

Fondamentale per gli interpreti applicare la misura con giudizio, onde evitare inutili vessazioni nei confronti di obbligati ritardatari ma comunque complessivamente adempienti. Si auspica che la normativa venga conosciuta al prima possibile fra tutti gli operatori del diritto, in modo che chiunque riceva una notifica ex art. 473bis.37 cpc sappia subito interpretare la richiesta che gli viene rivolta e rispondere in maniera coerente.

 

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