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L’obbligo delle distanze tra costruzioni deve essere osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, “anche se sia intervenuta la relativa sanatoria amministrativa, i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi”.

Abbiamo visto, di recente, qual’è il metodo corretto per misurare le distanze tra costruzioni, ovverosia quello lineare.

Nella sentenza 7744/2024 del 22 marzo, la Cassazione aggiunge altri particolari, nello specifico per quanto concerne la duplice visione delle distanze tra costruzioni (civilistica e pubblica).

Nella pronuncia quindi si evidenzia in particolare che:

  • le deroghe pattizie tra privati in tema di distanze, data la natura degli interessi tutelati, non rilevano nei rapporti tra privato e PA;
  • il rilascio del condono non inibisce le azioni di tutela di carattere civilistico.

 

Distanze tra edifici: i 10 metri si applicano anche agli edifici abusivi che hanno ricevuto il condono

Il caso è riferito al non rispetto delle distanze da parte di un edificio: si evidenzia come non conti il fatto che la sua realizzazione sia avvenuta con l’ok del residente interessato, visto che la materia delle distanze tra costruzioni è rilevante anche da un punto di vista ‘pubblico’ per esigenze sanitarie.

Va assolutamente sottolineato quanto affermato dagli ermellini nel caso specifico, riferito ad un abuso edilizio poi sanato, e cioè che:

  • l’obbligo delle distanze legali deve essere osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, “anche se sia intervenuta la relativa sanatoria amministrativa, i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi“;
  • il proprietario del fondo contiguo, leso dalla violazione delle norme urbanistiche, ha comunque il diritto di chiedere ed ottenere l’abbattimento o la riduzione a distanza legale della costruzione illegittima nonostante sia intervenuto il condono edilizio“;
  • le norme contenute nei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze tra costruzioni servono non solo a evitare la formazione di intercapedini nocive fra edifici frontistanti ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all’ambiente, finalità quest’ultima che viene realizzata dalle norme regolamentari stabilendo una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dall’art. 873 cod. civ., in cui ciò che rileva è la distanza in sé delle costruzioni a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei fondi su cui insistono“;
  • di conseguenza, una convenzione tra privati che che deroghi alle distanze previste nel regolamento edilizio non può essere valida, visto che si tratta di norme inderogabili in quanto non si limitano a regolare i rapporti intersoggettivi di vicinato, ma mirano a tutelare anche interessi generali.

 

Come si misurano le distanze tra costruzioni

La distanza tra costruzioni deve essere verificata in modo lineare, tracciando linee perpendicolari tra gli edifici. Questa conclusione non contraddice il principio giurisprudenziale secondo cui la distanza di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti deve computarsi con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano.

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Rispetto delle distanze e arretramento (o eliminazione) della costruzione

Nella pronuncia, la Cassazione precisa anche come l’art.9 comma 1 del DM 1444/1968 “rappresenta una disciplina integrativa dell’art. 873 c.c. immediatamente idonea ad incidere sui rapporti interprivatistici, sicché, sia in caso di adozione di strumenti urbanistici contrastanti con l’art. 9 citato, sia in presenza di disposizioni di divieto assoluto di costruire, sussiste l’obbligo per il giudice di merito di dare attuazione alla disposizione integrativa dell’art. 873, mediante condanna all’arretramento di quanto successivamente edificato oltre i limiti, ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, o all’integrale eliminazione della nuova edificazione, qualora invece non sussista alcun preesistente volume“.

 

Distanze tra costruzioni: 10 metri tassativi anche con una sola parete finestrata

Infine, si sottolinea come “l’obbligo del rispetto della distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, deve essere applicato anche nel caso in cui una sola delle pareti che si fronteggiano sia finestrata, atteso che la norma in esame è finalizzata, non alla tutela della riservatezza ma alla salvaguardia dell’interesse pubblico-sanitario a mantenere una determinata intercapedine tra gli edifici antistanti, quando uno dei due abbia una parete finestrata“.


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