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Diritto penale e processo, Direttore scientifico: Spangher Giorgio, Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di giurisprudenza, legislazione e dottrina – La Rivista segue l’evoluzione del diritto penale sostanziale e processuale.
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1. Cos’è il decreto penale di condanna?

Il procedimento per decreto è uno dei procedimenti speciali previsti dal Libro VI del codice di procedura penale, disciplinato al Titolo V dall’art. 459 all’art. 464. Tale procedimento, alternativo rispetto al rito ordinario, prevede l’emissione di un decreto penale di condanna da parte dell’organo giudicante in assenza delle parti e, di fatto, senza processo.

L’art. 459 c.p.p. enuclea i “casi di procedimento per decreto”, disciplinando al comma 1 che nei procedimenti per reati perseguibili d’ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata, il Pubblico Ministero, laddove ritenga di applicare una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, possa presentare al Giudice per le Indagini Preliminari, entro un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto al registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena. Invero, il predetto comma è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale, n. 23 del 27 febbraio 2015nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l’emissione di decreto penale di condanna”.

L’art. 459, al comma 1-bis dispone che, laddove venga inflitta una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice, per determinarne l’ammontare, individui il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplichi per i giorni di pena detentiva in un range che vada da 5 a 250 euro, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare e applicandosi il disposto di cui all’art. 133-ter del codice penale.

Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia) è intervenuto a modificare il comma 1-bis, prevedendo che, entro gli stessi limiti, la pena detentiva possa essere sostituita altresì con il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56-bis della Legge n. 24 novembre 1981, n. 689 se l’indagato, prima dell’esercizio dell’azione penale, ne faccia richiesta al Pubblico Ministero presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la relativa dichiarazione di disponibilità da parte dell’ente. Ai sensi del successivo comma 1-ter è disposto che, quando sia stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e nel termine di 15 giorni dalla notificazione del decreto, possa chiedere la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, senza formulare l’atto di opposizione. In questo caso, con l’istanza di sostituzione della pena nei lavori di pubblica utilità, l’imputato potrà chiedere un termine di 60 giorni per il deposito della dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione ex art. 56-bis, comma 1, e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso il termine predetto, il Giudice che ha emesso il decreto potrà convertire la pena con il lavoro di pubblica utilità, ma in difetto dei presupposti respingerà l’istanza ed emetterà decreto di giudizio immediato.

Nel prosieguo della norma, è disposto che il Pubblico Ministero possa chiedere l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale; che il Giudice, se non accoglie la richiesta e se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129, restituisca gli atti al Pubblico Ministero; che del decreto penale di condanna sia data comunicazione al querelante; e, in ultimo, che il procedimento per decreto non sia ammesso quando risulti la necessità di applicare una misura di sicurezza personale.

2. Requisiti del decreto penale di condanna

L’art. 460 c.p.p. contiene l’enunciazione dei requisiti necessari del decreto penale di condanna, indicati dalle lettere da a) a h-ter) del comma 1 e consistenti nell’indicazione delle generalità dell’imputato e di quant’altro valga a identificarlo nonché, quando occorra, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; la formulazione del capo di imputazione con la descrizione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate; la breve esposizione dei motivi di fatto e di diritto sui quali sia fondata la decisione, comprese le ragioni dell’eventuale riduzione della pena al di sotto del minimo edittale; il dispositivo, con l’indicazione specifica della riduzione di un quinto della pena pecuniaria di cui alla lettera h-ter); l’avviso che, nel termine di 15 giorni dalla notificazione del decreto, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possano proporre opposizione al decreto penale e che l’imputato possa contestualmente chiedere il giudizio immediato o il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.; l’avvertimento all’imputato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria che, in mancanza di opposizione, il decreto penale diverrà esecutivo; l’avviso della facoltà di nominare un difensore; la data e la sottoscrizione del Giudice e dell’assistente ausiliario. Con l’art. 28 D. Lgs. n. 150/2022 sono state introdotte le lettere h-bis) e h-ter) che, rispettivamente, prevedono l’avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e l’avviso che il pagamento della pena pecuniaria possa essere effettuato in misura ridotta nel termine di 15 giorni dalla notificazione del decreto e con rinuncia all’opposizione.

Nei commi successivi la norma dispone che il Giudice applichi la pena nella misura richiesta dal Pubblico Ministero, indicando l’entità dell’eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale e ordini la confisca nei casi di cui all’art. 240, comma 2 c.p. o la restituzione delle cose sequestrare e, sussistendone i requisiti, conceda la sospensione condizionale della pena.

Copia del decreto è comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’imputato ed al suo difensore e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Laddove, però, non sia possibile notificare il decreto penale all’imputato per sua irreperibilità, il Giudice dovrà procedere alla revoca del provvedimento e restituire gli atti al Pubblico Ministero.

Orbene, va da sé come il procedimento per decreto preveda una serie di benefici per l’imputato che, altresì, non sarà condannato al pagamento delle spese del procedimento né alle pene accessorie. Inoltre, il reato è estinto se il condannato ha pagato la pena pecuniaria e, nel termine di 5 anni, quando il decreto concerne un delitto, o di 2 anni, nel caso di contravvenzione, non commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole. In tale caso, si estingue ogni effetto penale e la condanna non costituirà un ostacolo alla concessione di un’eventuale successiva sospensione condizionale della pena.

Riforma Cartabia: la nuova giustizia penale, Castronuovo Donato, Donini Massimo, Mancuso Enrico Maria, Varraso Gianluca, CEDAM, 2023.
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3. Opposizione al decreto penale di condanna

Ai sensi dell’art. 461 c.p.p., l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, e nel termine perentorio di 15 giorni, possono proporre opposizione tramite deposito telematico nella cancelleria del Giudice per le Indagini Preliminari che ha emesso il provvedimento ovvero nella cancelleria del Tribunale o del Giudice di pace del luogo in cui si trova l’opponente.

A pena di inammissibilità, l’opposizione dovrà indicare gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il Giudice che lo ha emesso.

Con l’atto di opposizione l’imputato esercita il diritto di rifiutare la condanna inflittagli in assenza di contraddittorio e può chiedere di procedersi nelle forme di altri procedimenti speciali, quali il giudizio immediato, o il rito abbreviato, o con l’applicazione della pena a norma dell’art. 444.

Potrà, altresì, presentare contestualmente all’opposizione domanda di oblazione.

Se non è proposta opposizione o se questa è dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l’esecuzione. Contro l’ordinanza di inammissibilità è possibile proporre ricorso per Cassazione. Se l’opposizione, invece, è accolta, il giudice celebrerà il procedimento richiesto dall’opponente.

4. Mancato pagamento della pena pecuniaria irrogata con decreto penale di condanna

Sin qui è stato esposto il procedimento per decreto penale di condanna con descrizione delle sue caratteristiche peculiari nonché dei requisiti prescritti e delle modalità per la sua eventuale “impugnazione” attraverso l’atto di opposizione.

Orbene, supponiamo che un soggetto sia stato destinatario di un decreto penale di condanna e che abbia deciso di non presentare opposizione né provvedere al pagamento della pena ivi irrogata in misura ridotta nel termine di 15 giorni dalla notificazione del decreto e con rinuncia all’opposizione (c.d. “pagamento spontaneo” per mezzo del modello F23).

Dopo alcuni mesi dalla data di esecutività del decreto penale, il condannato riceverà una cartella esattoriale. A questo punto, se l’interessato provvede al pagamento entro 60 giorni dall’arrivo della cartella, il totale da pagare sarà dato dalla pena pecuniaria e dai diritti di notifica; se paga oltre i 60 giorni, l’importo aumenterà per le spese di esecuzione e gli interessi di mora.

5. Ma cosa accade in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria inflitta con decreto penale di condanna?

L’art. 660 c.p.p., rubricato “esecuzione delle pene pecuniarie”, ai commi 1 e 2 prevede che quando debba essere eseguita una condanna a pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, il pubblico ministero emetta un ordine di esecuzione con il quale ingiunge al condannato il pagamento.

Tale ordine è notificato al condannato e al suo difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, e contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quanto altro valga a identificarla, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento, l’indicazione dell’ammontare della pena, nonché le modalità del pagamento. Nei casi di cui all’articolo 534, l’ordine di esecuzione è notificato altresì al civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

Orbene, l’articolo citato era stato abrogato dall’art. 299 D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall’art. 299 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Successivamente, però, la Corte Cost., con sent. 4-18 giugno 2003, n. 212 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 299 D. Lgs. 30 maggio 2002, n. 113, nella parte in cui disponeva l’abrogazione del presente articolo.

La disposizione è stata, poi, modificata dal D. Lgs. n. 150/2022 e, nell’attuale previsione, al comma 3 fissa il contenuto dell’intimazione di pagamento, che deve avvenire entro il termine di novanta giorni dalla notifica.

Trattasi di termine “per consentire al condannato di recuperare la disponibilità della somma di denaro necessaria per il pagamento della pena”. L’intimazione di pagamento è accompagnata dall’avviso che, in mancanza di pagamento, la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva ai sensi dell’art. 102 L. n. 689/1981, o, in caso di accertata insolvibilità del condannato, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva ex art. 103 L. n. 689/1981.

Invero, dispone l’art. 102 citato (“Conversione delle pene pecuniarie principali per mancato pagamento”) che il mancato pagamento della multa o dell’ammenda entro il termine di cui all’art. 660 c.p.p. indicato nell’ordine di esecuzione ne comporti la conversione nella semilibertà sostitutiva mentre l’art. 103 (“Mancato pagamento della pena pecuniaria per insolvibilità del condannato”) prevede che quando le condizioni economiche e patrimoniali del condannato al momento dell’esecuzione rendano impossibile il pagamento della multa o dell’ammenda entro il termine di cui all’ordine di esecuzione, la pena pecuniaria sia convertita nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo ovvero, se il condannato si oppone, nella detenzione domiciliare sostitutiva.

Il ragguaglio si esegue in ogni caso a norma dell’articolo 135 del c.p..

L’ordine di esecuzione contiene inoltre l’avviso al condannato che, quando non è già stato disposto nella sentenza o nel decreto di condanna, entro venti giorni, può depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 133 ter c.p., che si fondi sulle documentate precarie condizioni economiche del condannato, anche in relazione alla entità della pena inflitta.

Se è presentata istanza di pagamento rateale, il Pubblico Ministero trasmetterà gli atti al magistrato di sorveglianza competente, che procede ai sensi dell’articolo 667, comma 4, senza udienza partecipata.

Nel caso in cui, invece, la pena pecuniaria sia stata rateizzata dal giudice dell’esecuzione, al comma 4 si prevede che “con l’ordine di esecuzione il pubblico ministero ingiunge al condannato di pagare la prima rata entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, avvertendolo che in caso di mancato tempestivo pagamento della prima rata è prevista l’automatica decadenza dal beneficio e il pagamento della restante parte della pena in un’unica soluzione, da effettuarsi, a pena di conversione ai sensi del terzo comma precedente, entro i sessanta giorni successivi”.

Si noti che il mancato pagamento della prima rata non determinerà l’immediata conversione della pena pecuniaria, potendo il condannato – decaduto dal beneficio del pagamento rateale – pagare in un’unica soluzione pena inflittagli entro i successivi sessanta giorni.

L’organo competente all’accertamento dell’avvenuto pagamento ed alla dichiarazione dell’avvenuta esecuzione della pena è il pubblico ministero: “se, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento della multa o dell’ammenda, da parte del condannato, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena. In caso di pagamento rateale, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento delle rate e, dopo l’ultima, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena”. Invece, il comma 7 disciplina l’ipotesi in cui sia accertato il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, prevedendo che il Pubblico Ministero trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione della pena ai sensi degli artt. 102 e 103 della L. n. 689/1981 ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi dell’art. 71 che recita che “alle pene pecuniarie sostitutive delle pene detentive si applicano le disposizioni dell’articolo 586 c.p.p.”.

In ogni caso, se il pagamento della pena pecuniaria è stato disposto in rate mensili, sarà convertita la parte non ancora pagata.

In ultimo, si segnala che il comma 11 disciplina il caso in cui vi sia condanna a pagare ai sensi dell’art. 534 c.p.p. del civilmente obbligato per la pena pecuniaria, se il condannato risultasse insolvibile.

Nell’ipotesi di insolvibilità del condannato, il magistrato di sorveglianza ne darà comunicazione al P.M. che ordinerà al civilmente obbligato di provvedere al pagamento della pena e poi – laddove il pagamento non avvenisse entro il termine assegnato – notizierà il magistrato di sorveglianza ai fini della conversione.

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