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Ai sensi dell’art. 120 bis, comma 2, CCII, introdotto dal D.Lgs. n. 83/2022, per il buon esito della ristrutturazione, il piano può prevedere qualsiasi modificazione dello statuto della società debitrice, ivi inclusi aumenti e riduzioni di capitale anche con limitazione o esclusione del diritto di opzione e altre modificazioni che incidono direttamente sui diritti di partecipazione dei soci, nonché fusioni, scissioni e trasformazioni.

La effettiva portata della norma non è di immediata percezione. Soccorre la Relazione illustrativa allo schema di D.Lgs. n. 83/2022, nella quale si precisa che, per effetto di tale disposizione, anche in assenza di una deliberazione dei soci, il piano di ristrutturazione può modificare la struttura finanziaria della società, e dunque prevedere la cancellazione di azioni e quote, l’emissione di azioni, quote e strumenti finanziari, anche con limitazione o esclusione del diritto d’opzione nonché operazioni straordinarie[45].

Contribuisce a dirimere ogni dubbio circa le concrete intenzioni del legislatore, l’art.120 quinquies, CCII, che – al comma 1 –  stabilisce che il provvedimento di omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza determina la riduzione e l’aumento del capitale e le altre modificazioni statutarie nei termini previsti dal piano, demanda agli amministratori l’adozione di ogni atto necessario a darvi esecuzione e li autorizza a porre in essere, nei successivi trenta giorni o nel diverso termine previsto dal piano, le ulteriori modificazioni statutarie programmate dal piano. In mancanza il tribunale, su richiesta di qualsiasi interessato e sentiti gli amministratori, può nominare un amministratore giudiziario, attribuendogli i poteri necessari a provvedere in luogo di costoro agli adempimenti di cui al presente articolo, e disporre la revoca per giusta causa degli amministratori.

Invero, le operazioni di riorganizzazione[46] sono sempre state possibili[47], tanto nell’ambito della proposta di concordato formulata dalla società quanto nel contesto di eventuali proposte concorrenti depositate dai creditori, in considerazione delle formule assai ampie di cui agli artt. 160, comma 1, lett. a) e 163, comma 5, L. fall. nonché di cui agli artt. 87, comma 1, lett. d), e 90, comma 6, CCII. La fattibilità di tali operazioni di riorganizzazione, però, è sempre stata condizionata dalla necessaria volontà dei soci di darvi attuazione[48], mediante deliberazioni da assumersi secondo le regole del diritto societario[49]; volontà da ritenersi non sempre scontata perché tali operazioni sono idonee a ridurre, se non anche ad azzerare, il valore della partecipazione sociale, la quale, a sua volta, rappresenta l’unico titolo che consente al socio di conservare l’eventuale valore netto positivo che il patrimonio della società, ancorché in crisi, potrebbe pur sempre presentare[50]. Per porre rimedio all’eventuale ostruzionismo dei soci, il legislatore ha previsto i rimedi di cui agli artt. 185, comma 6, L. fall. e 118, commi 5 e 6, CCII, contemplanti la possibilità per il tribunale di nominare un amministratore giudiziario con il potere non solo di convocare la relativa assemblea, ma anche di esercitarvi il diritto di voto di regola spettante ai soci. Tali rimedi hanno, tuttavia, un’operatività limitata: entrambi si applicano nel solo caso di mancata esecuzione di proposte concorrenti presentate dai creditori e non anche nel caso di mancata esecuzione della proposta della società debitrice[51]; nel caso dell’art. 185, comma 6, L. fall., il potere sostitutivo è conferito all’amministratore giudiziario solo per deliberare l’aumento di capitale sociale[52]; nel caso dell’art. 118, comma 6, CCII, il potere sostitutivo è conferito all’amministratore giudiziario per qualsiasi deliberazione di competenza dell’assemblea dei soci ma l’esercizio del diritto di voto spetta solo per le azioni o quote facenti capo al socio o ai soci di maggioranza[53].

Il meccanismo di cui agli artt. 120 bis, comma 2, e 120 quinquies, comma 1, CCII, esautora l’assemblea dei soci dalla competenza a deliberare le operazioni riorganizzative (sul capitale e straordinarie) previste nel piano di concordato depositata dalla società ed anche il singolo socio dal manifestare il consenso allorquando necessario per legge o per statuto[54]. L’apertura della procedura concorsuale non è più un evento neutro rispetto all’organizzazione dei poteri e alla distribuzione delle competenze tra gli organi della società ma determina un’alterazione (per tutta la durata della procedura) della struttura corporativa della stessa, con perdita da parte dei soci delle prerogative derivanti dall’esercizio dei diritti amministrativi ed acquisto da parte degli amministratori dei poteri deliberativi già in capo ai primi; il tutto per favorire la ristrutturazione ed a beneficio di coloro (i creditori) che la subiscono direttamente[55].

Rimangono ovviamente ferme le competenze assembleari inerenti al funzionamento della società (quali, ad esempio, il trasferimento della sede sociale, le modifiche statutarie non incidenti sulla struttura patrimoniale e finanziaria, la nomina e la revoca degli amministratori e dei sindaci) nonché le deliberazioni di carattere puramente gestorio[56].

Le modalità di attuazione delle citate operazioni di riorganizzazione non sono chiarissime.

La formulazione letterale dell’art. 120 quinquies, comma 1, prima parte, CCII induce a ritenere che in questi casi la modificazione statutaria o l’operazione straordinaria si realizzi automaticamente per effetto dell’omologazione della proposta[57]. La disposizione stabilisce, infatti, che il provvedimento di omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza determina la riduzione e l’aumento del capitale e le altre modificazioni statutarie nei termini previsti dal piano. Nel caso del concordato preventivo, quindi, la sentenza di omologazione dovrebbe costituire l’atto modificativo dello statuto[58] o, quantomeno, dovrebbe tenere luogo della volontà dei soci e della relativa delibera assembleare e, così, costituire il titolo per procedere alla stipula di ogni eventuale atto notarile necessario allo scopo, specie per quanto riguarda le operazioni straordinarie. In quest’ultimo senso sembra deporre il comma 2 dell’art. 120 quinquies, CCII, laddove prevede che, se il notaio incaricato ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione agli amministratori e questi ultimi possono ricorrere al Tribunale che ha omologato lo strumento di regolazione per i provvedimenti necessari.

La seconda parte dell’art. 120 quinquies, comma 1, CCII, stabilisce, anche, che lo stesso provvedimento di omologazione demanda agli amministratori l’adozione di ogni atto necessario a darvi esecuzione e li autorizza a porre in essere, nei successivi trenta giorni o nel diverso termine previsto dal piano, le «ulteriori modificazioni statutarie programmate». La possibilità per gli amministratori di porre in essere le «ulteriori modificazioni statutarie programmate» nel piano, sembra dare spazio ad una diversa opzione interpretativa: il provvedimento di omologazione determina (nel senso che stabilisce[59]) la riduzione e l’aumento del capitale e le altre modificazioni statutarie nei termini previsti dal piano e demanda agli amministratori (nel senso che attribuisce ad essi il potere per) l’adozione di ogni atto necessario a darvi esecuzione, ivi compresi quelli che, sulla base delle regole civilistiche, sono di competenza di altri organi o soggetti della società[60].

Una ulteriore opzione potrebbe essere quella di considerare il provvedimento di omologazione come atto esecutivo della proposta ogni qualvolta che questo possa concretamente realizzare quell’effetto organizzativo prefigurato nel piano, demandandosi (rectius: attribuendosi i poteri), viceversa, agli amministratori per il compimento dei necessari atti, in ogni altra ipotesi in cui tale effetto organizzativo non si presti ad essere direttamente ed immediatamente ricollegato al provvedimento di omologazione[61].

Ai sensi dell’art. 120 quinquies, comma 1, ultimo periodo, CCII, se gli amministratori non adempiono a quanto ad essi demandato con il provvedimento di omologazione, il tribunale – su richiesta di qualsiasi interessato e sentiti gli stessi amministratori – può nominare un amministratore giudiziario, attribuendogli i poteri necessari a provvedere in luogo di costoro agli adempimenti necessari. Il Tribunale dispone, in questo caso, la revoca per giusta causa degli amministratori.

Ai sensi dell’art. 116, comma 5, anch’esso introdotto dal D.Lgs. n. 83/2022, quando il piano prevede il compimento delle operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice, il diritto di recesso dei soci è sospeso fino all’attuazione del piano. Tale previsione era contenuta nella Legge delega n. 155/2017, all’art. 6, comma 2, lett. c, n. 3, ma non aveva avuto attuazione. Lo scopo della disposizione è indubbiamente quello di evitare ostacoli alla fattibilità del piano che preveda operazioni incidenti sull’organizzazione o sulla struttura finanziaria della società[62].

Secondo quanto stabilito dall’art. 120 quinquies, comma 3, CCII, le modificazioni della compagine sociale conseguenti all’esecuzione di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società. Sono inefficaci eventuali patti contrari.

Non è chiaro se il regime di cui agli artt. 120 bis, comma 2, e 120 quinquies CCII, trovi applicazione nel solo caso della proposta di concordato preventivo presentata dalla società debitrice ovvero trovi applicazione anche nel caso di proposte concorrenti formulate dai creditori e dai soci. Deve rilevarsi, infatti, che nonostante l’introduzione di tale particolare regime ad opera del D.Lgs. n. 83/2022, continuano ad essere vigenti l’art. 90, comma 6, e l’art. 118, commi 5 e 6, CCII, che regolano il caso delle modifiche statutarie per effetto di proposte concorrenti. La (permanente) vigenza di tali ultime disposizioni depone per l’esistenza di un duplice regime: quello di cui agli artt. 120 bis, comma 2, e 120 quinquies CCII, volto a regolare le operazioni di riorganizzazione che provengono dalla stessa società; quello di cui agli artt. 90, comma 6, e 118, commi 5 e 6, CCII, volto a disciplinare le operazioni di riorganizzazione che provengono da proposte dei creditori e dei soci. Ciò può affermarsi anche sul rilievo che se “si muove dalla premessa che il potere di deliberare la proposta implica quello di darvi esecuzione, allora è chiaro che gli amministratori sono legittimati a porre in essere tutti gli atti necessari ad eseguire la proposta solo quando ad essere approvata ed omologata sia quella presentata dalla società, non anche qualora si tratti dell’esecuzione di una proposta concorrente, diversa, cioè, da quella da costoro deliberata: in quest’ultimo caso, e proprio sulla base di tale premessa, non si verificherà, infatti, alcun incremento delle prerogative degli amministratori, con l’esito, per un verso, che la competenza ad adottare le deliberazioni necessarie ad addivenire alla riorganizzazione del capitale proprio continuerà a spettare, sulla base della disciplina generale, all’assemblea dei soci, e che, per altro verso, nel caso di loro inerzia, si tratterà di procedere a nominare l’amministratore giudiziario al quale riconoscere quel potere di sostituirsi ai soci” [63].

 

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