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Ci sono anche quattro soggetti di Foggia tra gli undici indagati dell’inchiesta che ruota intorno al fallimento della struttura ricettiva Torre Macuda di Sciacca: si tratta di Luigi Vantaggiato classe 1953, Francesco Corvelli classe 1955 e Anna Maria Lo Muzio classe 1954, tutti e tre destinatari dell’interdittiva di esercitare attività imprenditoriale rispettivamente per dodici il primo e per sei mesi gli altri due.  Nelle carte dell’ordinanza a firma del Gip Carmen Salustro c’è un terzo foggiano, V.C.G. classe 1976. 

Nei confronti di Luigi Vantaggiato – ritenuto dagli inquirenti il promotore e colui che decideva e programmava le operazioni funzionali al conseguimento del controllo sul complesso turistico ‘Torre Macauda’ – e di Francesco Corvelli – è stato disposto il sequestro preventivo della somma di quasi 7 milioni, quale profitto del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

E’ stato disposto anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di 1.950.000 nei confronti di Luigi Vantaggiato, di 629.500 euro sempre nei suoi confronti (oltre che della somma di poco più di 46mila euro) e di un altro degli indagati e di Anna Maria Lo Muzio.

Gli indagati, che secondo l’accusa ed in estrema sintesi avrebbero utilizzato i proventi di alcune bancarotte per reinvestirli in altre aziende, sono in tutto 11 e sotto inchiesta ci sono anche quattro società: Libertà Immobiliare srl con sede a Palermo, Crm Servizi srl con sede sempre a Palermo, Ds srl con sede a Venezia e l’Unicredit

Come riporta PalermoToday, i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo e della Compagnia di Sciacca hanno eseguito un’ordinanza con cui è stata disposto il divieto di esercitare attività imprenditoriali e/o professionali e di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o imprese a sei persone, indagati a vario titolo per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Con lo stesso provvedimento è stato anche disposto il sequestro – dal valore di 30 milioni di euro – di disponibilità finanziarie e di tre società operanti nel settore immobiliare, due delle quali proprietarie della nota struttura turistico-alberghiera. 

L’operazione della GdF

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo e della Compagnia di Sciacca hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di 6 soggetti, destinatari della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali e/o professionali ovvero di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o imprese.

Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Con il medesimo provvedimento il Gip ha disposto il sequestro preventivo, per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro, di disponibilità finanziarie e di 3 società operanti nel settore immobiliare, due delle quali proprietarie della nota struttura turistico-alberghiera Torre Macauda di Sciacca nell’Agrigentino.

Le indagini avrebbero permesso di ipotizzare complesse e strutturate operazioni finanziarie finalizzate alla distrazione di ingenti disponibilità di spettanza delle società che nel tempo avevano detenuto la proprietà del complesso ricettivo, sino a causarne il dissesto e il successivo fallimento.

Attuando poi un articolato schema di riciclaggio, che sarebbe stato concordato tra gli imprenditori indagati e dirigenti e consulenti di un primario istituto di credito nazionale, il sodalizio avrebbe riacquisto la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva.

In concreto, le attività d’indagine avrebbero permesso di individuare una prima fase dell’articolato disegno criminoso, relativa all’acquisto di un credito (per circa 28 milioni di euro) vantato dallo stesso istituto bancario nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando al riguardo i fondi sottratti alle società fallite.

Una seconda fase, sarebbe relativa al “riacquisto” della struttura ricettiva, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario, sempre riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale, non avrebbe interamente pagato all’istituto bancario.

In quest’ultimo caso, sarebbe stato determinante il ruolo di importanti dirigenti bancari che avrebbero falsamente attestato l’avvenuto pagamento nella dichiarazione di quietanza necessaria all’emissione, da parte del Giudice dell’esecuzione, del “decreto di trasferimento” del complesso turistico.

Gli stessi avrebbero altresì impartito le disposizioni di bonifico e quelle relative all’apertura ed alla successiva estinzione dei conti correnti utilizzati per far transitare le somme di denaro distratte dalle società fallite e poi impiegate per finanziare l’acquisto del credito e la “riacquisizione” della struttura, omettendo peraltro ogni adempimento e comunicazione previsti dalla normativa antiriciclaggio.

Come evidenziato dal Gip, “nonostante le operazioni bancarie fossero connotate da sicuri indici di anomalia, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo non venivano in alcun modo segnalate come sospette, così come invece avrebbe dovuto essere fatto in ossequio a quanto previsto dal d.lgs. 231/2007”.

Grazie a tale articolata operazione, secondo la prospettazione accusatoria, il sodalizio criminale sarebbe rientrato in possesso dell’intera struttura ricettiva, a quel punto libera da ipoteche o qualsivoglia pendenza e la banca avrebbe monetizzato un credito vantato ormai da decenni e di difficile realizzazione.

Le indagini avrebbero fatto emergere gravi violazioni da parte dell’istituto di credito, configurandosi nei confronti dello stesso la responsabilità amministrativa dell’ente, ai sensi del d.lgs. 231/2001, avendo omesso la predisposizione di adeguati modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati di riciclaggio contestati ai propri dirigenti e commessi a vantaggio della banca, così come riportato nel provvedimento cautelare (“risulta evidente, invero, come l’illecita operazione in contestazione sia stata realizzata nell’interesse e a vantaggio dell’ente stesso”).

Le attività investigative avrebbero, inoltre, disvelato un tentativo di truffa ai danni dello Stato, finalizzato ad accaparrarsi un finanziamento pubblico destinato allo sviluppo delle attività ricettive, di circa 1,8 milioni di euro.

Infine, viene ipotizzato il reato di corruzione nei confronti di un Pubblico Ufficiale il quale, in cambio dell’assunzione del figlio, avrebbe favorito un imprenditore nei lavori di rifacimento e messa in sicurezza di un costone roccioso franato, ricadente all’interno del complesso turistico-alberghiero.

 

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