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Il dibattito circa il piano di ammortamento c.d. alla francese e il suo discusso carattere anatocistico è acceso da anni, interessando alcune delle più significative pronunce giurisprudenziali in ambito bancario.

Ciò che da sempre ha dato spazio a un tale fervente confronto, vedendo contrapposti i due maggiori filoni di pensiero giurisprudenziale e dottrinale, è la circostanza afferente ad un discusso dissimulato effetto anatocistico insito nello sviluppo rateale del piano di rimborso.

Recentemente, il dibattito ha mutato rotta sulla determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto e sulla violazione della c.d. trasparenza bancaria, in relazione alla ritenuta applicazione del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori e del conseguente, taciuto, incremento del costo complessivo del prestito.


Il dibattito

La dottrina e la giurisprudenza hanno da sempre dibattuto questi temi, dividendosi tra vari filoni di pensiero e di interpretazione, chiedendosi a più riprese quale debba essere il livello di consapevolezza e di comprensione che può avere un cliente della banca che sottoscrive un contratto di mutuo.

Le questioni attinenti ai regimi di capitalizzazione applicati e allo sviluppo rateale dei piani di rimborso, che prima facie possono risultare di facile comprensione, sono in realtà di complessità tale da sfuggire quasi all’operatore puro del diritto e da dover essere rimessi alle valutazioni degli esperti di matematica finanziaria.

Allora ci si chiede, appunto, cosa un contratto debba prevedere al fine di non ledere quei principi di trasparenza che permeano la disciplina bancaria.

Centro di interesse, è ovvio, resta il consumatore/prenditore, il quale in una situazione in cui il contratto che deve sottoscrivere risulta essere interamente predisposto dalla Banca, deve essere posto nella condizione di comprendere scientemente le condizioni che allo stesso saranno applicate. Ma qual è il limite?

Secondo una prima interpretazione, alcuna conseguenza di sorta potrebbe avere, né in punto di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, né in punto di rispetto della trasparenza bancaria, l’omessa indicazione del regime di ammortamento c.d. alla francese applicato al contratto di mutuo bancario.

Secondo, invece, un’altra ricostruzione ermeneutica, la mancata indicazione di tale regime inciderebbe sul contratto stesso in termini di validità, facendo leva sul principio di trasparenza bancaria e sul diritto del cliente di ricevere la corretta informazione sulle condizioni applicate al contratto.

Infatti, secondo tale impostazione, l’applicazione del metodo di ammortamento alla francese può determinare un significativo incremento del costo complessivo dell’operazione a danno del cliente comportando, quindi, una violazione del requisito della forma ad substantiam e rendendo passibile di declaratoria di nullità parziale il contratto stesso.

La questione rimessa alla Corte

Il caso analizzato dal Tribunale di Salerno prende le mosse da un contratto di mutuo ipotecario bancario stipulato con l’Istituto di credito.

Secondo la prospettazione di parte attrice, la clausola che prevede il tasso di interesse passivo sarebbe affetta da nullità strutturale per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto (artt. 13461418, comma 2, c.c.), essendo pattiziamente indicato solo il Tasso Annuo Nominale (c.d. “T.A.N.”), e non anche il regime finanziario adottato, cioè la modalità di capitalizzazione degli interessi prescelta, nella specie “composta”.

Tale aspetto sarebbe dirimente anche e soprattutto nell’ottica del rispetto della trasparenza (art. 117, comma 4, T.U.B.), in quanto a parità di importo finanziato, di tasso contrattuale, di durata del finanziamento, la tipologia di ammortamento c.d. “alla francese” e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi adottato, comporta per il cliente costi diversi ed ulteriori rispetto ad altri tipi di ammortamento (es., “all’italiana”) ed al regime di capitalizzazione “semplice” degli interessi debitori.

La Banca convenuta si è costituita eccependo che il piano di ammortamento c.d. “alla francese” non integra violazione del divieto di anatocismo di cui all’articolo 1283 c.c. e che, ad ogni modo, l’omessa esplicitazione della modalità di calcolo degli interessi, secondo le regole della matematica finanziaria, sarebbe irrilevante, perché tale informazione sarebbe implicita nel piano di ammortamento ed ampiamente evincibile dagli elementi esplicitati nel contratto.

Considerato che dagli atti di causa, risulta che non è stata pattuita espressamente né la modalità di ammortamento c.d. “alla francese”, né indicato il regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, né tantomeno è stata indicata alcuna forma di calcolo delle rate secondo formule di matematica finanziaria, il Giudice, ha ritenuto necessario il rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. alla Corte di Cassazione.

Il quesito rivolto alla Corte ineriva su “l’interpretazione delle conseguenze giuridiche derivanti dalla omessa indicazione, all’interno di un contratto di mutuo bancario, del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, pure a fronte della previsione per iscritto del Tasso Annuo Nominale (T.A.N.), nonché della modalità di ammortamento c.d. “alla francese”, cioè se tale carenza di espressa previsione negoziale possa comportare gli estremi della indeterminatezza e/o indeterminabilità del relativo oggetto, con conseguente nullità strutturale in forza del combinato disposto degli articoli 1346 e 1418, comma 2, c.c., nonché, stante la specialità della materia bancaria, soggetta alla disciplina del Decreto Legislativo n. 385 del 1993 (c.d. “T.U.B.”), la violazione delle norme in materia di trasparenza e, segnatamente, di quella di cui all’articolo 117, comma 4, T.U.B., che impone, sotto pena di nullità (successivo comma quarto) che ”i contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.”, con conseguente rideterminazione del piano di ammortamento applicando il tasso sostitutivo “B.O.T.”(art. 117, comma 7, T.U.B.)”.

Excursus

La Corte (SS.UU., sentenza n. 15130/2024). inizia la sua digressione con una premessa, criticando l’ordinanza di rinvio, in quanto, ritenuta carente di talune precisazioni tali per cui il Collegio è costretto a lasciare aperte alcune porte.

Infatti, il Tribunale rimettente non prende in considerazione la valutazione dell’effetto anatocistico del piano di ammortamento alla francese nel caso concreto. Tale impostazione viene criticata dalla Corte, la quale ritiene che non possa ritenersi sufficientemente specifica la censura sollevata dal Tribunale denunciando soltanto e in via del tutto astratta la pretesa realizzazione, mediante l’utilizzo del sistema di ammortamento alla francese, di un risultato anatocistico senza che tale asserzione sia accompagnata da deduzioni e argomentazioni volte a dimostrare l’avvenuta concreta produzione di un tale risultato.

Invero, ad avviso del Tribunale, la produzione di interessi su interessi nel piano alla francese sarebbe insita in tale tipologia di rimborso e, benché non vietata sic et simpliciter, potrebbe costituire l’origine di un costo occulto del prestito per il mutuatario, rilevante sul piano della trasparenza e determinatezza dell’oggetto del contratto.

Muovendo dalla carenza della censura posta al vaglio della Corte, la stessa è stata costretta ad esprimersi sulla validità dei piani di ammortamento alla francese standardizzati, arrivando ad escludere che questi siano forieri di produzione di interessi su interessi.

Questo, in quanto, il metodo alla francese prevede che l’obbligazione per interessi sia calcolata sin da subito sull’intero capitale erogato, benché quest’ultimo non sia ancora integralmente esigibile, ma non prevede che sugli interessi scaduti maturino altri interessi.

Tale piano è costruito in modo tale per cui ad ogni rata il debito per interessi si estingue, a condizione, ovviamente, che il pagamento sia avvenuto nel termine prestabilito da parte del cliente.

La capitalizzazione composta è, quindi, di per sé del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo, rappresentando soltanto un modo per prospettare un calcolo della somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto, pur tuttavia non potendo escludersi, in astratto e a monte, che l’operazione di finanziamento si realizzi poi, a valle, mediante la produzione di interessi su interessi.

Tuttavia, il principio che si chiede alla Corte di denunciare è in senso generale, per cui la stessa non ha potuto far altro che escludere che si verifichi una situazione patologica come quella poc’anzi descritta.

Nella sua argomentazione la Corte procede confrontandosi con degli argomenti critici esposti dalla dottrina, che contesta la validità del metodo alla francese sotto il profilo della meritevolezza dell’interesse perseguito e dell’esigibilità del debito di interessi prima di quello del capitale correlato e, peraltro, per una misura superiore allo stesso.

Ciò si porrebbe in contrasto con il disposto dell’art. 821 c. 3 c.c.

Il Collegio cassa tale interpretazione sulla base dello scarto temporale intercorrente tra il godimento immediato del bene e il rimborso, differito e progressivo, del capitale, che non può evidentemente andare a ledere la posizione del creditore.

Ciò in completa coerenza con la natura onerosa del mutuo di denaro, nel quale l’interesse rappresenta il corrispettivo alla immediata disponibilità della somma mutuata e non ancora rimborsata e cioè del debito residuo.

Secondo la Corte, condizionare l’esigibilità degli interessi all’esigibilità dell’intero capitale metterebbe in crisi il funzionamento della regola della remunerazione periodica del capitale e della conseguente esigibilità periodica degli interessi. È lo stesso impianto normativo del codice civile a confermare tale impostazione, consentendo tale divario temporale di esigibilità.

Sulla base di tali considerazioni il Giudice di legittimità è arrivato pertanto a decretare che, sotto il primo profilo del quesito, l’omessa indicazione del regime di capitalizzazione composto degli interessi e della modalità di ammortamento alla francese non comporti una nullità del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto, per tre ragioni peculiari:

a) l’assenza di tale esplicitazione non potrebbe in alcun modo rilevarsi come un’ipotesi di indeterminatezza dell’oggetto del contratto, ma al massimo una nullità testuale data dalla mancata indicazione di un prezzo o di un costo del prestito stesso; b) la doglianza facendo leva sulla maggiore onerosità e, quindi, sulla minore convenienza del contratto, non è pertinente rispetto alla censura dell’indeterminatezza dell’oggetto;

c) il maggior calcolo degli interessi non dipende da una produzione di interessi su interessi, ma dal fatto che il piano concordato tra le parti per la restituzione del capitale è ritardato per la necessità di assicurare la rata costante, calmierata nei primi anni, in equilibrio finanziario, comportando la debenza maggiore per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto.

Sotto il secondo profilo del quesito pregiudiziale, riguardante l’eventuale mancanza di trasparenza delle condizioni contrattuali dovuta all’omessa indicazione del tipo di piano di ammortamento applicato, anche in questo caso il maggior carico di interessi costituirebbe il naturale effetto della scelta concordata dalle parti di prevedere che il piano di rimborso si articoli nel pagamento di una rata costante inizialmente calmierata e non decrescente, insita nel piano di ammortamento alla francese.

Il principio di trasparenza sarebbe rispettato in quanto l’art. 117 T.U.B. non richiede, l’esplicitazione del regime di ammortamento nel contratto, non richiesto nemmeno dalla normativa più recente.

Inoltre, alcuna violazione sussisterebbe se il contratto lascia intuire e prevedere il livello di rischio o di spesa della pattuizione stessa, consentendo al consumatore di avere piena contezza delle condizioni applicate all’esecuzione del contratto sottoscritto, in modo da poterlo confrontare anche con altre offerte presenti sul mercato.

La violazione di tale principio di trasparenza potrebbe comportare, al più, conseguenze sul piano della responsabilità dell’istituto di credito, ma non di certo in merito alla validità del contratto di mutuo.

Principio enunciato dalla Corte

La Corte sulla base delle considerazioni suesposte, è giunta così a decretare come, in tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, né per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti.

Le Sezioni Unite hanno dunque così risolto l’annoso contrasto giurisprudenziale in tema di ammortamento alla francese, relativo alle conseguenze dell’omessa indicazione, all’interno di un contratto di mutuo bancario, del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, ma tale pronuncia finisce con non essere risolutiva sotto vari aspetti.

Dubbi e questioni aperte

Con la propria statuizione il Collegio lascia aperte talune questioni.

In primis la sentenza non prende in considerazione, oltre che i finanziamenti alla francese a tasso variabile o privi del piano di ammortamento allegato, la generalità dei piani di ammortamento espressi nella periodicità infrannuale, i quali comportano un TAE maggiore del TAN corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c.

Nei piani standardizzati, così li nomina la Corte, la sentenza esclude che si verifichi la situazione patologica descritta. In sostanza, la Corte ha posto si fine all’annoso dibattito sul tema, ma solamente ad una fascia limitata di finanziamenti.

In secondo luogo, la statuizione della Corte desta perplessità in ambito di trasparenza bancaria, non ritenendo che l’indicazione di capitalizzazione composta della determinazione della rata sia richiesto dalla normativa di riferimento.

Fonda i rimborsi del capitale e l’imputazione anticipata degli interessi esclusivamente su aspetti convenzionalmente non espressi, ritenendoli legittimi e non violanti l’obbligo di trasparenza bancaria o della determinatezza dell’oggetto del contratto.

Tale soluzione non sembra essere però compatibile con il concetto stesso di trasparenza bancaria, lasciando di fatto il cliente/prenditore all’oscuro di un aspetto contrattualmente rilevante.

A parere di chi scrive si dovrebbe tentare di colmare tale lacuna, consentendo al consumatore di comprendere sino in fondo il contenuto della pattuizione che andrà a sottoscrivere, anche se la materia è talmente complessa a livello di calcolo matematico da sfuggire alla comprensione del cliente medio.

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