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Con la sentenza n. 25025 pubblicata il 17 dicembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato che l’unico rimedio utilmente esperibile per opporsi ad un ordine di liberazione dell’immobile emesso dal Giudice Delegato è il reclamo ex art. 26 L. Fall.

Il caso esaminato dalla Cassazione è il seguente: a seguito del fallimento della società locatrice, la curatela poneva in vendita l’immobile oggetto del contratto di locazione di azienda e, successivamente all’aggiudicazione, notificava alla locataria atto di precetto unitamente all’ordine di liberazione emesso dal Giudice Delegato. La locataria, dopo aver ricevuto anche la notifica dell’avviso di sloggio, proponeva opposizione all’esecuzione rigettata sia in primo che in secondo grado. Interpellata con ricorso, la Suprema Corte ha ribadito come l’azione esperita dalla locataria non fosse assolutamente quella corretta in quanto l’ordine di liberazione opposto era stato emesso dal Giudice Delegato e, pertanto, “tale decreto avrebbe dovuto essere impugnato dinnanzi al tribunale fallimentare, attivando – tempestivamente, nel termine di dieci giorni decorrente dalla notifica del provvedimento di liberazione dell’immobile, ex art. 26 secondo comma legge fall. – il rimedio proprio in sede fallimentare, ovvero il reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato, e tutte le questioni relative alla legittimità o meno di quel provvedimento che disponeva il rilascio, alla sua estensione […] nonché alla sua opponibilità al fallimento di un titolo giustificativo della occupazione avrebbero dovuto esser proposte in quella sede.”.

Tale principio di diritto si basa sul presupposto che al Giudice Delegato è riconosciuta la possibilità di emettere un provvedimento immediato di liberazione dell’immobile assoggettato a procedura concorsuale, modellato sull’art. 560 c.p.c., senza dover preliminarmente passare dall’accertamento in sede contenziosa dell’esistenza o meno di un valido titolo in capo all’occupante, che sia opponibile alla massa.

Il provvedimento promanante dall’organo della procedura concorsuale rimane un decreto del giudice delegato sebbene il suo contenuto sia strutturato sul modello di un tipico strumento del giudice dell’esecuzione e, come tale, può essere impugnato solo in sede fallimentare e con gli strumenti ivi previsti ovverosia il reclamo.

L’ordine di liberazione non diviene, per il solo fatto di essere modellato su uno strumento proprio del giudice dell’esecuzione, un suo strumento impugnabile con opposizione all’esecuzione dinnanzi all’ufficio individuato, anche territorialmente, secondo criteri diversi applicabili nei termini dell’art. 560 cpc.

La Cassazione conclude, dunque, statuendo che l’opposizione all’esecuzione proposta dalla società locatrice avrebbe dovuto, fin dal principio, essere dichiarata inammissibile in quanto, l’unico rimedio utilmente esperibile sarebbe stata la proposizione, peraltro tempestiva, del reclamo ex art. 26 L.Fall. dinnanzi al Giudice Delegato che aveva emesso l’ordine di liberazione contestato.

Cass., Sez. III, 8 ottobre 2019, n.25025 Michela Crestani – m.crestani@lascalaw.com

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