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Uno dei maggiori spauracchi per il cittadino è ricevere la notifica di una cartella esattoriale da quella che un tempo fu Equitalia e che, ora, ha assunto la denominazione di Agenzia delle Entrate – Riscossione.

In pochi sanno, però, che la funzione della cartella esattoriale è svolta anche da un altro istituto vigente nel nostro Ordinamento, quale la ingiunzione di pagamento, regolamentata dal Regio Decreto n. 639/1910 e che il 14 aprile scorso, in pieno lockdown, ha compiuto 110 anni di vita.

La riscossione delle entrate degli Enti pubblici, quindi, può essere adempiuta sia per mezzo della cartella di pagamento, che della ingiunzione di pagamento, concorrendo – dunque – in Italia due distinte procedure esattoriali che, nel corso del tempo e a seguito di ripetuti interventi legislativi, specie a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale, pur restando diversificate nella loro fase iniziale, sono giunte a una perfetta assimilazione nel successivo iter esecutivo.

Vediamo, dunque, quali sono le caratteristiche di questo strumento riscossivo.

Come si forma la ingiunzione di pagamento. Al contrario della cartella di pagamento, che si fonda sull’istituto del “ruolo”, la ingiunzione di pagamento sorge a seguito della formazione da parte dell’Ente impositore, ossia della Amministrazione creditrice, della “lista di carico”, vale a dire di un elenco, certificato dal competente Ufficio, dei debiti che la singola P.A. vanta verso la cittadinanza.

La ingiunzione di pagamento, altresì, è immediatamente esecutiva per espressa disposizione dell’art. 229 D. Lgs. n. 51/1998.
Quanto sopra differenzia ulteriormente questo istituto dalla cartella di pagamento che diviene esecutiva solo se tale è reso il ruolo sottostante, ciò a cura dell’Ente impositore.

Chi può formare la ingiunzione di pagamento. Diversamente dalla cartella di pagamento, che può essere emessa esclusivamente dalla Agenzia delle Entrate – Riscossione, la ingiunzione di pagamento può essere formata sia direttamente dall’Ente impositore, che da un soggetto a tal uopo autorizzato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e che sia iscritto presso un apposito Albo istituito dal D. Lgs. n. 446/1997. Questo soggetto assume il nome di Concessionario alla riscossione e agisce in nome e per conto della Amministrazione che gli ha conferito espresso mandato.

Quali crediti possono essere riscossi per mezzo della ingiunzione di pagamento. Attraverso la ingiunzione di pagamento possono essere riscosse le entrate degli Enti territoriali, quindi i tributi e le sanzioni amministrative delle Regioni, delle Province, dei Comuni, dei Consorzi a partecipazione pubblica e delle Comunità di diritto pubblico.
A favore della Agenzia delle Entrate – Riscossione vi è, di contro, una riserva di legge per la riscossione delle Entrate dello Stato e degli Enti previdenziali, il cui ristoro, dunque, può essere perseguito solo attraverso la cartella di pagamento e la normativa del D.P.R. n. 602/1973.

La ingiunzione di pagamento emessa per il recupero delle sanzioni amministrative. Una ingiunzione di pagamento formata per la riscossione di una sanzione amministrativa (per esempio una multa per violazione del c.d.s.), qualora si voglia opporre, deve essere impugnata nel termine prescritto dall’art. 3 R.D. n. 639/1910, pari a trenta giorni dalla notifica dell’atto.
E’ tutt’ora discusso se tale termine sia ordinatorio o perentorio.
Il procedimento di opposizione è regolato dall’art. 32 D. Lgs. n. 150/2011, secondo il quale l’opponente deve agire con rito di cognizione ordinaria, dunque notificando a chi ha emesso la ingiunzione di pagamento un atto di citazione a comparire a data fissa dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale, a seconda del valore della causa o delle competenze funzionali di legge, individuate dall’art. 6 D. Lgs. n. 150/2011.
La competenza territoriale appartiene al Giudice del luogo ove ha sede l’Ufficio che ha emesso la ingiunzione di pagamento.
La suddetta prescrizione normativa ha comportato dei dubbi interpretativi, perché, se è pacifico che, qualora la ingiunzione di pagamento sia formata in proprio dall’Ente impositore, la competenza appartenga al Giudice del luogo in cui esso è corrente, eguali certezze non vi sono qualora la riscossione venga perseguita da un Concessionario, atteso che, in questo caso, la stretta interpretazione dell’art. 32 D. Lgs. n. 150/2011 dovrebbe determinare che la competenza territoriale appartenga al Giudice del luogo ove l’Agente alla riscossione abbia la sede legale e non di quello ove è radicata la Amministrazione.
Due elementi hanno, però, sempre fatto propendere a favore della tesi per cui la competenza territoriale debba appartenere al Giudice del luogo ove è corrente l’Ente impositore: 1. L’art. 32 D. Lgs. n. 150/2011 nel regolamentare la competenza territoriale, la radica presso il Giudice del luogo ove è l'”Ufficio” che ha emesso la ingiunzione di pagamento, con ciò apparendo che il Legislatore abbia voluto riferirsi alla articolazione amministrativa che ha formato la lista di carico, più che alla s.p.a. o s.r.l. poi demandata alla riscossione; 2. Da sempre in Italia vige il principio della “giustizia di prossimità” a favore sia del contribuente, che del consumatore, al fine evitargli di dover incardinare azioni lontane dal proprio luogo di residenza. Atteso, quindi, che spesso i Concessionari, agendo su tutto il territorio nazionale, hanno sede in luoghi lontani da quelli ove sono correnti gli Enti loro mandanti, ciò comporterebbe aggravi per l’opponente, costretto a sobbarcarsi maggiori spese per agire in giudizio. Il principio della “giustizia di prossimità”, quindi, non è peregrino che debba essere applicato anche nella ipotesi di opposizione a ingiunzione di pagamento formata da un Concessionario, sì ancora una volta privilegiando l’orientamento individuante nel Giudice del luogo ove ha sede la Amministrazione, quello competente a decidere di una impugnazione a tale atto.
Il dubbio di cui trattasi, in ultimo, è stato risolto in senso accoglitivo della superiore tesi atteso quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 158/2019 ove si legge che l’art. 32 D. Lgs. n. 150/2011 è illegittimo nella parte in cui alle parole “E’ competente il Giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto” non ha previsto l’aggiunta “ovvero nel caso di concessione della riscossione delle entrate patrimoniali, del luogo in cui ha sede l’ente locale concedente”.

La ingiunzione di pagamento emessa per il recupero di un tributo. Qualora la ingiunzione di pagamento sia utilizzata per riscuotere tasse o imposte non pagate dal contribuente e chi la riceve voglia opporla, deve adire, nel termine di 60 giorni, la Commissione Tributaria Provinciale del luogo ove ha sede la Amministrazione creditrice, applicandosi in questo caso il c.d. codice della Giustizia tributaria, quale il D. Lgs. n. 546/1992.
In caso di contenzioso tributario avente a oggetto una ingiunzione di pagamento, non vi sono dubbi sulla competenza territoriale del Giudice da adire, perché la sentenza della Corte Costituzionale n. 44/2016, nell’interpretare in senso consono alla Magna Carta l’art. 4 D. Lgs. n. 546/1992, ha statuito che, in ipotesi di atto della riscossione formato da un Concessionario la cui sede sia ubicata in un Foro diverso da quello della Amministrazione mandante, la impugnazione dell’atto deve essere radicata presso la Commissione Tributaria Provinciale competente in ordine all’Ente impositore e non all’Agente alla riscossione, proprio in adempimento del principio della “giustizia di prossimità” già trattato al precedente paragrafo.

Cosa succede se una ingiunzione di pagamento non venisse adempiuta. Qualora il contribuente, una volta ricevuta la notifica di una ingiunzione di pagamento, non adempisse quanto da essa portato e, ovviamente non la opponesse, subirebbe la successiva azione esecutiva tesa al recupero coatto e forzoso del proprio debito.
A seguito della promulgazione del D. Lgs. n. 46/1999, del D. Lgs. n. 112/1999, del D. Lgs. n. 446/1997, della Legge n. 265/2002 e del Decreto sviluppo n. 70/2011, anche i soggetti perseguenti la riscossione dei crediti pubblici nelle forme del R.D. n. 639/1910, possono usufruire delle norme sulla esecuzione esattoriale di cui al Titolo II del D.P.R. n. 602/1973, originariamente a esclusivo uso del Concessionario Nazionale, la cui attività, a oggi, è esperita dalla Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Chi, dunque, inadempisse una ingiunzione di pagamento può subire la iscrizione del fermo amministrativo sul proprio veicolo, la iscrizione di una ipoteca sulla propria abitazione o l’esperimento di un pignoramento a suo danno, anche nelle forme “dirette” normate dall’art. 72 e 72 bis D.P.R. n. 602/1973, dunque con immediato prelievo di quanto depositato presso il proprio conto corrente.

Uno sguardo di insieme e conclusivo. Valutate le differenze tra la procedura esattoriale a mezzo cartella di pagamento e quella per ingiunzione di pagamento, si ritiene che questa ultima sia preferibile sia per le Amministrazioni, che per il contribuente, perché più snella nella riscossione dei crediti e perseguita o in proprio dell’Ente impositore o attraverso l’attività di Concessionari privati, dalla struttura poco burocratizzata, così assicurando un dialogo più celere e diretto tra le parti.
Quanto sopra permette al il contribuente di potersi avvalere compiutamente della facoltà dell’autotutela al fine di evitare inutili contenziosi, in presenza di documentate ragioni atte a rendere nulla una ingiunzione di pagamento.

* a cura dell’avv. Giuseppe Lorè, STUDIO LEGALE LORE’

 

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