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Con la legge salva suicidi (L. n. 3/2012) è possibile concordare il taglio dei debiti anche se il creditore è uno solo come nel caso in cui questo sia il fisco.

Chi ha debiti con Agenzia Entrate Riscossione sa che, a differenza dei creditori privati, il fisco non accetta “saldi e stralci”, ossia accordi personalizzati volti a ottenere la riduzione del debito. E ciò vale anche se il debitore non ha altro modo di pagare. Insomma, «o tutto o niente» dice lo Stato; e se l’alternativa scelta dal contribuente è «niente», allora scatta il pignoramento. Questa è del resto la logica voluta dalla Costituzione che guarda con estremo sfavore alla possibilità di diversificare il trattamento tra i vari contribuenti, cosa che altrimenti avverrebbe qualora un dirigente dell’Agenzia delle Entrate potesse concordare a tavolino, con ciascuno dei debitori e con il massimo arbitrio, gli importi da scontare. Ma allora

come liberarsi dai debiti con Agenzia Entrate Riscossione, ossia con il nuovo Agente della Riscossione esattoriale che, dal 1° luglio 2017, ha sostituito Equitalia e ne ha ereditato tutti i crediti? Chi non ha aderito alla rottamazione delle cartelle di pagamento è tagliato fuori dalla possibilità di ottenere una decurtazione del debito? Non è così: c’è ancora una speranza per chi non può pagare e dimostra che, pur con tutta la buona volontà, non gli basta una vita per estinguere il debito. Vediamo come.

Prima però di spiegare come liberarsi dai debiti con Agenzia Entrate Riscossione e ottenere un saldo e stralcio dal fisco, ricordiamo ai più smemorati che esiste una legge del 2012 [1] battezzata «legge salva suicidi» o, per i più tecnici, «legge sul sovraindebitamento», che consente di ottenere la cancellazione dei debiti ricorrendo al tribunale. Il requisito per accedervi è il sovraindebitamento, vale a dire la situazione di squilibrio economico tra i pagamenti da effettuare e il patrimonio del debitore. Possono attivare la procedura i debitori non soggetti al fallimento: piccoli imprenditori, professionisti, privati in genere. Due sono le alternative che tale legge consente:

  • quando si tratta di debiti acquisiti dal privato come consumatore e non nell’ambito dell’esercizio dell’attività lavorativa, sia essa d’impresa o professionale (si pensi al debito con la finanziaria per acquistare gli elettrodomestici, la nuova cucina, per pagare il matrimonio della figlia, ecc.), si può accedere al cosiddetto «piano del consumatore». Con questa procedura, il debitore presenta un’istanza al giudice del tribunale di residenza e, con l’assistenza di un organismo di composizione della crisi (che può anche essere un commercialista o un avvocato competente in materia) dimostra di non essere in grado di pagare il debito integrale, chiedendo uno sconto. Il giudice, valutata la meritevolezza del soggetto (lo stesso non deve, cioè, essersi messo colposamente in condizione di non poter pagare), accorda il taglio del debito secondo la percentuale prospettata dallo stesso debitore, una percentuale che alcuni giudici hanno anche riconosciuto nella misura dell’80%;
  • quando si tratta di debiti che derivano dall’esercizio di attività lavorative o imprenditoriali, anche se esercitate nella forma di ditta individuale, la richiesta di cancellazione del debito, o meglio di una percentuale sullo stesso, deve prima passare dal vaglio dei creditori (perciò questa procedura viene detta «accordo con i creditori»). Se il 60% dei creditori accetta l’offerta di saldo e stralcio avanzata dal debitore, il giudice “ratifica” l’accordo e dà il via alla procedura per il pagamento ridotto.

La differenza tra il piano del consumatore è che solo nel primo caso il debitore può rivolgersi direttamente al giudice e, a prescindere dal consenso o meno del creditore, farsi riconoscere uno sconto sul debito. Nel secondo caso, invece, c’è bisogno del benestare del 60% dei creditori. In entrambi i casi, il debitore che vuole

liberarsi dai debiti deve comunque dimostrare di:

  • non essere in grado di corrispondere l’integrale somma richiesta dai creditori e per la quale si è indebitato;
  • di poter pagare solo una determinata percentuale, secondo modalità e tempi che egli stesso indicherà nella proposta presentata al giudice o ai creditori formulata attraverso l’organismo di composizione della crisi. Ad esempio, è possibile offrire una somma a saldo e stralcio ottenuta in prestito da un familiare, oppure impegnarsi a vendere un immobile per dividere il ricavato tra i creditori, ecc.

Ma che succede se – come in gran parte dei casi – il creditore è uno solo e questo è il fisco o la banca? È possibile liberarsi dai debiti con Agenzia Entrate Riscossione se non ci sono altri soggetti da soddisfare? La risposta è affermativa ed è stata fornita, a più riprese, dalla giurisprudenza. Con una prima pronuncia, il Tribunale di Busto Arsizio [2] ha ritenuto possibile attivare il procedimento del «piano del consumatore» anche se il creditore è uno solo ed è l’Agente per la riscossione. Detto in parole ancora più semplici, chi ha una o più

cartelle esattoriali di Agenzia Entrate Riscossione che non riesce a pagare può proporre – onde evitare di vedersi ipotecata la casa, bloccato il conto corrente, pignorata la pensione o lo stipendio, fermata l’auto – un pagamento a percentuale che, una volta autorizzato dal tribunale, sarà vincolante anche per l’esattore.

La decisione ha trovato seguito anche in un provvedimento del Tribunale di Napoli [3]: anche quest’ultimo ha ritenuto possibile presentare la richiesta di «piano del consumatore» o di «accordo coi creditori» quando il creditore è uno soltanto. In questo caso si trattava della banca.

La novità dunque, che sta prendendo piede nelle aule di tribunale, è quella di consentire il ricorso alla procedura di sovraindebitamento, con conseguente possibilità di liberarsi dai debiti, anche quando il creditore sia uno soltanto. Come appunto spesso accade con Agenzia Entrate Riscossione o la banca.

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