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Versamento busta paga su carte di credito ricaricabili senza Iban o con Iban: è possibile?

Di recente, sei stato assunto da un’azienda. Per il pagamento dello stipendio ti è stato chiesto un codice Iban ma, al momento, non disponi di un tuo conto corrente; da disoccupato, infatti, non hai mai avvertito la necessità di aprirne uno. Tutto ciò che hai è una carta PostePay. La ricarichi ogni volta che ricevi dei soldi da donazioni o per sporadici lavoretti. Ti chiedi allora se è possibile il pagamento stipendio su PostePay. Cosa prevede la normativa a riguardo?

La famosa legge n. 205 del 2017 ha modificato tutta la disciplina in tema di accredito della retribuzione. In particolare, a patire dal 1° luglio 2018, tutti gli stipendi devono essere accreditati sul conto corrente intestato al dipendente o facendo ricorso ad altre modalità tracciabili. Il che significa, quindi, il divieto di versare la busta paga in contanti.

Alla luce di ciò, è subito sorto il dubbio se la riforma abbia di fatto obbligato tutti i lavoratori dipendenti ad aprire un conto corrente. La risposta è stata fornita dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con una nota del 4 luglio 2018 [1], ha spiegato in quali forme il datore di lavoro debba pagare lo stipendio, con ciò indirettamente trattando anche il caso dell’accredito su carta PostePay.

Approfondiamo dunque tali aspetti.

Come ricevere lo stipendio

I datori di lavoro devono corrispondere la retribuzione (compresi gli anticipi) attraverso una banca o un ufficio postale tramite una delle seguenti modalità:

  • bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;
  • altri strumenti di pagamento elettronico e, come tali, tracciabili: ad esempio, l’accredito su una carta ricaricabile o un conto PayPal;
  • contanti da consegnare presso lo sportello di una banca qualsiasi o presso lo sportello di Poste Italiane dove il lavoratore ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • assegno (o vaglia postale [2]) consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato (coniuge, convivente o familiare, in linea retta o collaterale, purché di età non inferiore a 16 anni).

La retribuzione non può più essere corrisposta in

denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

La sanzione prevista per la violazione di tali regole è di tipo amministrativo e va da un minimo di mille euro a un massimo di cinquemila euro.

La stessa sanzione si applica anche nel caso in cui, dopo il versamento delle somme dovute, il datore di lavoro revochi subito il bonifico effettuato.

Pagamento stipendio su PostePay

La carta PostePay è una normale carta ricaricabile, dotata di Iban. Le sue caratteristiche la rendono non molto dissimile da un comune conto corrente, salvo alcune limitazioni che, in questa sede, non interessano. Si può, quindi, accomunare la carta PostePay ai normali mezzi di pagamento elettronici, come tale tracciabile. Da ciò ne deriva la piena legittimità del pagamento dello stipendio sulla PostePay.

Se il dipendente non dispone di un conto corrente, il datore di lavoro non può costringerlo ad aprirne uno, ma dovrà attenersi al metodo di versamento della retribuzione richiesto dal lavoratore. È diritto di quest’ultimo, quindi, chiedere e ottenere la busta paga sulla propria PostePay.

Anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con una recente circolare, ha chiarito che è ammesso il pagamento dello stipendio su carte prepagate [3]. E, come anticipato, la PostePay è proprio una carta prepagata. Ma ad una sola condizione: è onere dell’azienda conservare le ricevute di pagamento.

PostePay senza Iban: è possibile il pagamento dello stipendio?

Sempre l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ritenuto legittimo il pagamento dello stipendio su carte prepagate senza Iban, quale ad esempio è la PostePay gialla, quella cioè tradizionale (ad avere l’Iban è, al momento, la PostePay Evolution). E questo perché, come anticipato sopra, il versamento dello stipendio non deve necessariamente avvenire su un conto corrente, ma anche con modalità elettroniche o con consegna di contanti presso un istituto di credito o uno sportello postale con accredito diretto sul rapporto intrattenuto dal lavoratore.

Pagamento stipendio su PostePay: conviene?

Chi non intende aprire il conto corrente per l’accredito dello stipendio

e avvalersi delle carte prepagate può così risparmiare l’imposta di bollo di 32,20 euro (per giacenze superiori a 5mila euro).

La PostePay è, tuttavia, pignorabile al pari di qualsiasi altro conto corrente, sia da parte dei creditori privati che del fisco. Inoltre, si tratta di un mezzo di pagamento tracciabile e, pertanto, non garantisce uno schermo agli occhi dell’Agenzia delle Entrate.

Che valore ha la firma sulla busta paga?

Secondo la giurisprudenza formatasi prima dell’introduzione della riforma, la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione, a meno che non sia riportata la scritta “per quietanza”. Pertanto, la semplice conferma della ricezione della busta paga, sottoscritta dal dipendente, non implica la prova dell’avvenuto pagamento.

Oggi, tale principio è ancor di più valido e, anzi, si estende anche all’ipotesi della firma per quietanza: quest’ultima, infatti, non serve a dimostrare l’avvenuto versamento della retribuzione se il datore di lavoro è sprovvisto delle

ricevute di versamento tracciabile.

Quando il pagamento dello stipendio può avvenire in contanti

Il pagamento dello stipendio può avvenire in contanti solo nei seguenti casi:

  • rapporti di lavoro domestico (colf, badanti) e quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei Ccnl per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
  • i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.

Approfondimenti

Per maggiori informazioni, leggi il nostro articolo sul divieto di pagare lo stipendio in contanti: i nuovi obblighi.

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