Con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il Terzo condono edilizio è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza cioè restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, purché gli stessi non comportino aumento di cubatura e superficie.
Ci sono possibilità di terzo condono per un abuso edilizio consistente nell’ampliamento di un preesistente edificio ubicato in area gravata da vincolo paesaggistico?
La giustizia amministrativa è abbastanza chiara in merito, e la stessa linea è tenuta dal Tar Lazio nella sentenza 11785/2024, relativa al ricorso contro il non accoglimento della domanda di sanatoria straordinaria attinente l’abusivo ampliamento di un preesistente edificio ubicato in area gravata da vincolo paesaggistico, e dunque a un intervento consistente in un aumento di volumetria e superficie.
Terzo condono in zona vincolata: quali sono gli abusi maggiori
Secondo l’amministrazione, l’abuso rientra nel novero di quelli che la consolidata giurisprudenza ha definito in termini di abusi cd. “maggiori” (tali sono gli interventi contemplati dai numeri da 1 a 3 dell’allegato 1 al DL 269/2003, convertito con modifiche dalla legge 326/2003, i.e. le nuove costruzioni realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e gli interventi di ristrutturazione edilizia).
Le regole del condono edilizio in zona vincolata: quali abusi possono essere sanati e quali no
Ciò premesso, si evidenzia che, con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall’art. 32 del DL 269/2003 è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 del citato allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), purché gli stessi non comportino aumento di cubatura e superficie e sussistano le ulteriori condizioni ivi previste (ossia che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e vi sia il previo parere dell’Autorità tutoria).
Al contrario, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, realizzate successivamente all’imposizione del vincolo, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Ciò in quanto il Terzo Condono edilizio ha margini nettamente più ristretti rispetto a quelli del Primo e Secondo condono. per effetto dei limiti ulteriori contemplati dal comma 27 dell’art. 32 DL 269/2003, i quali si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge 47/1985 (cd. Primo condono).
Abusi edilizi e terzo condono in zona vincolata: quando l’ampliamento esclude la sanatoria
Se la domanda di sanatoria riguarda un abuso di tipologia 1, essendosi realizzato un ampliamento (per quanto modesto) del fabbricato originale ed essendo l’immobile in zona vincolata, è precluso il terzo condono edilizio.
Il momento di valutazione della compatibilità paesaggistica
Infine, non ha pregio la deduzione secondo cui il vincolo paesaggistico insistente sull’area non risulterebbe ostativo alla sanatoria in quanto la compatibilità paesaggistica dell’edificio originario era stata già positivamente apprezzata al momento del rilascio del relativo titolo edilizio.
L’abuso andava necessariamente valutato alla luce della normativa condonistica in vigore alla data di presentazione della relativa domanda di sanatoria (domanda che, del resto, era stata presentata proprio in base alla predetta normativa), a nulla rilevando le previsioni vigenti al momento del rilascio della originaria concessione edilizia.
Pertanto, a norma del combinato disposto degli artt. 32, comma 27, del DL 269/2003 e art. 3, lett. b), della L. R. Lazio12/2004, non sono comunque suscettibili di sanatoria le opere abusive “maggiori” eseguite su immobili ubicati in area vincolata (anche se il relativo vincolo sia sopravvenuto all’abuso), quand’anche riguardino immobili che ricadono “all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti” (cfr. TAR Lazio, Sez. II quater, 6 dicembre 2022 n. 16285).
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