Mentre la maggior parte delle associazioni di categoria hanno accolto positivamente il decreto salva casa approvato dal CDM, Legambiente ha espresso le sue perplessità. In particolare, secondo l’associazione “Il decreto Salva casa licenziato dal Consiglio dei ministri, dopo mesi di annunci e indiscrezioni, è un provvedimento sbagliato che richiede modifiche profonde perché rischia di essere un condono mascherato”.
Secondo l’associazione sono quattro i punti più critici:
- Modifica delle soglie di tolleranza. L’art.34 prevede che “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”. La riforma introduce l’innalzamento della soglia del 2% fino al massimo del 5% (per le unità abitative inferiori a 100 metri quadrati), rendendo sanabili difformità che oggi non lo sono.
- Silenzio assenso. Il comma 6 del nuovo art.36 bis è il “cuore” della riforma del DPR 380/2001 targata Salvini. Prevede infatti che le istanze di accertamento di conformità siano sottoposte al regime del silenzio-assenso da parte degli uffici tecnici, mentre oggi vale esattamente il contrario, ossia il silenzio-diniego. Se il Comune non risponde entro il termine di 45 giorni alla richiesta di sanatoria dell’abuso, questa si intende accolta e “decorsi i termini…eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci”. Cosa significa? Che la gran parte delle istanze saranno automaticamente accolte, vista la materiale impossibilità degli uffici di verificare pratiche relative a permessi di costruire in tempi così ristretti. Ma c’è di più. La nuova norma stabilisce che l’accoglimento sia definitivo e non revocabile, anche in presenza, per esempio, di dichiarazioni mendaci o errori, per cui la pubblica amministrazione potrà fare valere le proprie ragioni solo in sede giudiziaria.
- Ricalcolo delle sanzioni pecuniarie per il rilascio del permesso in sanatoria. Finora l’importo dell’oblazione per il permesso di costruire (art.36) si basava sul doppio del costo di costruzione, valore oggettivamente stimabile da parte della p.a., mentre per la SCIA (art.37) si basava sul doppio dell’aumento del valore venala dell’immobile. Quest’ultimo talmente aleatorio e difficile da valutare che, quasi sempre, la sanzione corrispondeva al minimo previsto, ossia 516 euro. La modifica prevista dal comma 5 dell’art.36bis prevede che l’oblazione, in entrambi i casi, faccia riferimento all’aumento del valore venale, tra 1.032 e 30.984 euro. È facile prevedere che la sanzione effettivamente erogata sarà, anche in questo caso, quella minima, con una riduzione significativa degli introiti per le casse comunali.
- Cancellazione della “doppia conformità” per gli interventi realizzati in assenza o difformità della SCIA. Mentre la previsione della doppia conformità viene mantenuta per gli interventi in assenza o difformità del permesso di costruire, viene abolita (lettera h, comma 1 art.36bis) per gli interventi realizzati in assenza o difformità della SCIA (prevista invece dal vigente art.37). Quindi, non sarà più necessario per ottenere la SCIA in sanatoria che l’intervento edilizio fosse conforme alla normativa vigente al momento della sua realizzazione e alla normativa vigente al momento della richiesta. Ciò consentirà di sanare abusi che fino a oggi non potevano esserlo.
“Il problema di fondo – conclude Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – è che in Italia, come denunciamo da anni con il report Abbatti l’Abuso, le demolizioni delle costruzioni illegali procedono a rilento, mentre ciclicamente vengono proposte nuove forme di sanatoria. Per fermare il mattone illegale servono interventi decisi e puntali non più rimandabili”.
Secondo Ciafani sono quattro le azioni principali da portare a termine:
- dare pieno potere ai Prefetti per demolire gli immobili che non vengono abbattuti dai Comuni,
- sanzioni più severe per chi, violando la legge, consente l’allaccio delle utenze agli abusivi;
- più risorse per le demolizioni decise dalle amministrazioni locali e dalla magistratura;
- incentivi ai Comuni per rispondere ai milioni di domande di condono ancora senza risposta”.
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