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Una sentenza che sembra destinata a fare rumore, soprattutto alla luce delle conseguenze decisamente “pesanti” che essa potrebbe avere sulle casse comunali. Parliamo di una pronuncia della Quinta Sezione Civile del Tribunale di Napoli relativa a una controversia di carattere tributario tra un cittadino ischitano, difeso dall’avvocato Carmine Bernardo, e la società Area srl. Quest’ultima, concessionaria per la riscossione dei tributi per il Comune di Ischia, con un atto di pignoramento aveva ordinato alla Unicredit di pagare direttamente a suo favore un importo pari a euro 16.875,82 per il mancato pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti, per l’anno 2014. L’utente fece opposizione davanti al giudice dell’esecuzione, il quale con un’ordinanza rigettò l’istanza di sospensione, ritenendo legittima l’azione della società concessionaria della riscossione. Ecco quindi la nuova istanza davanti al Tribunale, dove il cittadino rappresentato dall’avvocato Bernardo ha lamentato innanzitutto il difetto di legittimazione attiva della società Area srl, e poi il difetto di competenza territoriale della stessa concessionaria.

La V Sezione civile del Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso dell’avvocato Carmine Bernardo, ritenendo “carente di potere” l’organo dirigenziale che nel 2019 aveva affidato alla società Area srl l’attività di riscossione mediante pignoramento di un credito risalente alla Tari non versata da un cittadino nel 2014

In relazione al primo punto, il cittadino contesta in particolare la legittimità della determina con cui era stato conferito l’incarico alla società Area, determina adottata dal Dirigente responsabile del servizio Entrate e Tributi del comune di Ischia il 4 aprile 2019, contestazione fondata sul fatto che la materia sarebbe di competenza necessaria del Consiglio comunale: infatti, secondo la tesi dell’utente, sarebbe ancora vigente l’incarico della società in house Genesis Spa per la gestione, liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali, affidato appunto con delibera del Consiglio comunale nel giugno 2001 per la durata di trent’anni, e quindi l’aver assegnato all’Area l’attività di riscossione, anziché essere considerata un semplice supporto alla Genesis, era da considerarsi una illegittima sostituzione, violando le regole che disciplinano le attribuzioni degli organi degli enti locali.

Nella sentenza il collegio composto dai magistrati Cataldi, Cannavale e Ciccarelli hanno ritenuto fondata l’istanza, e anzi hanno accolto le tesi del legale di fiducia del cittadino. I giudici scrivono infatti che l’attività di accertamento e riscossione delle entrate è da classificarsi come servizio pubblico compreso nelle attribuzioni del Consiglio comunale, mentre l’affidamento in questione era stato attribuito con determina del dirigente. E il fatto che tale servizio risulta affidato in concessione in via meramente sperimentale, per un periodo limitato ed entro una soglia determinata, non costituisce tuttavia un elemento in grado di derogare alle attribuzioni degli organi dell’ente locale. Inoltre, i giudici non mancano di tener presente come l’art. 107 del Tuel attribuisca al dirigente la regolamentazione della direzione e gestione tecnica del servizio affidato, oltre alla stipula di contratti. Tuttavia, nel caso in questione, la portata omnicomprensiva dell’affidamento del servizio di riscossione induce – secondo i magistrati – ad escludere che la determina si sia limitata ad attribuire alla società Area srl un’attività di mero supporto alla partecipata Genesis o a delegare una singola fase del complesso ed articolato servizio.

Secondo i giudici l’atto va “disapplicato” con contemporanea sospensione dell’esecuzione: la sentenza mette in pericolo tutte le procedure di riscossione fondate sulla determina dirigenziale del 4 aprile 2019, con le prevedibili conseguenze a livello finanziario per l’ente

Non solo: la determina dirigenziale dà atto che l’affidamento del servizio in favore della società Area risulta indotto dalla sussistenza in capo a quest’ultima, diversamente dalla partecipata Genesis S.p.a., dei presupposti per esercitare l’attività coattiva della riscossione, vale a dire dell’iscrizione all’albo di cui all’art 53 D. Lgs. n. 446/1997 relativo ai soggetti che effettuano la gestione delle attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate degli enti locali. Eppure, si legge nella sentenza, la bontà del presupposto non legittima l’adozione del provvedimento ad iniziativa di organo non legittimato. In definitiva, la determina su cui si fonda l’atto impugnato appare adottata da organo dell’ente carente di potere. Di conseguenza accogliendo il motivo di reclamo, secondo i giudici l’atto amministrativo va “disapplicato” in via incidentale, e al contempo va sospesa l’esecuzione promossa in ragione del pignoramento esattoriale.

Detto della sentenza, è evidente che le sue conseguenze possono essere dirompenti: una volta dichiarata la “carenza di potere” del dirigente che ha emesso la determina di affidamento del servizio (risalente, lo ricordiamo, al 2019) tutti i tributi riscossi con tale procedimento tornerebbero in discussione, con le prevedibili ripercussioni (a voler essere eufemistici) sulle finanze dell’ente.

 

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