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TREVISO La partita non è chiusa. Ne è convinta la Procura di Treviso che, nonostante la pronuncia della Cassazione sull’annullamento con rinvio alla Corte d’appello di Venezia della sentenza di condanna a 6 anni e 2 mesi di reclusione inflitta in secondo grado a Luigi Compiano per il crac della North East Services di Silea, possa ancora configurarsi il reato di bancarotta fraudolenta e non il più lieve (peraltro già prescritto) di appropriazione indebita aggravata. Nelle 30 pagine di motivazioni, gli Ermellini, dichiarando inammissibili 14 dei 15 punti del ricorso presentati dall’avvocato Piero Barolo, nell’accogliere l’unica istanza della difesa scrivono infatti che «la sentenza impugnata presenta lacune e aporie motivazionali che non rendono sufficientemente delineato il ragionamento che ha condotto la Corte territoriale a ritenere che si sia trattato di bancarotta patrimoniale e non già di appropriazione indebita, come ritenuto dal Giudice dell’udienza preliminare allorché aveva riqualificato l’originaria contestazione secondo l’articolo 216 della legge fallimentare».

LE MOTIVAZIONI

L’impianto accusatorio del sostituto procuratore Massimo De Bortoli dunque sembra ancora reggere. Anche se per l’avvocato Barolo la pronuncia degli Ermellini apre una partita diversa, ovvero quella legata al denaro. Decisiva sarà in ogni caso la nuova sentenza della Corte d’appello. Il quadro, comunque, non è così semplice da decifrare. Di certo c’è che sul piatto ci sono circa 30 milioni di euro, a cui si arriva dalla somma ricavata dal curatore fallimentare Sante Casonato dopo l’asta del novembre 2016 (in tutto 817 lotti tra auto di lusso, moto, biciclette e barche), che ha fruttato oltre 45 milioni di euro, a cui vanno sottratti i poco più di 17 milioni di euro già finiti nelle casse dello Stato per ripianare i debiti legati all’Iva e contratti da Luigi Compiano. La parte restante, ovvero i circa 30 milioni di euro, sarebbero dovuti rimanere nella disponibilità del curatore fallimentare per chiudere la pratica bancarotta. Essendo quel reato cassato dai giudici romani, secondo l’avvocato Barolo, che ha intenzione di promuovere un’azione civile, spetterebbero alle società del gruppo Compiano in quanto le auto erano intestate proprio alle società satellite (tra cui, ad esempio, Autocom, Assitel e Istituto di Vigilanza Compiano) e, anche se fallite, sono tutte in bonis, ovvero hanno pagato tutti i creditori.

LA BATTAGLIA

Ecco dunque che l’eccedenza tra il ricavato dell’asta e il pagamento dei debiti con l’erario e lo Stato apre le porte alla riconsegna del denaro alle società, con successiva divisione delle somme tra i soci. E tra questi, con quote ben oltre la maggioranza, c’è proprio Luigi Compiano. Che dunque, dopo essere finito sotto accusa per aver sottratto 36 milioni di euro dal caveau della Nes, vuole tornare in possesso del denaro che gli è stato congelato dalla magistratura nel corso degli anni. Non solo: anche di vedersi revocare le confische. A partire dalla villa di via Ugo Bassi in cui vivono l’ex moglie e il figlio, a cui si aggiungono i conti correnti intestati all’ex patron della Nes. Ma la vicenda è ancora in fieri. Il difetto di motivazione, però, non presuppone che il reato di bancarotta venga a cadere.

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