Minimo impignorabile sul conto corrente: quando scatta il blocco.
Esiste un limite al pignoramento delle somme depositate in banca? Quale cifra non può essere pignorata sul conto corrente? La risposta dipende dal lavoro che fai, o meglio dalla natura dei redditi accreditati sul conto stesso. Come vedremo a breve, infatti, la legge prevede un trattamento di favore per gli accrediti derivanti da rapporto di lavoro dipendente e per quelli di natura pensionistica.
Cerchiamo dunque di comprendere per quale somma scatta il pignoramento, come viene comunicato il pignoramento del conto e quando scatta il blocco.
Qual è il valore minimo per il pignoramento del conto corrente
Non esiste un limite al di sotto del quale un creditore non possa procedere al pignoramento del conto. E ciò vale sia per i creditori privati (come ad esempio la controparte di un processo, una finanziaria, la società di leasing, ecc.) che per quelli pubblici (ossia le società di Riscossione esattoriale o Agenzia Entrate Riscossione).
Pertanto, se una persona ha un debito di 200 euro potrebbe ugualmente subire il pignoramento del proprio conto nonostante la cifra irrisoria. È chiaro però che detto pignoramento si estenderà solo al debito aumentato della metà onde coprire gli interessi e le spese di procedura. Quindi, nell’esempio precedente, il pignoramento potrà arrivare a massimo 300 euro (200 + la metà di 200).
Come viene comunicato il pignoramento del conto e quando scatta il blocco?
Prima di spiegare quale cifra non può essere pignorata sul conto dobbiamo dare alcune importanti informazioni sulla procedura. Questa, infatti, serve per comprendere se e quando non è più possibile utilizzare il proprio conto.
Prima di intraprendere il pignoramento del conto corrente il creditore deve:
- notificare al debitore il cosiddetto titolo esecutivo: può essere una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo. Questo adempimento non è invece necessario per i cosiddetti “titoli stragiudiziali”, ossia atti diversi da quelli emessi da un giudice. Tali sono ad esempio le cartelle esattoriali, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, le cambiali e gli assegni protestati, l’atto di mutuo firmato dinanzi al notaio; gli attestati di credito della SIAE;
- notificare al debitore il cosiddetto atto di precetto: si tratta di un ultimo avvertimento a pagare entro 10 giorni. Tale atto perde efficacia dopo 90 giorni e, per giustificare il pignoramento, andrà rinotificato;
- notificare sia alla banca che al debitore l’atto di pignoramento, con il quale l’ufficiale giudiziario intima al terzo (la banca) e al debitore di non disporre delle somme pignorate. È proprio con quest’atto che il debitore viene a sapere che il suo conto è stato “bloccato” (almeno per le somme per cui il creditore sta procedendo nei suoi confronti). Tali somme vengono trattenute dall’istituto di credito in attesa dell’udienza dinanzi al giudice. In quell’occasione, il Tribunale ordinerà alla banca di versare le somme in questione al creditore.
Cosa succede in caso di pignoramento del conto corrente?
Se il conto corrente contiene
somme inferiori rispetto a quelle per le quali il pignoramento viene intrapreso, lo stesso rapporto viene bloccato: il correntista non potrà eseguire alcun prelievo o pagamento. Anzi, tutti i successivi bonifici in entrata verranno trattenuti dalla banca per poterli poi versare al creditore procedente (previo ordine del giudice).
Viceversa, se il conto ha una capienza superiore al debito, il correntista potrà usare le somme eccedenti a quelle pignorate. Tuttavia, da un estratto conto, egli non troverà più l’accredito degli importi pignorati: in pratica, tali soldi risulteranno come “spariti”.
Qual è l’importo minimo non pignorabile?
Vediamo ora quale cifra non può essere pignorata. A riguardo dobbiamo operare un’importante differenza tra:
- conti correnti di professionisti, imprenditori, autonomi, studenti, disoccupati, Partite Iva e co.co.co.;
- conti correnti di lavoratori con contratto di lavoro dipendente e pensionati.
Solo per i secondi infatti viene prevista una soglia di impignorabilità del conto
, almeno per quanto riguarda le somme che sono già depositate al momento della notifica del pignoramento. Per i primi, invece, il conto può essere pignorato per intero.
Facciamo un esempio pratico. Marco ha un contratto di prestazione occasionale con un’azienda. Antonio è un procacciatore di affari con Partita Iva. Samuele è un agente di commercio monomandatario. Tutti e tre ricevono mensilmente i compensi da parte del committente. Ebbene, in caso di pignoramento del conto la banca potrà trattenere tutte le somme ivi depositate, senza lasciare loro nemmeno lo stretto indispensabile per vivere.
Lo stesso discorso vale anche per i disoccupati, gli studenti, le casalinghe, i professionisti, i conti delle società, delle associazioni, delle ditte individuali, degli imprenditori.
Tuttavia è bene precisare che, una volta che il giudice emette il decreto di trasferimento delle somme pignorate in favore del creditore, il conto viene automaticamente svincolato e il debitore potrà continuare a ricevere ulteriori accrediti. Egli potrebbe tuttavia subire un ulteriore pignoramento, se quello precedente non ha coperto l’intero credito.
Diverso, invece, è il discorso per i conti correnti di appoggio di stipendi e pensioni. Per questi vige una disciplina speciale.
Innanzitutto il Codice di procedura civile prevede la possibilità di pignorare solo le somme depositate in banca o alle Poste che, alla data di notifica dell’atto di pignoramento, eccedono il triplo della misura dell’assegno sociale (per come rivalutato annualmente). Al di sotto di tale importo, il pignoramento non è possibile. Anche qui ci aiuterà un esempio pratico.
Per l’anno 2024, l’assegno sociale è pari a 534,41 euro. Il triplo quindi corrisponde a 1.603,23 euro. Dunque, un conto con una giacenza pari o inferiore a tale ammontare non può essere pignorato. Saranno invece pignorabili i successivi accrediti dello stipendio o della pensione, ad eccezione solo dell’ultimo, quello cioè immediatamente dopo il pignoramento (da ritenersi intoccabile al fine di garantire al debitore la sopravvivenza).
Si possono pignorare per intero solo le somme che superano tale “minimo impignorabile”.
Facciamo un esempio. Tizio ha un conto con 2.000 euro in giacenza per stipendi accumulati. Il creditore potrà pignorare solo la differenza tra 2.000 euro e 1.603,23 euro: ossia 396,77 euro.
Quanto poi alle successive mensilità a titolo di stipendio o pensione, queste potranno essere pignorate solo entro i seguenti limiti:
- stipendi, TFR e altre somme vantate da lavoratori dipendenti: sono pignorabili fino a un massimo di un quinto del netto;
- pensioni: sono pignorabili fino a un massimo di un quinto del netto, detratto prima il cosiddetto “minimo vitale”. Quest’ultimo, operante solo per le pensioni, è pari al doppio dell’assegno sociale (per il 2024: 534,41×2 = 1.068,82 euro). Pertanto, su una pensione di 1.800 euro si potrà pignorare solo il 20% (un quinto) di 731,18 (ossia la differenza tra 1.800 e 1.068,82 euro).
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