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Torna ai domiciliari l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli che stamattina è stato arrestato dalla Nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza. Su richiesta della Dda di Catanzaro, infatti, il gip Chiara Esposito ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’avvocato e politico condannato meno di una settimana fa, in primo grado, a 11 anni di carcere per concorso esterno con la ‘ndrangheta al termine del processo “Rinascita-Scott”. Questa volta, però, il procuratore Nicola Gratteri (oggi alla guida della Procura di Napoli), il suo aggiunto vicario Vincenzo Capomolla e i pm Irene Crea, Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Buzzelli gli contestano i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto amministratore di fatto di una società già in liquidazione e, successivamente, dichiarata fallita.

La guardia di finanza ha sequestrato anche beni per circa un milione e mezzo di euro. La storia è quella della “AT Alberghiera Turistica Srl” di cui Pittelli (per il quale la Procura aveva chiesto il carcere) era socio unico e amministratore di fatto. Con lui sono indagate altre 7 persone: il commercialista Francesco Saverio Nitti, il notaio Sebastiano Panzarella, l’amministratore unico della società Caterina Concolino, gli ex amministratori unici Salvatore Domenico Galati e Monica Albano, il liquidatore Antonio Marchio e l’amministratore unico della società “Sarusi SrlRita Tirinato. Quest’ultima, assieme all’ex senatore, al notaio, al commercialista, al liquidatore e all’ex amministratore, secondo l’accusa, “nella consapevolezza dell’esistenza di un debito verso la Regione Calabria di un milione e 43mila euro”, hanno stipulato il 29 ottobre 2018 un contratto di compravendita di un terreno a Stalletì, in contrada Sarusi, in provincia di Catanzaro, tra la “AT Alberghiera Turistica Srl” in liquidazione e la “Sarusi Srl”, una società costituita ad hoc e che, secondo gli investigatori guidati dal colonnello Daniele Tino, è riconducibile allo stesso Pittelli. L’ex parlamentare e gli altri indagati in questo modo hanno distratto l’unico bene che serviva a pagare il debito con la Regione Calabria. Si tratta di un terreno adibito a uliveto per il quale “veniva convenuto il pagamento di 650mila euro mai corrisposto alla AT Alberghiera Turistica Srl”.

Di quei soldi, 250 mila euro sono “utilizzati per pagare la liquidazione del socio ‘In.Mar Srl’” receduto dalla società di Pittelli. La In.Mar è la stessa società dell’ex vicepresidente della Regione Calabria Antonella Stasi e del marito defunto Massimo Marrelli. Altri 400mila euro, invece, sono “la quota di prezzo della compravendita” utilizzata “estinguere l’ipoteca sul terreno venduto”, costituita anni addietro dalla società di Pittelli quale terzo datore di ipoteca per un debito contratto dalla società “Cromar Immobiliare”, nel frattempo fallita, e nei confronti della quale non è stava avanzata alcuna azione di regresso neppure in termini di richiesta di ammissione allo stato passivo del fallimento. In sostanza, la Cromar avrebbe dovuto pagare 800mila euro alla società di Pittelli ma quest’ultimo non ha mai richiesto quei soldi nonostante il debito di oltre un milione di euro con la Regione Calabria derivante dall’anticipo di un contributo pubblico ottenuto nel 2005 per la realizzazione di un complesso alberghiero. Contributo mai restituito all’ente pubblico, nemmeno dopo aver rinunciato al progetto. “Pur nella consapevolezza dello stato di dissesto dell’AT Alberghiera Turistica e dell’esistenza di un debito verso la Regione Calabria di un milione e 43mila euro – si legge nel capo di imputazione – distraevano la somma di 824mila euro, credito verso la società ‘Cromar Immobiliare’, successivamente fallita, per un finanziamento infruttifero stipulato il 21 luglio 2005, non richiedendone la restituzione e non insinuandosi allo stato passivo del fallimento della società debitrice”.

L’indagine sulla bancarotta contestata a Pittelli nasce da alcune intercettazioni registrate nell’ambito dell’inchiesta “Rinascita-Scott”. In particolare quelle tra il commercialista Nitti e l’ex senatore di Forza Italia. Discutendo della costituzione della società che doveva acquistare il terreno, Pittelli si era posto il problema del debito con la Regione Calabria: “Possibile – si domanda l’ex parlamentare – che dopo 7 anni, dopo 10 anni si svegliano di nuovo”. “Secondo me nasce fuori un contenzioso interminabile anche perché… qui è un finanziamento che vale per immobili”. “Albergo”. “Se l’albergo è stato realizzato allora tu avevi il vincolo di venderlo nei dieci anni”, “La revoca è del 2008 il finanziamento e l’ingiunzione del 2012… dall’ingiunzione di pagamento, ti fanno revoca e ingiunzione di pagamento e da lì scatta la prescrizione ovviamente”. “Se non vogliamo fare neanche correre responsabilità a precedenti governance – sono le istruzioni del commercialista – noi possiamo fare un’altra cosa… la teniamo parcheggiata in liquidazione con questo debito senza chiuderla, la teniamo… liquidazione e basta, in modo tale che non facciamo nessun reato, se invece la cancelliamo dal Registro delle Imprese… la truffa… noi invece facciamo, facciamo tutto quello che cazzo devi fare in modo tale che lo sposti una volta per sempre, poi il liquidatore convocherà assemblee e i soci non andranno alle assemblee”. Pittelli è d’accordo e chiede al commercialista come procedere: “Va bene chi mi dai di liquidatore? Uno del tuo studio deve essere”. “Un praticante”. “Basta, allora …la società te la sei presa già la Sarusi tu?”. “Si, la Sarusi ha fatto, adesso mando a Rita le pec, ho attivato la pec… me la vedo io, parlo con Rita”. Rita è Tirinato, l’amministratore unico della “Sarusi”. In realtà è anche la segretaria dello studio legale dell’ex senatore che teneva il 50% delle quote mentre l’altro 50% erano della società “Magifin Immobiliare Srl”, facente capo a Maurizio Sacchi, il “re dei diamanti” coinvolto, in passato, in una truffa milionaria dove sarebbero stati raggirati vip come il cantante Vasco Rossi e Federica Panicucci.

Ritornando all’inchiesta della guardia di finanza di Catanzaro, tra gli atti depositati dalla Procura per chiedere l’arresto di Pittelli ci sono pure le dichiarazioni di uno degli indagati Antonio Marchio, il liquidatore dell’ “AT Alberghiera Turistisca Srl” il quale non è altro che il praticante del commercialista amico dell’ex senatore. In questo modo Pittelli ha di fatto gestito tutto: la nuova era amministrata dalla sua segretaria mentre la vecchia in liquidazione era in mano al collaboratore del suo commercialista. Il liquidatore Marchio appunto che, quando ha ricevuto la convocazione del curatore fallimentare nominato dal Tribunale di Catanzaro, si accorse dei problemi in cui si era infilato. “Ti giuro che mi butto dal ponte. Sono disperato” è il messaggio che Marchio ha inviato al suo dominus Nitti il quale, stando al suo racconto, non lo aveva informato del debito della società di Pittelli con la Regione Calabria. “Stanco della situazione, – si legge nel verbale delle dichiarazioni rese del liquidatore alla guardia di finanza – dissi a Nitti che volevo andar via in quanto sulla società pendeva il debito per la cartella esattoriale della Regione e il debito Iva. Nitti si mostrò contrariato e mi disse che non avevo fiducia in lui e non apprezzavo l’opportunità di crescita professionale che mi aveva dato”.

Per il gip Chiara Esposito “la condotta distrattiva risulta incontrovertibilmente provata”. Secondo i pm, inoltre, Pittelli e gli ex amministratori unici della società “AT Alberghiera Turistica” avrebbero sottratto e distrutto le scritture contabili in modo “da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari”. Per quest’ultimo reato, però, “non è emersa prova sufficiente né della condotta di sottrazione o falsificazione delle scritture contabili, né dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione” da parte degli inquirenti. “Il Pittelli, – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – infatti, ha dato prova di forte capacità di prosecuzione nella condotta delittuosa, avendo continuato a gestire, di fatto, le società di cui erano rappresentanti legali soggetti a lui vicini, ed avendo posto in essere una serie di condotte distrattive. Tale elemento connota di particolare concretezza e attualità il rischio di ricaduta criminosa, avendo dato l’indagato prova di essere già ‘ricaduto’, più volte, nel crimine”.

 

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