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LECCE – Già in precedenti articoli abbiamo approfondito il tema delle gravi difficoltà di chi negli anni passati ha contratto mutui a tasso variabile e che oggi, a causa dell’esplosione dei tassi di interesse, si trova in estrema difficoltà nel pagamento delle rate mensili, in molti casi più che raddoppiate nel giro di soli dodici-diciotto mesi.

Tra le conseguenze più drammatiche per chi affronta situazioni del genere, c’è quella di perdere tutto a causa dei pignoramenti da parte dei creditori.  Ma in soccorso del consumatore, esistono degli strumenti giuridici, illustrati in questa intervista dall’avvocato Antonio Maria Manco.

Avvocato, chi non è in grado di pagare con regolarità le rate del mutuo, magari a causa della crescita incontrollata dei tassi di interesse, rischia davvero di perdere tutto? 

“La domanda è legittima. Basti pensare che, solo nella provincia di Lecce, si contano non meno di 430 abitazioni pignorate e soggette ad asta pubblica. Notevole è anche il numero degli immobili commerciali, artigianali e industriali, anch’essi in vendita per via giudiziaria. Oltretutto la situazione sembra destinata a peggiorare e vedremo probabilmente aumentare il numero degli immobili pignorati a causa del fatto che molte famiglie non possono più onorare i propri debiti, dopo aver anche esaurito tutti i risparmi accantonati”.

Quando può ritenersi valida la regola dell’impignorabilità della prima casa?

“Il divieto di pignoramento della prima casa vale solo quando il debito è nei confronti di Agenzia delle Entrate, INPS o di altri enti pubblici. La prima casa può invece essere senza dubbio posta in vendita mediante asta giudiziaria ogniqualvolta il debito sia di natura privata e, dunque, anche quando il creditore procedente è una banca o una finanziaria. In tali casi la legge non prevede nessun particolare limite in favore del debitore”.

Una volta che il mutuo viene revocato cosa succede normalmente?

“Quando la banca non ritiene più tollerabili i ritardi di pagamento (di solito ciò avviene quando ci si arretra di 7 o 8 rate, ma non c’è una regola assoluta), viene notificata, da parte dell’istituto, la revoca dal beneficio del termine. In altre parole, il contratto di mutuo è revocato e viene così richiesto al mutuatario l’immediato pagamento dell’intero debito. È questo, si può dire, il punto di non ritorno”.

A partire da questo momento, la banca può utilizzare il contratto come titolo immediatamente esecutivo e quindi notificare al debitore prima l’atto di precetto e, poi, già dopo soli dieci giorni, l’atto di pignoramento dell’immobile ipotecato. Dopodiché, una volta fatta la stima di valore dell’immobile, questo viene posto in vendita attraverso asta giudiziaria”.


Cosa può fare il debitore?

“Le difese possibili per il debitore sono diverse e vanno valutate in base al caso specifico. Innanzitutto, vi è normalmente la possibilità di formulare una proposta di saldo e stralcio con l’istituto bancario, mediante proposta transattiva che preveda il pagamento in misura ridotta del debito. In tali casi – se le circostanze specifiche lo consentono – si possono risparmiare anche somme importanti, ma è ovvio che un’operazione di questo tipo richieda una disponibilità finanziaria comunque importante, che il debitore quasi certamente non ha, salvo eventuali aiuti esterni”. 

L’altra ipotesi è quella della conversione del pignoramento, consistente nella possibilità per il debitore di richiedere al giudice che il pagamento del debito complessivo possa essere effettuato in 48 rate mensili, con acconto pari ad almeno 1/6 del debito. Anche in questo caso, com’è evidente, sono necessarie ingenti risorse economiche”.

E se il debitore non disponesse di somme adeguate a soddisfare queste soluzioni?

“La legge fortunatamente prevede dei ‘paracadute’ che consentono al proprietario dell’immobile in asta di evitare il peggio, anche in situazioni apparentemente disperate. Se si ricopre la qualifica di consumatore, è possibile salvare la casa in asta perlomeno fino a quando la procedura di vendita è ancora in corso e la casa non è stata assegnata ad un eventuale acquirente. È possibile cioè – fino all’ultimo minuto utile – proporre un piano di risanamento del debito ai sensi del nuovo Codice della crisi, che preveda il pagamento dilazionato del debito, mediante la previsione di rate finalmente sostenibili per le capacità reddituali del debitore e, quindi, non più soggette agli alti e bassi del mercato del credito”. 

Ci sta dunque dicendo che è possibile far “tornare in vita” un mutuo anche quando questo è stato revocato dalla banca?

“Da un punto di vista giuridico non è esattamente così, però a grandi linee può essere questa una spiegazione valida per far comprendere il senso complessivo del discorso”.

Ci spiega come funziona?

“Come dicevo, una volta proposto il piano di risanamento, se questo, in via preliminare, viene giudicato come meritevole da parte del giudice, l’asta giudiziaria è sospesa. Una volta omologato, quindi, il piano diviene vincolante anche per la banca e per tutti gli altri eventuali creditori, che devono sottostare alle previsioni del piano stesso.

Non solo. È frequente che anche il debito da pagare in favore della banca ipotecaria alla fine risulti – in base al piano approvato – inferiore rispetto all’ammontare del credito che l’istituto dichiara di avere. Ciò avviene, ad esempio, quando alla casa ipotecata sia stato assegnato un valore economico minore rispetto all’ammontare del credito bancario, magari a seguito di ribassi in asta”.

Ci fa un esempio?

“Se il credito della banca è quantificato in 100mila euro e il valore della casa (magari a seguito di ribassi in asta) è divenuto pari a 60mila euro, sarà solo quest’ultima (però a determinate, ulteriori, condizioni) la somma da restituire in favore dell’istituto bancario, possibilmente secondo un piano di ammortamento pluriennale”.

Insomma, sembra la soluzione ideale…

“È chiaro che, per ragioni di chiarezza espositiva, il discorso fatto è stato decisamente (spero non troppo) semplificato. Non esistono in effetti scorciatoie magiche o percorsi privilegiati per affrontare le gravi problematiche del debito che attanagliano sempre più pesantemente le famiglie italiane”.

“Se da un lato occorre evitare che la disperazione prenda il sopravvento, dall’altro lato si corre il rischio che chi si trova in difficoltà finanziarie si affidi a soggetti che promettono con troppa facilità risultati strabilianti facendo intendere che la soluzione è in qualche modo “scontata”. Non è così e, giustamente, i Tribunali – quello di Lecce in primis – sono sempre più attenti a calibrare con equilibrio le ragioni dei creditori e quelle dei debitori e a non consentire abusi o superficialità di nessun tipo”. 

“Ciò detto, è certamente utile far conoscere, per quanto possibile, gli strumenti giuridici che l’Ordinamento italiano pone a tutela del consumatore, tanto più in un periodo storico critico quale è quello in corso”.

 

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