Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoagevolazioni
Agevolazioni
Post dalla rete
Vendita Immobili
Zes agevolazioni
   


Alla luce della ricostruzione sin qui svolta, l’interrogarsi sui termini di operatività del principio di adeguatezza organizzativa all’impresa in liquidazione giudiziale si traduce nell’esigenza di prendere posizione circa la riconducibilità di quest’ultima all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 2086 c.c., a cui conseguirebbe l’obbligo di adottare gli assetti richiesti dalla natura e dimensioni dell’impresa, non risultando le condizioni di dissesto di quest’ultima o le finalità della procedura concorsuali indici idonei a giustificare, sul piano normativo, una graduazione degli interventi da porre in essere. 

Il dato da cui muovere è che, nell’art. 2086 c.c., l’ambito soggettivo di applicazione assume a termine di riferimento l’imprenditore e, segnatamente, quello che opera in forma collettiva o societaria e tale non è il curatore. In merito, possono essere svolte due ordini di considerazioni.   

In primo luogo, vale osservare che dalla prosecuzione dell’impresa del debitore non consegue il riconoscimento della qualità di imprenditore in capo al curatore. Nel Codice della crisi non si rinvengano indici per mettere in discussione la conclusione cui era pervenuta la riflessione maturata sotto la previgente normativa[47] sull’assunto che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il curatore “nell’espletamento della sua pubblica funzione, non si pone come successore o come sostituto necessario del datore di lavoro-fallito”[48], che almeno formalmente continua a essere l’imprenditore. 

Al contempo, non può essere trascurato che il curatore svolge le funzioni di “capo dell’impresa” (art. 2086, comma 1 c.c.) e dunque, sul piano sostanziale, potrebbe essere considerato alla stregua di un imprenditore. Rimane, tuttavia, che le modalità di esercizio dell’attività non esprimono né danno origine a una organizzazione imprenditoriale in forma collettiva o societaria. 

Il Codice della crisi ha mantenuto la prospettiva patrimoniale, che contraddistingueva la legge fallimentare[49], prevedendo che lo spossessamento ex art. 142 CCII operi nei confronti “dell’amministrazione e della disponibilità (…) dei beni” del debitore[50]. Ancorché si convenga pacificamente che, a seguito di disposizioni come quella dell’art. 264 CCII nella nuova disciplina sia da considerarsi superato il principio di neutralità organizzativa[51], è tuttavia altrettanto oggettivo che, nell’esercizio dell’impresa, il curatore operi in autonomia, risultando terzo rispetto al debitore e, laddove quest’ultimo abbia una struttura di tipo corporativo, ai relativi organi di governo, che peraltro rimangono in carica in pendenza della procedura, risultando anche legittimati ad intraprendere una nuova impresa[52]. Dunque, nel caso in cui il debitore si connoti per una organizzazione a carattere collettivo o societario, è da escludere che la prosecuzione dell’impresa da parte del curatore possa, come tale, sostanziare i requisiti soggettivi richiesti ai fini dell’applicazione della disciplina ex art. 2086 c.c.. La sua posizione è, piuttosto, assimilabile a quella dell’imprenditore individuale, stante il diretto coinvolgimento nell’organizzazione dell’impresa. 

Ciò posto, è evidente che anche tali rilievi risultano superabili laddove si aderisca all’impostazione che ritiene che la disciplina ex art. 2086 c.c. sia espressione di un generale principio di adeguatezza organizzativa, destinato a operare con riferimento a tutte le fattispecie di esercizio dell’impresa, compresa quella condotta a titolo individuale.   

A tale riguardo, è comunque possibile svolgere alcune notazioni, con ciò venendo al secondo ordine di considerazioni, che attengono al piano sistematico. 

Nella dottrina giuscommercialistica, il principio di adeguatezza organizzativa viene considerato espressione e conferma della tendenza, progressivamente affermatasi a livello di sistema, a riconoscere la impresa quale “organizzazione funzionale alla realizzazione di un fine predeterminato”: tale fine sarebbe individuabile “in primo luogo” nella remunerazione del capitale investito. In questa prospettiva, l’art. 2086, comma 2, c.c. avrebbe la funzione di “far sì che l’impresa possa stare in modo efficiente nel mercato”[53]. 

Si tratta di una indicazione che trova compimento nella riflessione che, nell’ambito della letteratura aziendalistica, ha sottolineato come l’introduzione della disciplina sia stata associata alla rettifica del titolo dell’art. 2086 da “Direzione e gerarchia dell’impresa” in “Gestione dell’impresa”, una rettifica che non avrebbe un valore solo nominalistico: “posto che è la gestione continuativa dell’impresa l’oggetto di interesse e di tutela, in quanto aperta ai rischi appare quindi coerente, dal punto di vista aziendalistico, la previsione normativa di un dovere di salvaguardarla, ricorrendo ai fondamentali supporti organizzativi e informativi, che secondo la triplice articolazione degli Studi Aziendali, tradizionalmente sostengono in maniera sinergica la gestione stessa e che da essa ritraggono le specificità per la loro propria configurazione”[54].   

Così ragionando, non può essere trascurata la diversa condizione che contraddistingue il fenomeno imprenditoriale nell’ambito della liquidazione giudiziale. 

Nella disciplina ex art. art. 211 CCII la conservazione dell’impresa non rappresenta un valore in sé, risultando piuttosto strumentale al miglior soddisfacimento dell’interesse dei creditori[55], potendo considerarsi anche una programmazione in perdita laddove, comunque, in grado di assicurare un maggior introito dalla vendita[56]. 

Su questo piano la prosecuzione viene, tipicamente, in considerazione in funzione dell’allocazione dell’azienda sul mercato, anche se non appare del tutto convincente l’assunto secondo il quale, alla luce della disciplina dettata dall’art. 214 CCII sulla vendita, “il legislatore ha preso atto che i creditori sono meglio soddisfatti, anche nella liquidazione giudiziale, da una cessione unitaria del complesso aziendale anziché da una vendita frazionata dei beni: e ciò non soltanto perché la prima assicura un maggiore ricavato rispetto alla seconda, ma anche perché implica la permanenza sul mercato di un complesso produttivo”[57]. In realtà, nell’art. 214 CCII non è dato registrare alcuna scelta preferenziale tra la cessione unitaria e la liquidazione atomistica dei beni, essendo piuttosto prescritta la comparazione di convenienza nell’ottica della maggiore soddisfazione dei creditori. 

Dunque, la cessione in blocco dell’azienda va considerata quale esito probabile ma non vincolante della gestione curatoriale, non potendosi, ad esempio, escludere che possa risultare economicamente più conveniente procedere alla dimissione dei singoli beni. D’altra parte, la finalizzazione dell’impresa alla cessione sul mercato è, espressamente, contemplata solo nell’art. 212 CCII a proposito dell’affitto di azienda (comma 1)[58] ed è solo nell’ambito di detta disciplina che tra i criteri selettivi di aggiudicazione è prevista l’attendibilità del piano di prosecuzione dell’attività imprenditoriale (comma 2), nulla risultando al riguardo in quella sulla vendita. In questo ordine di idee, a ben vedere, la gestione curatoriale può trovare giustificazione anche nell’esigenza di evitare il depauperamento delle risorse produttive, sia con riferimento alla consistenza materiale e giuridica, come per la merce immagazzinata o le licenze, che alla capacità di produrre attivo, come a seguito del completamento del ciclo produttivo o della distribuzione[59]. 

Si comprende allora, già sulla base di questi rilievi, la difficoltà di intendere le dinamiche dell’impresa in liquidazione giudiziale mediante i paradigmi dell’interesse alla gestione continuativa nonché di quello alla sua efficace permanenza sul mercato che, secondo la sopracitata dottrina, trovano tutela nella prescrizione di adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 c.c.. Nella disciplina sulla liquidazione giudiziale, detti interessi non hanno riconoscimento in quanto tali, ma nella misura in cui risultano strumentali alla finalità satisfattiva che contraddistingue la procedura. 

Per convincersi di ciò vale ricordare che la sede elettiva per la pianificazione della prosecuzione dell’attività del debitore è il programma di liquidazione e che la gestione da parte del curatore ha il suo quadro normativo di riferimento in quello di ordine generale dettato per conduzione della procedura: il comma 8 si limita a stabilire la prosecuzione dei “contratti pendenti”, salvo che il curatore intenda sospenderli o scioglierli in quanto non funzionali alla continuità[60]. Ciò, indubbiamente, implica la possibilità di avvalersi di strumenti, come la moratoria nel pagamento dei debiti anteriori e il recesso dai contratti in corso, che non sono disponibili all’impresa ordinaria[61], ma, per converso, si registra l’interdizione ex art. 211, comma 10, alla partecipazione da parte dell’impresa in liquidazione giudiziale alle procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi e di esserne affidataria in subappalto[62]. E, più in generale, è agevole constatare come l’impianto della procedura sia carente di disposizioni preordinate a favorire la continuità dell’impresa come, ad esempio, quelle degli artt. 94.bis e 100 CCII che, nell’ambito del concordato preventivo, interdicono le clausole c.d. ipso facto e consentono di pagare i crediti anteriori essenziali alla prosecuzione dell’attività.  

Con tali limitazioni si vuole evitare di esporre oltremodo la gestione al rischio di impresa, anche in ragione della prededuzione che genera[63], ma sembra chiaro che l’attività risulta assoggettata a vincoli talmente rigorosi – non ultimo il regime tutorio che presiede gli atti del curatore ex art. 132 CCII [64]– che appare incongrua una sua assimilazione a quella esercitata dall’imprenditore in bonis.  

Il punto è che le ragioni e le finalità dell’esercizio dell’attività di impresa nell’ambito della procedura di liquidazione giudiziale rispondono a logiche affatto differenti rispetto a quelle che connotano il fenomeno nella sua ordinarietà. C’è, perciò, da dubitare che l’assoggettamento al principio di adeguatezza organizzativa possa trovare giustificazione nella ratio della disciplina ex art. 2086 c.c.. 

In questi termini, le riserve sopra espresse in ordine alla riconducibilità del curatore nell’ambito soggettivo della disciplina, non rivestendo la qualità di imprenditore e, comunque, non essendo il suo un esercizio in forma societaria o collettiva, meritano di essere riconsiderate. Nel momento in cui l’esigenza di conformare gli assetti dell’impresa in liquidazione giudiziale non sembra trovare un chiaro fondamento a livello esegetico e sistematico non può essere ignorato che gli oneri e le tempistiche richieste per dare attuazione al dispositivo ex art. 2086 c.c. sono in grado di incidere negativamente sulla valutazione di convenienza a cui è subordinata l’autorizzazione ex art. 211 CCII e, in ultima analisi, sulla stessa possibilità di avvalersi dell’impresa del debitore quale risorsa e strumento per la realizzazione delle finalità proprie della liquidazione giudiziale. Significativo è che anche con riferimento alla impresa in bonis in dottrina si dubiti che i costi richiesti per l’attuazione del disposto ex art. 2086 c.c. possano pregiudicare gli atti di gestione[65]. 

Al contempo, è indubbio che la adozione di una adeguata organizzazione rappresenta “un indispensabile sostegno per l’impresa, nel senso che la predispone e la prepara agli eventuali colpi avversi della sorte, alle situazioni congiunturali più varie”[66]. Una esigenza, questa, che si ripropone e risulta ancora più impellente nella gestione della impresa in liquidazione giudiziale stante lo stato di dissesto nel quale versa. Ed è, dunque, anche in quest’ottica che va sottolineato che l’inapplicabilità dell’art. 2086 c.c. non può comportare l’esonero del curatore dall’obbligo di organizzare la gestione dell’impresa con modalità (misure, processi, sistemi) rispondenti alle esigenze che il perseguimento della finalità della procedura impone. 

La componente organizzativa che contraddistingue l’impresa, in quanto tale, impone un seppur minimo livello di procedimentalizzazione dell’attività[67] e l’istituzione di una struttura adeguata a creare le condizioni per una efficiente gestione delle attività, nelle quali si articola la procedura concorsuale, risponde al criterio di diligenza a cui il curatore è tenuto a conformare l’espletamento delle proprie funzioni ai sensi dell’art. 136 CCII, risultando, peraltro, normativamente previsto che possa avvalersi di delegati e coadiutori (art. 129 CCII).    

In questo ordine di idee, è dato prospettare che il curatore sia tenuto ad adottare le misure necessarie ad assicurare non tanto una efficiente presenza sul mercato dell’impresa o la continuità della relativa gestione, quanto il soddisfacimento delle aspettative dei creditori per come definite in sede di autorizzazione della prosecuzione[68]. Se in ragione dell’art. 2086 c.c. nell’impresa in bonis, come è stato osservato, risulta centrale “l’efficienza organizzativa”, dipendendone la “efficienza economica”, [69]  con la conseguenza che la “corretta organizzazione” si pone sullo stesso piano della “corretta gestione”[70], a seguito dell’accesso alla liquidazione giudiziale il loro rapporto va inteso in senso strumentale, richiedendosi la prima nella misura in cui necessitata dalla seconda, a sua volta da definirsi secondo gli obiettivi stabiliti in sede di autorizzazione ex art. 211 c.c.[71]. Con il che i criteri della natura e delle dimensioni dell’impresa vanno intesi quali paradigmi (non già vincolati, ma) di riferimento. 

Ed è in questi termini e limiti che il curatore sarà chiamato a rispondere della sua condotta, commissiva e omissiva, dovendosi, peraltro, sottolineare che la revoca può essere disposta anche in carenza di danni ai sensi dell’art. 122, comma 1, CCII, che la contempla “per giustificati motivi”: nozione, questa, più ampia di quella di giusta causa, comprendendo le mere ragioni di opportunità[72].    

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui