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La moratoria sulle rinnovabili in Sardegna (ancora da approvare) è da considerare un freno per lo sviluppo di fotovoltaico, eolico & C. oppure è una misura necessaria per comprendere meglio la situazione e tutelare il territorio?

Abbiamo voluto rivolgere questa e altre domande a due esperti di energia e paesaggio, entrambi sardi e residenti: Emilio Ghiani, professore di Sistemi elettrici per l’energia all’Università degli Studi di Cagliari, e Mario Asquer, agronomo e presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi Forestali della Provincia di Cagliari.

Moratoria sulle rinnovabili in Sardegna: parla l’esperto di energia

Emilio Ghiani, professore di Sistemi elettrici per l’energia all’Università degli Studi di CagliariEmilio Ghiani, professore di Sistemi elettrici per l’energia all’Università degli Studi di CagliariA proposito della moratoria sulle rinnovabili in Sardegna, Emilio Ghiani la ritiene «una misura sbagliata nei modi e nella forma. La presunta efficacia si basa, secondo i promotori, sull’uso di una “finezza” lessicale, ovvero: si fa una norma per bloccare le realizzazioni e non le autorizzazioni (l’ipotesi è esplicitamente vietata dall’art. 20, comma 6, del Dlgs. 199/2021) con il rischio concreto che ciò possa causare l’avvio di azioni risarcitorie nei confronti della Regione Sardegna, senza produrre alcun effetto concreto».

Secondo il docente ed esperto di energia, lo stop previsto di 18 mesi «è un periodo brevissimo rispetto ai tempi autorizzativi, e realizzativi, che si prevedono per il futuro, date le carenze di approvvigionamento dei materiali necessari (trasformatori, quadri elettrici, cavi in media e alta tensione) per la realizzazione degli impianti di produzione, ma anche delle opere di connessione alla rete.

Quanto ci sia bisogno di energia rinnovabile in Sardegna lo spiega lo stesso docente: «è evidente ormai che il piano di chiusura delle centrali a carbone sia ormai definito. È vero: si cerca di portare in avanti la data di chiusura – ora si parla del 2035 –, ma le centrali in servizio hanno ormai raggiunto i limiti tecnici di esercizio: che sia per una norma legislativa o un obiettivo aziendale, molto probabilmente giungeranno a fine vita. Discorso differente riguarda la centrale a gas esistente, che rimane legata al funzionamento della raffineria. Rappresenta, comunque, una centrale che fornisce un servizio di base per la Sardegna, servizio che ritengo necessario per garantire l’esercizio con la prevista adeguatezza per il sistema elettrico Sardo».

Va ricordato a tale riguardo, che attualmente, in Sardegna, le due centrali a carbone erogano ciascuna circa 200 MW. Stanno funzionando al minimo tecnico e per ora non possono essere spente in quanto verrebbe a mancare la sufficiente adeguatezza del sistema elettrico. Il SaCoI (interconnessione HVDC, a corrente continua Italia–Corsica–Sardegna utilizzata per lo scambio di energia elettrica tra la terraferma e le due isole) non è sufficiente affidabile e il SAPEI (acronimo di SArdegna-PEnisola Italiana, cavo elettrico sottomarino HVDC, ad alta tensione e corrente continua) non ha una riserva. Senza le centrali a carbone ci sarebbe un alto rischio blackout in caso di situazioni emergenziali. Va detto, però, che seppure ora vadano al minimo, saranno comunque fermate proprio per i motivi d’età e costi manutentivi.

Energia e sostenibilità: un binomio possibile, anzi necessario, ma da pianificare

Quali misure sarebbero da adottare, in tema energetico, per conciliare le necessità produttive e per renderle sostenibili non solo a livello ambientale, ma anche economico? «È più che mai necessario sviluppare un approccio pianificatorio che preveda effettivamente il futuro energetico della Sardegna con i consumi previsti e la corrispondente produzione energetica necessaria. Tuttavia, si deve tenere conto anche dei vincoli della rete sarda e delle tempistiche per il suo previsto potenziamento. L’assenza storica del gas ne ha fatto un’isola predisposta all’elettrificazione in tutti i settori. Il clima temperato permette un largo uso per tutti i mesi dell’anno di sistemi di riscaldamento e raffrescamento con pompe di calore; la parte riguardante la produzione di acqua calda sanitaria viene spesso realizzata anch’essa con i tradizionali e inefficienti boiler elettrici, ma un gran numero di essi stanno venendo sostituiti con più efficienti sistemi sempre a pompa di calore o ibridi. Sebbene proceda a rilento, la diffusione di veicoli elettrici comporterà un incremento dei consumi energetici dell’isola».

Sul binomio energia e agricoltura, «nonostante la “cagnara mediatica” di questi giorni, mi sembra che non vi sia alcun divieto nei confronti della realizzazione di impianti agrivoltaici nei terreni agricoli». Ghiani ritiene importante che gli investitori debbano presentare buoni progetti che evidenzino la multifunzionalità agricola, «in particolare permettano efficacemente di incrementare la produzione agricola per il fabbisogno della Sardegna (oggi oltre l’80% dei prodotti agricoli consumati in Sardegna sono importati dal continente o dall’estero)».

Altrettanti buoni progetti sono richiesti sul lato degli impianti eolici: «alcuni Comuni e i loro cittadini non hanno alcuna repulsione nei confronti di questi impianti. Sulla definizione delle cosiddette “aree idonee”, ritengo che non sarà né risolutiva né che porterà all’installazione di grandi quantitativi di generazione eolica, essendo il territorio sardo stracolmo di vincoli di tipo archeologico, paesaggistico, idrogeologico e di altra natura».

Impianti eolici onshore e offshore in SardegnaImpianti eolici onshore e offshore in Sardegna

Per quanto riguarda infine gli impianti eolici off-shore, «sono sicuramente in grado di fornire energia rinnovabile con maggior continuità al sistema elettrico rispetto all’eolico tradizionale, potendo raggiungere le tremila e oltre ore equivalenti di funzionamento, ma l’entrata in servizio di impianti con le potenze previste rischia di saturare la debole rete sarda, con ricadute pratiche sull’esercizio della rete e con potenziali limitazioni imposte dal gestore sulla potenza generabile», sottolinea ancora Ghiani. In definitiva «il processo di transizione energetica che vivremo non sarà un percorso breve e lineare, ma lungo e denso di ostacoli, ma tutto ciò è causato – come detto – dalla mancanza di pianificazione, lungimiranza e capacità decisoria».

Transizione energetica e tutela del paesaggio: la moratoria sulle rinnovabili vista dall’agronomo

Ripartiamo dalla moratoria sulle rinnovabili in Sardegna e dal suo titolo: “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali”. Va considerata un freno allo sviluppo dell’energia da FER oppure è una misura necessaria per comprendere meglio la situazione e tutelare il territorio?

Mario Asquer, agronomo Mario Asquer, agronomo «Come CONAF, a livello nazionale e regionale ci siamo occupati, proprio in questi giorni, di agrivoltaico – spiega l’agronomo Mario Asquer –. Riteniamo sia una modalità di utilizzo di energie rinnovabili che avrà dei risvolti positivi per il settore agricolo. In questi incontri si è messo in evidenza, da un lato, l’esigenza di produrre energia e di raggiungere obiettivi in tempi abbastanza stretti. Dall’altra è stata posta attenzione al rispetto della risorsa suolo, alla base di sistema produttivo agricolo».

Il suolo agrario è una risorsa non rinnovabile, che va curata e tutelata, ricorda l’esperto, che ritiene la moratoria come «un momento di riflessione necessario, che possa fungere una premessa per dare un nuovo impulso allo sviluppo alle attività agricole, calibrando meglio le linee d’azione. Finora si è parlato di orientamenti, di linee guida, però sull’aspetto pratico, finora c’è poca chiarezza. Per cui, se questa moratoria ha la finalità di chiarire meglio le modalità operative, ben venga». L’importante, aggiunge Asquer è che emerga in modo chiaro «che l’impiego di energie rinnovabili nel settore agricolo ha un’importanza vitale per fare in modo che l’agricoltura sopravviva».

A questo proposito, ricorda il problema collegato all’abbandono dei suoli agricoli. «Stiamo parlando di 3 milioni e mezzo di ettari di suoli abbandonati in Italia, ed è un dato in continuo aumento. Lo rileviamo anche in Sardegna».

L’abbandono delle terre può essere contrastato con l’adozione fonti energetiche rinnovabili: «esse possono fornire dei servizi attualmente insostenibili. Pensiamo alla risorsa acqua. Contare su un sistema che permetta di calibrare gli interventi irrigui, per una regione come la nostra, con perenni carenze idriche e quindi riuscire ad acquare non in base a tempi fissati sul calendario, ma in base a effettive esigenze rilevate direttamente sul suolo, ciò permetterebbe di ottenere dei risparmi di utilizzo di risorse rilevanti che si traducono in risparmi economici».

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