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Nella specie, il Tribunale maceratese esamina una duplice questione: a) la legittimità (o meno) dell’intervento di altri creditori (titolati o meno), dopo la sospensione esterna del processo esecutivo ai sensi dell’art 623 c.p.c., determinatasi in ragione della sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo fatto valere dall’unico creditore; b) la legittimità degli atti di impulso della procedura esecutiva posti in essere dai creditori titolati eventualmente intervenuti dopo la sospensione esterna del processo esecutivo, ex art 623 c.p.c., determinatasi in ragione della sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esecutivo fatto valere dall’unico creditore.

Ebbene, la Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite[1], chiamata comporre il contrasto giurisprudenziale insorto sulla sorte degli atti esecutivi compiuti dal creditore procedente successivamente alla intervenuta caducazione del titolo esecutivo (ovvero alla declaratoria della sua originaria inesistenza) e, in particolare degli atti di intervento effettuati nella medesima procedura, ha confermato l’orientamento tradizionalmente affermatosi nella giurisprudenza di legittimità[2], per cui, «nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la costante sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento. Ne consegue che, qualora dopo l’intervento di un creditore munito di titolo sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell’iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante». Nella medesima sentenza la Corte ha precisato che il principio della conservazione del processo esecutivo mentre non trova applicazione nel caso in cui uno o più creditori, muniti di tiolo esecutivo, intervengono nel processo esecutivo dopo che sia stata pronunciata la caducazione del titolo esecutivo del creditore procedente e, quindi di sopravvenuta illegittimità dell’azione esecutiva da lui esercitata e nel caso di invalidità originaria del pignoramento (per difetto ab origine di titolo esecutivo o per visi intrinseci all’atto o per mancanza dei presupposti processuali dell’azione esecutiva); trova, invece, applicazione quando il provvedimento, costituente titolo esecutivo al momento dell’esercizio dell’azione esecutiva, sia venuto meno per le vicende del processo nel quale si è venuto a formare.

Secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, in tutte queste ipotesi, il processo esecutivo, all’epoca valido, non è travolto in presenza di creditori intervenuti con titolo esecutivo tuttora valido. Tanto premesso, nella specie, l’intervento del creditore titolato e l’istanza di vendita risultano depositati dopo la sospensione ex art 623 c.p.c. Come è noto, la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo non determina la caducazione del titolo esecutivo e la sopravvenuta inesistenza del diritto del creditore di procedere né determina l’inefficacia del pignoramento, ma soltanto la sospensione cd. “esterna” del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato o confermato. Ne consegue che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo – cui consegue la sospensione esterna del processo esecutivo ex art 623 c.p.c. – non può essere ritenuta fattispecie equiparabile alla sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo (ad esempio, per revoca del decreto ingiuntivo opposto), in quanto essa non determina (come la seconda) l’arresto definitivo della procedura esecutiva per definitivo venir meno del titolo esecutivo, ma comporta soltanto la (sia pure automatica) temporanea sospensione della procedura, che resta quiescente, in attesa di poter riprendere (laddove il titolo riacquisti la sua originaria efficacia) o di essere (questa volta sì) definitivamente arrestata.

Se, dunque, la caducazione del titolo esecutivo del creditore procedente intervenuta prima dell’intervento di ulteriori creditori, così come la invalidità originaria del pignoramento, travolgendo tutti gli atti della procedura esecutiva, compreso il pignoramento, impedisce di ritenere validamente proposto l’intervento, non esistendo un valido pignoramento a cui l’intervento stesso possa ricollegarsi (come precisato dalle Sezioni Unite), nel caso di mera sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo del creditore procedente (come nella specie), per contro, tale provvedimento non incide sulla validità degli atti esecutivi anteriormente compiuti (nella specie il pignoramento), di tal ché può reputarsi ammissibile l’intervento di ulteriori creditori, pur se successivo alla predetta sospensione: in tal caso, infatti, il pignoramento è valido e la procedura esecutiva è solo quiescente e non estinta, perché l’efficacia esecutiva del titolo è stata solo sospesa, ma il titolo non è stato ancora revocato (né è stata sospesa solo la sua efficacia esecutiva), dal che ulteriormente consegue che se non è consentito il compimento di atti esecutivi ex art. 626 c.p.c. (nel senso che il creditore procedente il cui titolo è stato sospeso non potrà porre in essere ulteriori atti di impulso), non è tuttavia precluso l’intervento di altri creditori (a ben vedere non costituente, di per sé, un atto esecutivo), poggiante sull’atto di pignoramento ab origine validamente eseguito dal creditore procedente (quando la sospensione dell’efficacia esecutiva del suo titolo non era ancora intervenuta), di cui va affermata la perdurante validità ed efficacia nella procedura pur quiescente; se poi il creditore intervento nella procedura sospesa (come nella specie) sia anche munito di titolo esecutivo (non sospeso), non sussistono ragioni per ritenere precluso il compimento di nuovi atti di impulso della procedura (inibiti invece al creditore procedente), potendo egli anche provocare singoli atti esecutivi[3].

Deve, perciò, concludersi che: a) è ammissibile l’intervento dei creditori (titolati o meno) anche in una procedura sospesa; b) il creditore munito di titolo esecutivo può dare impulso ad una esecuzione già sospesa, non potendo a ciò ostare la distinzione, operata dalle Sezioni Unite della Cassazione nella prefata pronuncia, tra arresto della procedura avvenuto prima o dopo l’intervento, apparendo tale principio riferibile al solo caso di caducazione del titolo esecutivo (da cui consegue, come detto, il definitivo arresto della procedura), ma non alla diversa fattispecie della sospensione della sua efficacia esecutiva, che non arresta la procedura, ma la pone soltanto in uno stato di (temporanea) quiescenza (in attesa della sua ripresa o del suo arresto).

 

 

 

__________________________________________________________________

[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. Un., 07.01.2014, n. 61.

[2] Rispetto al quale si era posta in termini dissenzienti la pronuncia n. 3531/2009.

[3] In senso conforme, Trib. Vicenza, 21 giugno 2011.

 

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