In un’espropriazione mobiliare presso il debitore viene pignorato un natante ricoverato presso un cantiere di rimessaggio. Un terzo afferma di esserne proprietario e formula opposizione all’esecuzione ex art. 619 c.p.c.
L’opponente deve dimostrare la titolarità del bene o spetta al creditore procedente provare la proprietà della res pignorata in capo al debitore?
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 20 dicembre 2021 n. 40751 (testo in calce), ricostruisce con pregevole chiarezza il quadro normativo in materia di ripartizione dell’onus probandi, affermando che grava sull’opponente l’onere di provare la titolarità del diritto vantato sui beni pignorati sia quando il pignoramento è avvenuto nella casa del debitore, sia quando è avvenuto altrove.
1. La vicenda
Una società munita di titolo esecutivo iniziava l’esecuzione forzata nei confronti del proprio debitore e pignorava un natante che, al momento del pignoramento, si trovava nel cantiere navale di un soggetto terzo rispetto al creditore e al debitore. Il terzo proponeva opposizione ex art. 619 c.p.c. affermando di essere proprietario del bene pignorato. Il giudice dell’esecuzione sospendeva il giudizio e l’opponente introduceva la fase di merito. Il tribunale rigettava l’opposizione che, invece, era accolta in sede di gravame. In particolare, secondo la corte d’appello, non poteva applicarsi la presunzione di proprietà del bene in capo al debitore (ex art. 513 c.p.c.) dal momento che il natante non era stato pignorato né presso la sua abitazione né in altri luoghi a lui appartenenti. Dunque, spettava al creditore procedente dimostrare che il bene era di proprietà del debitore. Si giunge così in Cassazione.
2. Le doglianze del creditore
Il ricorrente sostiene che grava sul terzo opponente l’onere di dimostrare la titolarità del bene e di provare che il luogo del pignoramento (il cantiere di rimessaggio nel caso in esame) sia privo di qualsiasi collegamento con il debitore. Secondo il creditore, la sentenza gravata ha violato l’art. 513 c.p.c. sotto tre profili:
- non ha svolto alcuna indagine sulla natura del luogo (il cantiere di rimessaggio) in cui è avvenuto il pignoramento e sulla spontaneità dell’esibizione del bene pignorato da parte del terzo possessore;
- non ha svolto alcuna indagine sulla possibilità per il debitore di accedere liberamente a quel luogo;
- ha sollevato il terzo opponente dall’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa.
La Suprema Corte ritiene fondata la doglianza per i motivi che seguono.
3. La ripartizione dell’onere della prova tra terzo opponente e creditore pignorante
In seguito al contrasto tra il creditore pignorante e il terzo opponente sulla proprietà del bene pignorato, la corte di merito ha ritenuto che spettasse al creditore procedente dimostrare la proprietà del bene in capo al debitore. Secondo il giudice di merito, infatti, se il bene viene pignorato presso l’abitazione del debitore o in luoghi di sua pertinenza, spetta al terzo l’onere di provare di esserne proprietario. Viceversa, se il pignoramento avviene in altro luogo, l’onere della prova incombe sul creditore.
La Suprema Corte afferma che la suddetta distinzione non è corretta in punto di diritto.
Per comprendere come vada ripartito l’onere della prova nell’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. occorre far riferimento alle regole generali in materia di onere probatorio e a quelle speciali in tema di pignoramento mobiliare presso il debitore.
4. L’opposizione di terzo all’esecuzione è un’azione di accertamento
A tal proposito, preme ricordare che l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. introduce un ordinario giudizio di cognizione, del tutto autonomo rispetto all’esecuzione in cui si inserisce. Pertanto, il terzo opponente è tenuto a dimostrare il fatto costitutivo della pretesa che si sostanzia nel diritto del terzo opponente di sottrarre il bene pignorato all’esecuzione (Cass. 15278/2003). Infatti, ci troviamo di fronte non già ad un’azione di rivendicazione, ma ad un’azione di accertamento dell’illegittimità dell’esecuzione (Cass. 2639/1978). Pertanto, opera il principio generale per cui l’onere della prova grava su chi agisce in giudizio (actore non probante reus absolvitur). Da quanto esposto, emerge che il terzo opponente è onerato di provare il fatto giuridico da cui discende il diritto sui beni mobili pignorati (Cass. 1506/1972).
5. Il terzo deve dimostrare la titolarità del diritto
La disciplina del pignoramento mobiliare presso il debitore non incide sul riparto dell’onere della prova ma sul suo contenuto. Gli ermellini ricordano che la legge indica quali beni possono essere sottoposti a pignoramento mobiliare prevedendo tre regole:
a) possono essere pignorati sempre i beni rinvenuti nella casa del debitore, a prescindere da qualsiasi accertamento od autorizzazione (art. 513 c. 1 c.p.c.);
b) possono essere pignorati sempre i beni che non si trovano nella casa del debitore, ma che il terzo possessore esibisce sua sponte, a prescindere da accertamenti od autorizzazioni (art. 513 c. 4 c.p.c.);
c) possono essere pignorati solo previa autorizzazione del giudice i beni mobili che non si trovano nella casa del debitore e che il terzo possessore non esibisce sua sponte (art. 513 c. 3 c.p.c.).
Ciò premesso, vediamo come la suddetta disciplina incide sull’onore probatorio.
Nel caso di beni rinvenuti presso la casa del debitore (sub a), il terzo opponente deve provare:
- sia la titolarità del diritto vantato,
- sia l’affidamento dei beni al debitore in epoca anteriore al pignoramento (Cass. 4222/1998; Cass. 7564/1994; Cass. 6097/1979; Cass. 1650/1979; Cass. 2486/1974; Cass. 2048/1966).
La ratio di tale regola discende dal fatto che, quando i beni si trovano presso l’abitazione del debitore, la legge fa discendere da tale collegamento spaziale una presunzione di appartenenza all’esecutato, quindi, per vincere la presunzione, il terzo deve dimostrare sia la titolarità che l’affidamento.
Nell’ipotesi di beni non rinvenuti presso la casa del debitore (sub b e sub c), il terzo opponente:
- non deve dimostrare di aver affidato i beni al debitore,
- ma deve provare di esserne proprietario (Cass. 3628/1980).
In tale fattispecie, manca il collegamento spaziale tra la residenza del debitore e il luogo del pignoramento, pertanto, non è possibile chiedere al terzo di provare l’affidamento del bene al debitore (Cass. 8746/2011).
Riassumendo: in tutte e tre le ipotesi contemplate dall’art. 513 c.p.c. il terzo opponente che rivendichi la proprietà dei beni pignorati deve fornire la prova della titolarità del diritto.
6. Conclusioni: il principio di diritto
La pronuncia impugnata è incorsa nel vizio di falsa applicazione della legge, in quanto la circostanza che il natante pignorato non si trovasse presso l’abitazione del debitore non esonerava il terzo dall’onore di provare la titolarità del diritto. Inoltre, il giudice di merito è incorso nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo atteso che non ha indagato sulla natura del luogo del pignoramento. Infatti, per valutare se l’opponente fosse gravato dall’onere di provare l’affidamento o solo la titolarità del diritto, avrebbe dovuto accertare se il luogo in cui il natante era ricoverato consentisse (o meno) al debitore di “disporne direttamente” e se il terzo possessore avesse (o non avesse) spontaneamente consentito l’esibizione del bene all’ufficiale giudiziario.
In conclusione, la Suprema Corte cassa la sentenza gravata con rinvio alla Corte d’appello che dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
-
«nell’opposizione di terzo di cui all’art. 619 c.p.c. l’opponente ha l’onere di provare la titolarità del diritto vantato sui beni pignorati sia quando il pignoramento è avvenuto nella casa del debitore, sia quando è avvenuto altrove»
CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 40751/2021 >> SCARICA IL PDF
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