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  • La diffusione dei conti correnti online ha reso più semplice l’apertura di un conto con una banca estera
  • Un conto corrente, infatti, a differenza di una carta di credito, non richiede la presentazione di eventuali garanzie reddituali. 
  • Il conto all’estero dovrà essere dichiarato all’Agenzia delle Entrate, altrimenti si può andare incontro a una serie di sanzioni. 

Gli italiani sono noti per la loro innata propensione al risparmio: il conto corrente è un fedele alleato in cui depositare i guadagni del proprio lavoro, in attesa di utilizzarli per accendere un mutuo, aiutare i propri figli nelle spese più grosse, investire in qualche attività. 

L’evoluzione dei conti digitali ha portato non solo a prendere in considerazione strumenti di gestione del risparmio totalmente online, ma anche a valutare con minori perplessità l’eventuale apertura di un conto con una banca estera – si pensi, per esempio a Revolut o N26, conti correnti online esteri ben diffusi in Italia. 

Ci sono tante domande che sorgono quando si parla di conto corrente aperto all’estero. Si tratta di una pratica legale? Possa aprire un conto estero anche se non ho la residenza fuori dall’Italia? Dove conviene aprirne uno online? Il conto dovrà essere dichiarato? Potrà essere oggetto di pignoramento?

Nelle prossime righe tratteremo alcuni di questi argomenti, esaminando la questione dal punto di vista legale. Partiamo subito con il ricordare che aprire un conto corrente estero non è una scappatoia per riuscire a difendersi da un eventuale pignoramento

Aprire un conto all’estero è legale?

Non ci sono norme in vigore per le quali non sia possibile aprire un conto corrente all’estero. Dal momento che un conto è semplicemente un sistema per la gestione dei propri soldi, lo Stato italiano non è interessato alla banca alla quale gli stessi vengono affidati. 

Si può aprire un conto all’estero anche da non residenti, sia in uno Stato estero dell’Unione europea, sia in uno Stato extracomunitario, come per esempio il Regno Unito o la Svizzera. 

Si deve a questo punto introdurre la distinzione tra Paesi black list e Paesi white list.

Paesi black list Paesi white list
Chiamati anche paradisi fiscali, sono quei Paesi in cui la tassazione quasi non esiste, o è comunque particolarmente bassa.
Ne fanno per esempio parte Panama, Samoa, Trinidad e Tobago.
L’elenco viene aggiornato periodicamente dal Consiglio d’Europa.
Si tratta di tutti i Paesi che non rientrano nella “lista nera”

Un conto corrente aperto all’estero non è generalmente anonimo: qualora si dovesse aprire un conto nei Paesi black list, il Fisco potrebbe insospettirsi per presunta evasione fiscale, specialmente qualora lo si utilizzi per mettere da parte cifre particolarmente elevate.

Prendiamo, per esempio, il caso della Svizzera. Fino a qualche tempo fa questo Paese era un vero e proprio paradiso fiscale: al conto estero veniva garantita grande riservatezza, poiché il conto era secretato al portatore. In seguito la Svizzera ha aderito ad alcuni accordi sullo scambio di informazioni finanziarie: questo significa che anche l’apertura di un conto in Svizzera non sarà più anonima. 

In caso di controlli, dovrà essere il contribuente a dimostrare che i soldi versati su un conto estero non derivino da guadagni non dichiarati al Fisco, quindi non siano il frutto di lavoro in nero o di attività illecite.

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Conto corrente estero: va dichiarato?

La questione più importante è la seguente: il conto corrente estero deve essere dichiarato. Questo perché chiunque abbia la residenza fiscale in Italia è tenuto a dichiarare i propri redditi al Fisco. 

In particolare, tale dichiarazione dovrà essere fatta all’Agenzia delle Entrate in fase di dichiarazione dei redditi, che è obbligatoria ai fini fiscali per garantire il corretto monitoraggio dei propri redditi – e prevedere la giusta tassazione. 

Com’è noto, per la giacenza media del conto superiore a 5.000 euro per trimestre, sarà applicata l’imposta di bollo sul conto corrente che, per le persone fisiche, è pari a 34,20 euro annui. Se nel primo trimestre dell’anno si supera tale cifra, mentre negli altri 3 no, l’imposta da pagare sarà solo per i primi 3 mesi e dunque l’importo da versare sarà pari a 8,55 euro (34,20 euro/4 trimestri annui). 

La dichiarazione non è obbligatoria, invece, per i conti correnti che, in un anno fiscale, non abbiano mai superato i 15.000 euro. Se, tuttavia, non si supera tale cifra, ma la giacenza media annuale sia stata di 5.000 euro, allora sarà necessario compilare il quadro RW della dichiarazione

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Conto corrente estero: quali regole rispettare

Alla luce di quanto detto fin qui, un conto corrente all’estero potrà essere aperto in piena legalità, senza commettere alcuna azione criminosa. 

I requisiti da possedere devono però essere i seguenti:

  • il proprio patrimonio deve essere frutto di attività lecite e dichiarate;
  • si dovrà rispettare la normativa sul monitoraggio fiscale relativa agli introiti depositati all’estero che, come già precisato, dovranno essere riportati in dichiarazione dei redditi. 

La stessa Comunità europea ha stabilito che un conto estero è legittimo con le seguenti parole:

tutti i cittadini di uno Stato appartenente alla Comunità hanno il diritto di aprire un conto corrente bancario in qualsiasi altro Stato membro, ed anche in istituti finanziari di Paesi non appartenenti all’UE.

L’imposta che si applica sui conti correnti esteri che abbiano giacenze superiori a 5.000 euro prende il nome di Ivafe, ovvero Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero – è l’equivalente dell’imposta di bollo sui conti correnti italiani. 

L’Ivafe corrisponde al 2 per mille dei prodotti finanziari esteri, mentre per il conto corrente e i libretti di risparmio funziona come per i conti nostrani, cioè corrisponde a:

  • 34,20 euro per le persone fisiche;
  • 100 euro per le persone giuridiche

In presenza di un’eventuale imposta patrimoniale da pagare allo Stato estero, all’intestatario del conto sarà sottratto tale importo al totale dell’Ivafe. 

Scopri di più leggendo anche Successione del conto corrente

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Conto estero non dichiarato: sono previste sanzioni?

Un conto offshore (altro termine per indicare i conti correnti aperti in uno stato estero) che non rispetti i criteri appena indicati potrebbe andare incontro a sanzioni per riciclaggio, ma anche per:

L’ipotesi in cui il conto corrente estero non fosse indicato nel quadro RW nel momento in cui si fa la dichiarazione dei redditi non rappresenta un reato, ma un illecito amministrativo. Questo significa che si va incontro a una sanzione pecuniaria. 

Nella pratica, è prevista una sanzione che può andare dal 3% al 15% di quanto non dichiarato, che aumenta dal 6% al 30% qualora il valore non dichiarato sia presente su un conto aperto in un Paese black list. In questo secondo caso, infatti, si presume che i redditi depositati sul conto derivino da attività sottratte a tassazione, quindi siano soldi non derivanti da attività perfettamente lecite. 

Ricordiamo poi che oggi esiste uno standard per la condivisione di informazioni tra i Paesi, definito dall’OCSE: il CRS, Common Reporting Standard. Tale standard prevede, in pratica, lo scambio automatico annuale tra Autorità Fiscali di informazioni fornite dalle Istituzioni finanziarie di ogni Paese che vi ha aderito – sono più di 100 i Paesi oggi coinvolti in questo sistema di scambio. 

Questo significa che un conto all’estero non resterà nell’anonimato, ma l’Amministrazione finanziaria italiana ne verrà a conoscenza – fermo restando che ci sono comunque diversi Paesi che non hanno aderito al CRS. Aprire un conto corrente all’estero in uno di questi Stati per far “sparire i propri soldi” e non dichiararli rappresenta una violazione della legge italiana

Conto online estero non pignorabile: esiste?

Qualora si avesse un debito, la possibilità che avvenga il pignoramento del proprio conto corrente – anche se all’estero – esiste. Se il debitore è fiscalmente residente in Italia, ad agire potranno essere:

  1. creditori pubblici, quindi lo Stato;
  2. creditori privati. 

Nella prima ipotesi, si fa riferimento alla Direttiva 26 maggio 2008, n. 2008/55/CE e al Regolamento 28 novembre 2008, n. 1179/2008, per i quali lo Stato può intraprendere un’azione legale grazie alle norme sulla mutua assistenza per il recupero dei crediti tributari sorti nella propria nazione o in un altro Stato UE.

Nel secondo caso, invece, è più complicato – sebbene non impossibile – che un creditore privato venga a conoscenza dei soldi presenti su un conto corrente estero per avviare una procedura di pignoramento

Conto corrente estero – Domande frequenti

Devo dichiarare i soldi che ho depositato in un conto estero?

Sì, se non si dichiara il possesso di un conto corrente estero non in rosso si va incontro a un illecito amministrativo e si possono rischiare delle sanzioni. 

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