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La riflessione giuridica oggetto del presente articolo mira ad approfondire un particolare e controverso aspetto connesso all’istituto della riunione delle procedure esecutive immobiliari.

Nell specifico, ci si chiede se la riunione di due procedure esecutive introdotte da diversi creditori su differenti immobili tra loro interdipendenti, spiegati nei confronti dello stesso debitore, crei un’unica esecuzione ovvero tante procedure quanti sono i pignoramenti.

Premessa. Gli artt. 524, 546 e 561 c.p.c. – richiamando de facto l’istituto della riunione proprio del processo di cognizione (artt. 273 e 275 c.p.c.) – prevedono un meccanismo di unificazione di procedure originate da diversi creditori, mediante distinti pignoramenti, aventi ad oggetto un medesimo cespite.

Com’è noto, dal disposto di cui all’art. 561 c.p.c. si ricava che l’esecuzione su un determinato immobile deve esser unica. Difatti, qualora un immobile già pignorato sia sottoposto ad un nuovo pignoramento, da un canto, il Conservatore dei registri immobiliari è tenuto a fare menzione della circostanza nella nota di trascrizione del secondo pignoramento; dall’altro, il cancelliere deve inserire quest’ultimo nel fascicolo formato in base al primo pignoramento.

Ad ogni modo, se la riunione non è effettuata con le modalità previste dall’art. 561 c.p.c., può provvedervi in qualunque momento il giudice dell’esecuzione, eventualmente su sollecitazione di chi vi abbia interesse.

Nell’ipotesi, poi, che non venga realizzata l’unicità del procedimento, deve ritersi prevalente la procedura esecutiva che per prima si sia conclusa con la trascrizione del decreto di trasferimento.

Avvenuta, invece, la riunione dei pignoramenti, tutti i creditori che abbiano esercitato l’azione esecutiva si trovano sullo stesso piano e debbono considerarsi parimenti concorrenti. Di fatto, dunque, il secondo pignoramento ricoprirà la posizione di un interveniente tempestivo, se abbia promosso l’azione esecutiva prima dell’udienza di autorizzazione alla vendita; altrimenti, sarà ritenuto alla stregua di un creditore intervenuto tardivo. Gli effetti del vincolo di indisponibilità decorreranno dal primo pignoramento e le fasi liquidativa e distributiva verranno gestite congiuntamente.

Ciò non toglie che ai sensi dell’art. 493, 3° comma c.p.c. ciascun pignoramento successivo ha effetto indipendente, nel senso che le vicende relative a ciascuno dei pignoramenti confluiti in unico processo non possono pregiudicare gli altri pignoramenti.

Apparentemente diversa dalla sopra menzionata connessione propriamente oggettiva, è la riunione di più procedimenti esecutivi per mera connessione soggettiva, giacché introitati contro la stessa persona da diversi creditori.  In questo caso, in linea teorica, non verrebbe alterata la sostanziale autonomia e indipendenza di ciascuna procedura rispetto alle altre.  In altre parole, in linea puramente teorica, il G.E. che rigetti l’istanza la riunione di due procedure esecutive poiché non aventi ad oggetto uno stesso bene, pronuncerebbe, a parere dello scrivente, correttamente, attesa l’effettiva diversità catastale degli immobili. È pur vero, tuttavia, che nel mercato immobiliare più unità abitative possono essere connesse da legami non solo di tipo economico, bensì da una vera e propria interdipendenza funzionale. Per tale ragione, nonché per i principi reggenti le esecuzioni immobiliari, la questione qui dedotta merita particolare attenzione.

Sulla natura del provvedimento di riunione. È utile rammentare che, in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione, fondandosi su valutazione di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice ed ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione, né a mezzo di ricorso in cassazione, né di regolamento di competenza, così come non è soggetto a reclamo.

Invero, “l’ordinanza del giudice di merito che, nella ipotesi considerata dall’art. 274 c.p.c., provvede sulla istanza di riunione, deve considerarsi atto processuale di carattere meramente preparatorio, privo di contenuto decisorio sulla competenza, siccome non implicante soluzione di questioni relative ad una traslatio iudicii”[1].

Ed inoltre, “la riunione in un’unica esecuzione forzata di più pignoramenti sul medesimo immobile, a norma dell’art. 561 c.p.c., configura effetto direttamente disposto dalla legge, e da attuarsi mediante l’intervento del conservatore immobiliare (annotazione del primo pignoramento nella nota di trascrizione relativa al secondo) e del cancelliere (inserimento del pignoramento successivo nel fascicolo formato con quello anteriore). Qualora, per qualsiasi ragione, non operi l’indicato automatico meccanismo, spetta al giudice dell’esecuzione di provvedere alla riunione, con atti di natura ordinatoria, che sono espressione del potere generale di direzione del processo esecutivo e non sono qualificabili come atti di esecuzione. Da ciò consegue che detta riunione non compete soltanto al giudice dell’esecuzione, e che, in difetto di un suo intervento, può provvedervi anche il tribunale, adito con opposizione proposta a norma dell’art. 617 c.p.c. contro un atto esecutivo, ove sia rilevante, al fine della decisione, dare attuazione a quella situazione processuale imposta dalla legge”[2].

Ebbene, se è vero che tutti i provvedimenti del G.E. sono dati con ordinanza e sono impugnabili ai sensi dell’art. 617 c.p.c. poiché atti esecutivi (impartiti per attuare il comando portato dal titolo su cui è fondata l’espropriazione ex art. 474 c.p.c.), quelli meramente ordinatori non lo sono, com’è per il provvedimento che decide sulla riunione delle procedure esecutive.

Osservazioni di merito. Una risposta alla questione suesposta può essere fornita prendendo le mosse dalla sentenza n. 1213/2019 pronunciata dal Tribunale Di Busto Arsizio, in forza della quale “al di là dell’ipotesi tipica di riunione ex art. 561 c.p.c deve certamente ritenersi consentito al G.E., nell’esercizio dei poteri di direzione del processo esecutivo ex art. 484 c.p.c., disporre la riunione di distinte procedure per ragioni di opportunità”. Opportunità che, dunque, potrebbe derivare dal particolare (per l’appunto) dallo stato di interdipendenza degli immobili pignorati, sostanzialmente ed economicamente unificati.

Indiscutibile e assai prevedibile, pertanto ed in sede esecutiva, sarebbe il ritardo nella vendita dei beni pignorati nel caso in cui la vendita non fosse unitaria e, il conseguente crollo (se non quasi assenza) di appetibilità degli immobili venduti non in blocco, bensì singolarmente, sul mercato.

Sulla scorta di quanto sopra e al fine di non incorrere in vane ed infruttuose azioni esecutive, sarebbe utile indagare se, già alla data dei pignoramenti, sia in essere un rapporto di complementarità funzionale, economica e fisica tra i beni.

In tal caso, la questione andrebbe attenzionata al G.E. ovvero, direttamente, al Presidente di Sezione, facendo leva: a) sulle antescritte ragioni di opportunità (da valutare caso per caso); b) sul principio di economia processuale, proprio dell’azione esecutiva; c) sul principio di appetibilità delle vendite; d) sul concreto soddisfacimento dei creditori che, in caso di mancata riunione, verrebbe gravemente ritardato se non addirittura impedito.

Pertanto, unitamente all’ipotesi “tipica” dell’art. 561 c.p.c. dovrebbe affiancarsi quella “atipica” della connessione soggettiva e parzialmente oggettiva per ragione di opportunità avuto riguardo all’unicità e fruttuosità dell’operazione economica sottesa alla vendita immobiliare.

Quanto sopra, infine, non può non essere letto sotto la lente dell’art. 164-bis disp. att. c.p.c.: la norma, infatti, non postula soltanto un giudizio di chiusura anticipata della procedura esecutiva per antieconomicità, bensì un prudente giudizio sulla effettiva appetibilità del bene sul mercato. La ratio della norma, dunque, consiste nella tutela del buon andamento della giustizia, volendosi evitare che proseguano, sine die e con inutile dispendio di risorse, procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento degli interessi dei creditori.

 

 

 

 

 


[1] Cfr. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 11357 del 16 maggio 2006.
[2] Cfr. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6549 del 20 dicembre 1985.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica

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