Il Tribunale di Bari ha condannato a 10 anni di reclusione l’ex amministratore unico di Ferrovie del Sud Est Luigi Fiorillo con l’accusa di bancarotta fraudolenta, a conclusione del processo scaturito dall’inchiesta coordinata dalla procura del capoluogo pugliese dopo il crac delle Ferrovie del Sud Est e Servizi automobilistici (Fse). Lo riporta l’agenzia LaPresse.
La società a responsabilità limitata con sede legale a Bari, interamente partecipata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha per oggetto attività di trasporto pubblico ferroviario e automobilistico, nonché di gestione della rete e delle infrastrutture ferroviarie.
I reati contestati nel processo erano, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale, di dissipazione e distrazione di fondi. I fatti al centro del procedimento risalgono agli anni 2001-2015, fino al momento in cui Fse è stata commissariata e poi acquistata da Ferrovie dello Stato, che è parte civile nel processo con i Ministeri dei Trasporti e dell’Economia. Era stata invece esclusa la Regione Puglia che aveva tuttavia annunciato la riproposizione della richiesta di costituzione di parte civile nella prima udienza del dibattimento. Secondo quanto emerso dalle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dai pm Francesco Bretone, Bruna Manganelli, Luciana Silvestris e dall’aggiunto Roberto Rossi, l’ex ad di Fse, in concorso con consulenti e funzionari della società e imprenditori, nell’arco di dieci anni avrebbe dissipato o distratto fondi per centinaia di milioni di euro, falsificando bilanci e esternalizzando servizi senza fare gare d’appalto.
La procura, riporta LaPresse, aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per Fiorillo contestando “più reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale” e “cagionando con dolo e per effetto di operazioni dolose l’ammissione al concordato preventivo di Fse, determinando un danno patrimoniale di rilevante entità”.
Secondo l’accusa, ci sarebbe stata una distrazione per “almeno 230 milioni di euro“. L’imputato, nel corso delle dichiarazioni spontanee, ha rivendicato la correttezza del suo operato.
Condannati anche gli altri imputati, tra i quali Angelo Schiano, l’avvocato della società, ritenuto “l’amministratore occulto“, al quale sono stati inflitti quattro anni.
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