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Pignoramento in banca: cosa succede se il titolare del conto non riceve alcuna notifica?

Non capita di rado che il correntista, recatosi in banca o allo sportello ATM per un prelievo, si accorga solo in quel momento che i fondi gli sono stati “congelati”. Dinanzi alla richiesta di spiegazioni, il funzionario di turno gli spiegherà solo allora che c’è stato un pignoramento. A quel punto sorgerà spontanea la domanda: perché il mio conto corrente è stato bloccato senza preavviso? È normale che l’atto di pignoramento presso terzi non sia stato notificato al diretto interessato? E quali sono le implicazioni legali di una tale omissione? Cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti sul tema.

Cos’è un pignoramento presso terzi?

L’atto di pignoramento presso terzi è una procedura legale che consente al creditore di appropriarsi dei fondi e delle somme di denaro detenuti da un terzo (come la banca, il datore di lavoro o l’INPS) che sono dovuti al debitore. Questo può includere stipendi, conti correnti o pensioni.

Naturalmente, affinché ciò avvenga è necessario innanzitutto che il creditore sia munito già di un titolo esecutivo ossia di un documento ufficiale che sancisca in modo certo e incontrovertibile l’esistenza e l’entità del suo credito. Tale titolo può essere una sentenza di condanna, un decreto ingiuntivo non opposto, un assegno o una cambiale protestati o, come spesso succede, una

cartella esattoriale.

In secondo luogo il titolo esecutivo deve essere stato notificato al debitore. Per tutti i crediti diversi dalle cartelle esattoriali, è anche dovuta la notifica del cosiddetto atto di precetto, un’intimazione a pagare entro massimo 10 giorni.

Se mancano questi passaggi o se le notifiche non sono andare a buon fine, l’intera procedura è illegittima e può essere annullata facendo ricorso in tribunale. Il fatto però che il debitore non abbia deliberatamente ricevuto la posta o ritirato gli avvisi di giacenza non invalida il procedimento.

L’ultimo e indispensabile passaggio della procedura è la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi (si chiama così perché il pignoramento viene fatto nei confronti del “terzo debitore del debitore” come appunto la banca, il datore di lavoro o l’INPS). Tuttavia – come vedremo meglio di qui a breve – anche il debitore deve essere messo a conoscenza dell’avvio del pignoramento, non solo per poter pagare o presentare opposizione, ma anche per poter gestire al meglio le proprie finanze in una situazione così delicata.

A chi deve essere notificato l’atto di pignoramento del conto corrente?

Secondo le regole fornite dal codice di procedura civile, applicabili anche alla riscossione esattoriale (quella da parte dell’Agente della Riscossione in caro si cartelle di pagamento), l’atto di pignoramento deve essere notificato non solo al terzo presso cui si effettua il pignoramento (ad esempio, la banca ove il debitore ha il conto), ma anche al debitore stesso. Questo assicura che il debitore sia informato della procedura in corso nei suoi confronti.

La notifica deve avvenire a mezzo dell’ufficiale giudiziario. Tuttavia, nel caso di cartelle esattoriali, è sufficiente la semplice raccomandata.

Cosa accade quando il conto corrente viene pignorato?

Spesso, un debitore si accorge che il suo conto corrente è stato pignorato solo quando tenta di prelevare denaro e scopre di non avere disponibilità. Le somme, in realtà, sono ancora nella disponibilità dell’istituto di credito, ma sono state soltanto bloccate a seguito della notifica del pignoramento alla banca. A questo punto:

  • nel caso di pignoramento da parte di un privato, dovrà svolgersi un’udienza dinanzi al giudice affinché questi valuti la correttezza della procedura e ordini alla banca di versare al creditore le somme che, nel frattempo, sono state “congelate”;
  • nel caso di pignoramento da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione (o altro Esattore), non ci sarà alcuna udienza, tuttavia il pignoramento avrà efficacia – e le somme saranno stornate al creditore – dopo 60 giorni dalla notifica del pignoramento al debitore. Durante questo termine, il contribuente può decidere di pagare spontaneamente al fine di sbloccare il conto e ripristinarne l’operatività.

Se il conto corrente contiene una somma maggiore di quella pignorata (ossia quella del debito originario aumentata delle spese legali), il debitore potrà disporre di tali importi liberamente. Se ne accorgerà facendo un estratto conto dal bancomat: troverà infatti, come saldo, solo quella parte del deposito eccedente il pignoramento.

Se il conto corrente contiene una somma minore di quella pignorata

, la banca continuerà a effettuare il blocco su tutti i successivi pagamenti che verranno effettuati sul conto stesso, fino a concorrenza dell’ammontare pignorato.

Perché il debitore non è a conoscenza del pignoramento?

Ci possono essere casi in cui il debitore non sia stato immediatamente informato del pignoramento, il che può portare a sorprese sgradite come la scoperta di un conto bloccato al momento del tentativo di prelievo da un bancomat.

Questo può succedere per due ragioni:

  • l’atto di pignoramento non è ancora giunto a destinazione ma ciò avverrà nei successivi giorni.
  • il creditore non ha effettuato correttamente la notifica del pignoramento al debitore.

Nel primo caso, ben può essere che il pignoramento venga notificato prima alla banca e solo successivamente al debitore. Ciò avviene perché nessuna norma di procedura civile stabilisce l’iter cronologico tra le due notifiche. Anzi, a volte, è lo stesso creditore a notificare prima il pignoramento all’istituto di credito per evitare che il debitore, messo in allarme, possa effettuare dei prelievi che svuotino la provvista.

Tuttavia, nel caso in cui la notifica al debitore non sia mai stata curata o sia stata effettuata a un indirizzo sbagliato, la procedura è illegittima.

Cosa succede se il correntista non riceve la notifica del pignoramento

La notifica del pignoramento al debitore è condizione di validità della procedura. Se la stessa notifica non dovesse essere stata curata o è arriva a un indirizzo inesatto, si hanno due conseguenze:

  • il pagamento eseguito dalla banca, in assenza di notifica al debitore, deve essere restituito integralmente a quest’ultimo
  • la banca dovrebbe sempre richiedere prova dell’intervenuta notifica al debitore, prima di procedere al pagamento. L’esperienza professionale tuttavia non conforta questa conclusione.

Il pignoramento per cartelle esattoriali segue le regole ordinarie?

Sì, il pignoramento presso terzi effettuato dall’Agente per la Riscossione esattoriale segue le regole ordinarie previste dal codice di procedura civile. Questo significa che il debitore deve essere notificato dell’atto di pignoramento, in aggiunta al terzo pignorato.

Tuttavia, come anticipato, una volta ricevuta la notifica del pignoramento, il debitore ha 60 giorni di tempo per saldare il debito e ottenere lo sblocco del conto corrente pignorato.

Cosa succede se il conto corrente è quello dello stipendio o della pensione?

Regole particolari riguardano il pignoramento del conto corrente su cui è accreditato lo stipendio o la pensione (a patto però che non vi confluiscano somme di natura diversa). In tali casi infatti, il pignoramento è soggetto ad alcuni limiti:

  • per quanto riguarda le somme che si trovano già depositate sul conto al momento della notifica del pignoramento (i cosiddetti risparmi), queste possono essere congelate solo nella misura eventualmente superiore al triplo dell’importo dell’assegno sociale. Ad esempio, consideriamo l’anno 2024, quando l’assegno sociale ammonta a 503,27 euro. Il triplo è pari a 1.509,81 euro. Questo significa che se il conto contiene una somma uguale o inferiore a tale limite, essa non può essere pignorata. Viceversa, se il conto contiene una somma superiore, si può pignorare solo l’eccedenza (ad esempio, se il conto contiene 2.000 euro, saranno pignorati solo 490,19 euro);
  • su tutti i successivi accrediti ricevuti a titolo di stipendio o pensione, la banca tratterrà solo un quinto, ossia il 20%, mentre la residua parte verrà lasciata al correntista. Tuttavia, se si tratta di pensioni, il 20% viene calcolato sulla quota della pensione a cui sia stato prima sottratto il cosiddetto «minimo vitale». Il minimo vitale è pari al doppio dell’assegno sociale. Ad esempio, per il 2024 tale limite è pari a 1.006,54 euro. Dunque se il debitore possiede una pensione uguale o inferiore a tale importo non subirà alcuna trattenuta. Diversamente, la trattenuta sarà pari alla differenza tra la pensione e il minimo vitale;
  • se il creditore è l’Agente per la Riscossione Esattoriale, il pignoramento dello stipendio o della pensione sarà di 1/10 per mensilità fino a 2.500 euro; di 1/7 per mensilità tra 2.5001 e 5.000 euro; di 1/5 per mensilità superiori a 5.000 euro. Lo stipendio o la pensione accreditato subito dopo il pignoramento non può essere pignorato.

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