In caso di omessa o falsa dichiarazione dei beni pignorabili, richiesta dall’ufficiale giudiziario, segue la sanzione penale.
È quanto ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 5 novembre 2019, n. 44895 (testo in calce).
Sommario
La vicenda
Il caso vedeva un debitore essere condannato per il reato di cui all’art. 388, comma 6, c.p., perché, invitato dall’ufficiale giudiziario ad indicare le cose o i crediti utilmente pignorabili, ometteva di rispondere all’invito a presentarsi presso l’UNEP nel termine di 15 giorni come previsto dalla legge.
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La decisione
Secondo quanto disposto dall’art. 492, comma 6, c.p.c., l’ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare altri beni utilmente pignorabili nel caso in cui quelli assoggettati a pignoramento appaiano insufficienti a soddisfare le ragioni vantate dal creditore procedente, oppure nel caso in cui sia manifesta la lunga durata della liquidazione, con l’avvertimento della sanzione prevista in sede penale in caso di omessa o falsa dichiarazione ex art. 388 c.p.
A seguito della l. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 2, è stato introdotto un novo comma 6 all’art. 388 c.p., che lo rende applicabile anche al debitore che ometta di rispondere entro 15 giorni all’invito rivolto dall’ufficiale giudiziario, o che effettui una falsa dichiarazione, prevedendo una sanzione penale per il caso di mancata collaborazione da parte dell’esecutato.
L’oggetto della dichiarazione è complesso in quanto vi figurano non solo gli ulteriori beni utilmente pignorabili, ma anche i luoghi in cui essi si trovino e le generalità dei terzi debitori; la ratio della riforma è quella di consentire all’ufficiale giudiziario di ricostruire nel modo più completo possibile il patrimonio del debitore, tutelando l’interesse del creditore alla effettività della procedura esecutiva ed al contempo imponendo al debitore un vero e proprio onere di collaborazione.
Ai fini della consumazione del delitto la norma incriminatrice non richiede che il creditore procedente abbia effettivamente subito un danno, ma si limita a predisporre strumenti di preventiva tutela della sua pretesa, facendo obbligo al debitore di indicare al pubblico ufficiale tutto ciò che possa condurre al pieno soddisfacimento della pretesa azionata in sede esecutiva.
Conseguentemente la dichiarazione del debitore, sebbene non legata a particolari vincoli formali, deve fornire una adeguata informativa all’ufficiale giudiziario e deve considerarsi omessa non solo quando manchi del tutto allo scadere del termine espressamente stabilito dalla legge, ma anche nel caso in cui non contenga elementi utili a consentire l’esatta identificazione degli ulteriori beni pignorabili, risultando così inidonea a determinare l’effetto della immediata apposizione del vincolo, ossia quando non vengano indicati con certezza i beni pignorabili, la loro ubicazione o il terzo debitore con modalità idonee a consentire al creditore di procedere ai successivi adempimenti di legge.
Il debitore non può sottrarsi all’obbligo dichiarativo imposto contestando la sussistenza dei presupposti del correlato invito a rendere la dichiarazione in oggetto o la congruità della dichiarazione già resa, ovvero nelle ipotesi in cui insorgano controversie tra lo stesso debitore e l’ufficiale giudiziario; in questi casi il debitore ha la facoltà di rivolgersi al giudice dell’esecuzione per ottenere una pronuncia con le forme dell’opposizione agli atti esecutivi.
CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 44895/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF
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