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Una famiglia comasca si è vista congelare 15mila euro per presunti debiti. Non c’è traccia però dell’atto giudiziario. L’avvocato: «Un’azione per ottenere risarcimento»

Una somma bloccata sul conto corrente per un pignoramento di cui però non vi è traccia: è la vicenda dai contorni kafkiani, di cui è protagonista una famiglia comasca, che dopo tre anni di inutili richieste a Poste Italiane, si è rivolta a un legale per tornare in possesso dei propri soldi e per esigere un risarcimento del danno subito.

Tutto ha avuto inizio a marzo del 2016, quando Poste Italiane eseguirono un blocco sul conto corrente postale della famiglia, rendendo indisponibili 15.400 euro, a seguito della richiesta di un creditore.

Lo stupore dei titolari del conto, madre e figlio, fu grande, perché non avevano alcuna procedura esecutiva in corso. Così chiesero lumi allo sportello. Senza mai ottenerli. La somma in realtà non è mai stata stornata: resta sul conto, ma da allora è come se non ci fosse. Indisponibile per i due.

Passano tre anni di inutili reclami, fino a quando, e siamo allo scorso mese di maggio, madre e figlio decidono di rivolgersi a un legale, l’avvocato Maria Teresa Moiana. «Poste Italiane non ha ancora fornito l’atto giudiziario sottostante che giustifica il blocco, cioè l’esecuzione del pignoramento» spiega in breve il rappresentante della famiglia. «E nonostante ciò mantiene il “fermo” su quella somma. Ci spieghi il perché e, se non vi sono ragioni, la sblocchi e si prepari a risarcire il danno subito dai mieci clienti per non aver potuto disporre di quei soldi per tutto questo tempo».

L’avvocato ricorda di avere presentato a maggio «una richiesta di accesso agli atti e Poste Italiane mi ha fornito solo un riferimento del Tribunale di Genova, cronologico 173/15. Ho cercato allora sia al Tribunale di Genova, che in quello di Como, territorialmente competente, ma in nessuna delle due cancellerie delle esecuzioni mobiliari vi era traccia della iscrizione a ruolo della procedura esecutiva».

Per scrupolo ad agosto l’avvocato deposita un secondo accesso agli atti: «Le Poste mi hanno assicurato che la richiesta è stata inviata al Centro Pignoramenti Ufficio di Genova competente per il territorio della Lombardia e che mi avrebbero risposto al più presto. Era il 30 agosto. Aspetto ancora una risposta».

Potrebbe trattarsi di un errore, dunque? «Non lo so. Ma mi pare che Poste Italiane a questo punto non abbia alibi e mostri di non avere alcun rispetto per i propri clienti. Avvia una blocco senza essere in grado di fornire ai suoi correntisti l’atto giudiziario che lo giustifica. Sono passati più di tre anni, quei 15.400 euro restano indisponibili. L’asserita posizione debitoria che ha dato origine alla procedura esecutiva conclusasi con il blocco della somma, è del tutto sconosciuta ai miei clienti. Infatti agli stessi non è stato notificato alcun atto processuale. E nemmeno è stato notificato atto di pignoramento presso terzi. Poste Italiane è a conoscenza del cronologico che ha giuridicamente permesso il blocco della somma, ma non può non essere in possesso dell’atto sul quale il cronologico è scritto, posto che è parte integrante delle procedura esecutiva mobiliare».

Quindi? «Se quell’atto non esiste, mi sembra evidente la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di Poste Italiane per procurata lesione del diritto all’integrità del patrimonio. Oltre a esigere lo sblocco immediato, avvieremo quindi un’azione risarcitoria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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