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L’eccesso di regolamentazione da parte del
legislatore genera spesso ad una vera e propria ipertrofia
normativa
all’interno della quale è sempre difficile
orientarsi. Un tipico esempio è offerto dalla normativa che ha
messo in piedi il superbonus (l’art. 119 del D.L.
n. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio) che, nonostante gli tanti
effetti positivi, sarà (lo è già) causa di
accertamenti, ricorsi e
sentenze di ogni ordine e grado.

Superbonus e condomini

Benché di esempi sul superbonus se ne potrebbero fare tanti,
oggi parleremo della disposizione di cui all’art. 119,
comma 9-bis
del Decreto Rilancio, “pensata” troppo
frettolosamente senza aver chiaro l’intero quadro di riferimento
che comprende norme di diversa natura.

Questa disposizione consente l’avvio di un intervento di
superbonus all’interno di un condominio prevedendo
che lo stesso possa essere approvato dall’assemblea con un numero
di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti
e almeno un terzo del valore
dell’edificio
. Una disposizione voluta per velocizzare
l’iter di approvazione degli interventi ma che, evidentemente, non
prende in considerazione alcune regole di base previste dal codice
civile (o forse le prende ma gli utilizzatori spesso le dimenticano
o non le conoscono).

Interventi sulle parti private

Un aspetto già chiarito dai tribunali riguarda l’istallazione di
un cappotto termico che andrebbe ad incidere non solo sulle parti
comuni ma anche

su quelle private
(si pensi ai balconi). In questo si dovrebbe
mediare il principio dell’efficienza energetica
con il diritto sulle parti private.

Nonostante i ponti termici, è ormai pacifico
che per l’approvazione di un intervento di isolamento
termico a cappotto
che beneficia del superbonus non serve
solo la maggioranza prevista dal Decreto Rilancio, ma anche il
via libera dei condomini interessati da un
intervento che comporterebbe la riduzione della superficie di
calpestio dei balconi. In caso contrario il cappotto potrà essere
realizzato a “macchia di leopardo”, superando le parti private di
chi non vuole una riduzione della superficie di calpestio.

Decoro architettonico

Altro argomento su cui è recentemente intervenuto il Tribunale
di Sulmona (sentenza n. 234/2023 dell’1 agosto 2023) è quello del
decoro architettonico. In questo caso oggetto
dell’intervento dei giudici è la legittimità di una
delibera di condominio
che ha approvato con maggioranza
dei voti i lavori di manutenzione straordinaria consistenti in un
intervento trainante di isolamento termico delle superfici opache,
verticali o inclinate che interessano l’involucro dell’edificio e
in un intervento trainante di miglioramento sismico di
installazione di impianto fotovoltaico e installazione di impianti
di accumulo.

Secondo i ricorrenti, la delibera sarebbe nulla
in quanto adottata a maggioranza e non all’unanimità
nonostante:

  1. comporti una modifica dell’estetica del
    fabbricato
    e quindi il decoro architettonico dello
    stesso;
  2. incida i n maniera considerevole sulle proprietà esclusive dei
    ricorrenti riducendo notevolmente la superficie
    calpestabile dei balconi
    .

Mentre il secondo punto è già stato affrontato (e basterebbe da
solo per rendere nulla la delibera), interessante è la risposta del
tribunale relativamente al decoro architettonico
dell’edificio
.

Nel caso di specie, infatti, l’istallazione del cappotto termico
avrebbe comportato una vera e propria innovazione in quanto avrebbe
modificato l’aspetto esteriore della facciata, eliminando la parete
in pietra e quella con mattoni a vista.

A questo punto i giudici hanno ricordato il quarto comma
dell’art. 1120 c.c. che vieta le innovazioni:

  • che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla
    sicurezza del fabbricato
    ;
  • che ne alterino il decoro architettonico;
  • che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili
    all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

È giurisprudenza costante che per decoro architettonico del
fabbricato debba intendersi l’estetica data dall’insieme delle
linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed
imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio
stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia,
senza che occorra che si tratti di edificio di particolare
pregio artistico.

La Cassazione ha chiarito che il divieto previsto dall’art.
1120, in ordine alle innovazioni che alterino il
decoro architettonico del fabbricato, è
incondizionato, in quanto prescinde sia dalla
formazione di eventuali maggioranze assembleari in senso contrario
sia da modifiche di fatto apportate da alcuni condomini alla
fisionomia iniziale dello stabile, consentendo quindi anche ad un
solo condomino di esprimere il proprio dissenso e di agire per il
ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato.

Conclusioni

Secondo i giudici, è evidente che nel caso di specie
l’intervento deliberato altererebbe sensibilmente la fisionomia
dell’intero edificio e della facciata stessa, ragion per cui
modifica/altera in maniera evidente il decoro architettonico
dell’edificio, rendendo la delibera, che lo
approva solo a maggioranza dei condomini, nulla perché
contraria all’art. 1120 c.c.
.

Come già osservato, anche volendo superare la questione
dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio, la
delibera sarebbe nulla in quanto approva un intervento che incide
sulla proprietà esclusiva dei condomini senza che vi sia stato il
loro consenso unanime.

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