Con la sentenza in epigrafe i Giudici della V Sezione sono chiamati a pronunciarsi sul reato di bancarotta documentale e, precisamente, sul ricorso presentato da due amministratori di una s.r.l. succedutisi nel tempo nell’assunzione della carica gestoria.
Mentre la difesa di uno degli imputati denuncia la carenza di una approfondita motivazione in ordine all’elemento soggettivo della fattispecie ascritta, quella del secondo amministratore – invoca la necessità di procedere ad una più opportuna derubricazione dell’imputazione in bancarotta semplice.
Con riguardo alla prima censura, la Suprema Corte rammenta il proprio costante orientamento secondo cui “il reato previsto dall’art. 216, comma primo, n. 2, della legge fallimentare richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione”.
In merito alla richiesta della difesa del coimputato, invece, i Giudici di legittimità affermano che dinnanzi a meccanismi negoziali di cessione di quote sociali da una società ad un’altra e alla successiva assunzione della qualifica di amministratore delle due società da parte dell’imputato deve escludersi la semplice negligenza posta a fondamento della bancarotta semplice, “poiché il concatenarsi degli strumenti negoziali, tramite i quali era stato realizzato il trasferimento di beni aziendali da una società all’altra, [nel caso di specie la sede sociale della s.r.l. era stata trasferita a Londra] poteva essere frutto solo di una dolosa preordinazione e l’accertato elemento psicologico estendeva i suoi riflessi anche sulla condotta di irregolare tenuta della contabilità ascritta al ricorrente”.
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