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Che cosa può fare l’amministratore se a seguito della notifica di un decreto ingiuntivo per l’omesso pagamento di quote condominiali il condomino ingiunto chiede di trovare un accordo sul pagamento?

È utile ricordare che se richiesto ai sensi dell’art. 63, primo comma, disp. att. c.c. – ossia sulla base dello stato di riparto approvato dall’assemblea – il decreto ingiuntivo viene emesso con la formula della provvisoria esecutività: in buona sostanza esso anche se pende il termine di opposizione – salvo provvedimento di sospensione – rappresenta titolo per procedere all’esecuzione forzata. Senza il piano di ripartizione della spesa il condomino moroso la fa franca

Una volta notificato l’atto giudiziario accompagnato dal precetto di pagamento – nel caso di provvisoria esecutività – l’ingiunto ha dieci giorni di tempo dalla data di notifica per pagare spontaneamente tutto quanto richiesto; trascorso invano tale periodo, il creditore può procedere con il pignoramento.

Non è raro che i condòmini morosi ignorino il tutto, ma è altrettanto ricorrente che qualcuno si “faccia vivo” per pagare. In questi casi non è raro che vengano avanzate richieste di rateizzazione oppure di minor pagamento (es. spese legali).

Che cosa fare in questi casi?

È utile ricordare che ai sensi dell’art. 1129, dodicesimo comma, c.c. costituisce grave irregolarità per la revoca dell’amministratore “qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva“.

Come dire: una volta richiesto il decreto ingiuntivo s’aziona un meccanismo complesso e qualora dovesse incepparsi per responsabilità dell’amministratore, questi ne avrebbe responsabilità tali da poter essere messo alla porta.

Ed allora? La valutazione dev’essere fatta in due modi:

a) valutando tutte le circostanze utili con il legale del condominio;

b) eventualmente coinvolgendo l’assemblea.

È bene ricordare che il precetto notificato assieme al decreto ha una validità temporale ben precisa, come ricorda l’art. 481 c.p.c. che recita:

Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non è iniziata l’esecuzione.

Se contro il precetto è proposta opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma dell’articolo 627.

La scadenza del precetto comporta la necessità di notificare nuovamente l’intimazione di pagamento.

Va valutato, quindi, se è utile o rischioso attendere d’azionare quel titolo di pagamento. Può accadere, infatti, che il condomino moroso chieda di pagare in poche settimane dalla ricezione del titolo l’intera sorte capitale e le spese si può anche decidere autonomamente di accettare l’accordo.

Se, invece, l’accordo riguarda anche, ad esempio, le spese legali, posto che difficilmente il legale rinuncerà al proprio guadagno, è consigliabile rivolgersi direttamente all’assemblea, la quale, ce lo ricorda la Cassazione, “secondo i principi generali espressi dall’art. 1135 c.c. ha il potere di deliberare su tutto ciò che riguardi le spese d’interesse comune e quindi anche eventuali atti di transazione che a dette spese afferiscono” (Cass. 16 gennaio 2014 n. 821).

Come dire: la transazione è sempre possibile, ma se non riguarda solamente i tempi o se si tratta di tempi lunghi (che vanno oltre la data di scadenza del precetto) è bene che sia l’assemblea a decidere in merito.

(Guai per l’amministratore che non consegna l’elenco dei morosi. Rischia di pagare di tasca propria)

 

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