“Il creditore procedente, nel caso in cui solo uno dei cointestatari sia suo debitore, può legittimamente pignorare solo le quote di conto corrente spettanti a questo mentre non può aggredire l’intero conto corrente”.
Il debito in condominio. Con il nuovo art. 63 disp. att. c.c., ormai è noto il divieto, per il terzo creditore, di agire contro i condomini in regola con i pagamenti (delle spese condominiali) se non dopo aver inutilmente escusso quelli morosi, il cui elenco dovrà essergli fornito dallo stesso amministratore.
Difatti, quando una società che ha eseguito lavori, ad esempio di ristrutturazione, all’interno del condominio non riceve il pagamento della prestazione al termine dei lavori, scatta il principio della solidarietà e sussidiaria tra condomini.
Ciò vuol dire che i creditori devono agire in esecuzione forzata, in primo luogo nei confronti del condomino moroso, ossia nei confronti di colui che non è in regola con il versamento delle spese condominiali.
Solo in questo caso, pertanto, il creditore, una volta munitosi del titolo esecutivo nei confronti del condominio nella sua interezza, potrà agire personalmente nei confronti dei condòmini morosi, per la quota di rispettiva pertinenza, ma solo dopo la notifica agli stessi del titolo esecutivo già formatosi e del relativo atto di precetto.
Questa pertanto risulterebbe la procedura corretta che il creditore dovrebbe seguire per cercare legittimamente di soddisfare la propria pretesa pecuniaria.
Il pignoramento del conto cointestato. Anzitutto, giova precisare che l’orientamento giurisprudenziale maggioritario evidenzia che l’art. 1854 c.c. disciplina soltanto i rapporti tra correntisti e banca, mentre nei rapporti interni tra i cointestatari del conto si applica il disposto di cui all’art. 1298 c.c., per cui il credito, salva prova contraria, si presume ripartito “pro quota”, in misura eguale, tra i cointestatari (così Cass. Civ. n. 8758/93, n. 4327/99, n. 4066/99) Più di recente, la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 26991 del 2 dicembre 2013 ha evidenziato che “nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due o più persone, i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ. riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni, non può disporre in proprio favore senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto”.
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