Tra le tante modifiche al Testo Unico Edilizia apportate
dal Decreto Legge n.
69/2024 (Decreto Salva Casa) di cui si è discusso negli ultimi
giorni, una è decisamente passata in sordina quasi non fosse una
grandissima novità.
Sto parlando degli effetti della sanzione alternativa alla
demolizione sulla condizione legittima dell’immobile o dell’unità
immobiliare. Per comprenderla occorre, a monte, definire e aver
chiaro il problema.
La demolizione degli abusi edilizi
L’attuale versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)
consente la regolarizzazione (sanatoria ordinaria) degli interventi
eseguiti in assenza di permesso di costruire/SCIA pesante, in
totale difformità o con variazioni essenziali, a patto che si
tratti di “abusi formali” e, quindi, in possesso della conformità
alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento
della realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda (la doppia conformità).
In assenza di doppia conformità, così come prevede l’art. 31 del
d.P.R. n. 380/2001 (anche questo
modificato dal Decreto Salva Casa), si attiva il procedimento
che porterà alla demolizione dell’abuso, salvo che con
deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti
interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti
interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di
rispetto dell’assetto idrogeologico, previo parere delle
amministrazioni competenti.
Se l’opera risponde alle su-richiamate condizioni, il Comune può
provvedere all’alienazione del bene e dell’area di sedime,
condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione
da parte dell’acquirente delle opere abusive (che non può essere il
responsabile dell’abuso). Quindi dal Decreto Salva Casa ci sarà
un’alternativa alla demolizione di questa tipologia di abusi
edilizi, ma solo a determinate condizioni.
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