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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22540/2019 si pronuncia in merito alla opponibilità agli altri comproprietari di un contratto di comodato stipulato da uno solo di essi.

Il caso: A.P. e F.M venivano convenuti in giudizio dall’Amministrazione giudiziaria della ditta SB. perche’ venissero condannati solidalmente al pagamento di quanto dovuto per l’occupazione di un immobile, con annesso terreno retrostante, da loro detenuto a partire dal 1994, di proprieta’ per meta’ di SB.

Venivano convenute in giudizio anche le altre due proprietarie per meta’ del medesimo immobile, perche’ venissero condannate alla restituzione dei frutti derivanti dall’utilizzazione dell’immobile.

Il Tribunale di Palermo,in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava A.P. al pagamento di 2/4 del valore complessivo del canone di locazione dell’immobile, pari ad Euro 22.530,31, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali; per il giudice, infatti:

a) la domanda nei confronti di A.P. doveva qualificarsi come richiesta di indennita’ per occupazione senza titolo di un immobile altrui, poiche’ risultava che egli aveva occupato parte dell’immobile oggetto del giudizio facendone la sede della sua attivita’ commerciale;

b) del tutto irrilevante peraltro risultava la ricorrenza di un contratto di comodato gratuito tra A.P. e una delle comproprietarie, poiche’ esso non poteva essere opponibile alla parte attrice, stante la eccezionalita’ dell’articolo 1599 c.c. e, quindi, la sua non applicabilita’ a rapporti diversi dalla locazione.

La Corte d’Appello confermava poi la decisione di primo grado, che A.P. impugnava avanti alla Corte di Cassazione, che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, osserva quanto segue:

a) la Corte d’Appello non ha fatto buon governo dei principi emersi dalla giurisprudenza di legittimita’ a sezioni unite (Cass., Sez. un., 04/07/2012, n. 11135) che, in un vicenda riguardante il contratto di locazione, ma la cui ratio decidendi puo’ essere estesa al contratto di comodato, dopo aver esaminato le differenti linee interpretative emerse nel corso del tempo, tra cui quella fondata sul principio della parita’ dei poteri gestori dei comproprietari e del reciproco rapporto di rappresentanza tra comunisti, ha criticato sia la tesi, fino ad allora prevalente, del mandato disgiuntivo presunto, sia quella dell’estraneita’ degli altri comproprietari rispetto al contratto stipulato da uno dei comunisti, fatta propria dalla sentenza oggetto dell’odierna impugnazione;

b)  al contrario, la fattispecie deve essere ricondotta nell’ambito di applicazione delle disposizioni concernenti la gestione di affari altrui ed ha espresso il seguente principio di diritto: “La locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell’ambito della gestione di affari ed e’ soggetta alle regole di tale istituto, tra le quali quella di cui all’articolo 2032 c.c., sicche’, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore puo’ ratificare l’operato del gestore e, ai sensi dell’articolo 1705 c.c., comma 2, applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato articolo 2032 c.c., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla rispettiva quota di proprieta’ indivisa“;

c) nel caso di specie, l’Amministrazione Giudiziaria della ditta SB., pur potendo richiedere l’immediato rilascio dell’immobile in assenza di ratifica del contratto di comodato, non aveva il diritto di pretendere dall’odierno ricorrente l’indennita’ per occupazione senza titolo, stante che il contratto di comodato stipulato dalla comproprietaria, a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza gravata, avrebbe dovuto considerarsi un contratto opponibile.

Esito: accoglimento del ricorso con rinvio

 

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