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Con ordinanza emessa in data 30 giugno 2022, n. 20836, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su due motivi di censura rinvenienti da opposizione a decreto ingiuntivo di un condomino afferente la riscossione di oneri condominiali intentata da un Condominio e lo conveniva innanzi al Tribunale di Rieti; il giudice di prime cure revocava tale provvedimento monitorio, annullando la deliberazione posta a fondamento del provvedimento monitorio, con sentenza n. 577/2005.

Avverso tale pronuncia l’appellante-condominio proponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello di Roma. Anche il giudice di appello territorialmente competente rigettava il gravame, confermando la revoca del detto decreto ingiuntivo impugnato con sentenza del 10 luglio 2015, n. 4177.

Avverso la decisione del giudice del gravame, il ricorrente-Condominio proponeva ricorso in cassazione adducendo due motivi. Resisteva il condomino con controricorso.

Questioni pregiudiziali: rigetto.

In via preliminare, la Suprema Corte riteneva infondate le eccezioni pregiudiziali sollevate nel controricorso dal condomino-resistente, in ordine al requisito imposto dall’art. 366, comma 1, n. 3), c.p.c., secondo cui il ricorso per cassazione conteneva una sufficiente esposizione dei fatti di causa, dalla quale risultavano le posizioni processuali delle parti, nonché gli argomenti dei giudici dei singoli gradi; anche l’aspetto afferente l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6), c.p.c.

I due motivi del ricorso denotavano specificità, completezza e riferibilità alla decisione, veniva ritenute infondate le eccezioni preliminari sollevate.

I motivi del ricorso

Il primo motivo. Il ricorrente deduceva la violazione degli artt. 112, 113, 115, 116, e 645, nonché dell’art. 2967 c.c., assumendo che il Condominio aveva comunque provato nel corso del giudizio la sua pretesa creditoria.

Il secondo motivo. Si deduceva l’omesso esame circa un fatto decisivo, quanto all’obbligo del condomino-resistente risultante altresì dal consuntivo per l’anno 2001, dall’interrogatorio formale e dalle prove testimoniali assunte.

I due motivi di ricorso venivano esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rilevavano in sostanza fondati.

L’onere probatorio ex art. 2967 c.c.

La Suprema Corte, con l’analisi del punto di ricorso, ha rilevato che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il Condominio ha soddisfatto l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale di assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese nonché i relativi documenti (cfr. Cass. civ. sez. II, 29 agosto 1994, n. 7569; Cass. civ. sez. II, 23 luglio 2020, n. 15696).

L’atto collettivo come titolo per l’azione del credito condominiale

Infatti, come sostenuto dagli ermellini, la delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione costituisce titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, nel cui ambito, peraltro, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c. (Cass. civ. S.U. 14 aprile 2021, n. 9839).

L’opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio a cognizione piena

Va, altresì, sottolineato dalla Cassazione che l’annullamento della delibera di riparto, su cui era radicato il decreto ingiuntivo, non preclude tuttavia al giudice dell’opposizione di pronunciare sul merito della pretesa, emettendo sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito azionato sussiste, pertanto esigibile e che il condominio né è titolare ai sensi dell’art. 1123 e ss c.c.

In sostanza, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per contributi condominiali ha comunque ad oggetto l’intera situazione giuridica controversa, sicché al momento della decisione che occorre avere riguardo per la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti di fatto e diritto per l’accoglimento della domanda di condanna del debitore (Cass. civ. 31 agosto 2020, n. 18129).

Valore della deliberazione sulla natura degli oneri condominiali.

Approfondendo gli aspetti della fattispecie, la Suprema Corte ravvisava un duplice oggetto della deliberazione dell’assemblea condominiale con un intervento di manutenzione delle parti comuni:

  1. l’approvazione della spesa, che significava che l’assemblea aveva riconosciuto la necessità di quella spesa in quella misura;
  2. la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipendeva dal valore della proprietà di ciascuno o d’uso di ciascuno può fare della cosa.

In particolare, ove si tratti lavori di manutenzione straordinaria o che consistano in un’innovazione, la delibera di approvazione assembleare dell’intervento ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, sicché l’annullamento della stessa priva la pretesa creditoria di un indispensabile requisito di fondatezza (Cass. civ. 14 ottobre 2019, n. 25839).

Nel caso, viceversa, si tratti di contributi occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni o per l’esercizio dei servizi comuni, la deliberazione assembleare di ripartizione (necessaria per concessione dell’esecuzione provvisoria al decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.) ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici il valore delle spese per ogni condomino.

Sicché l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali, non richiede, dunque, quale fatto costitutivo del credito per la riscossione degli oneri condominiali da parte del condominio, la preventiva approvazione assembleare; l’approvazione richiesta dalla legge in sede di consuntivo serve, piuttosto, per accertare le spese e approvare lo stato di ripartizione definitivo (cfr. Cass. civ. 11 gennaio 2017, n. 454).

Posto ciò, il rendiconto consuntivo di un determinato periodo di gestione, pur rappresentando idoneo titolo di credito complessivo per somme dovute al condominio da ogni singolo condomino, non dà luogo ad un nuovo ed autonomo fatto costitutivo del credito stesso (Cass. civ. 15 febbraio 20121, n. 3847).

Ne consegue, che anche l’annullamento della delibera di approvazione del rendiconto e dello stato di ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non esonera il giudice di verificare la fondatezza della pretesa creditoria del condominio nei confronti dei partecipanti in base ai criteri di ripartizione stabiliti dalla legge (Cass. civ. 23 febbraio 2017, n. 4672; Cass. civ. 26 aprile 2013, n. 10081).

Pertanto, la Corte di Appello di Roma ha errato a non valutare se, nonostante l’annullamento, per difetto di quorum, della deliberazione assembleare del 21 aprile 2001, le ulteriori risultanze probatorie comprovavano la sussistenza del credito del condominio verso il condomino.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa, anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

 

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