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Un abuso edilizio consistente nella realizzazione di un innalzamento della quota del sottotetto non può beneficiare del terzo condono edilizio in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli.

Un intervento di adeguamento funzionale del sottotetto, attraverso innalzamento della quota di copertura (da 2,70 mt. a 2,90 mt) non può ottenere la sanatoria straordinaria del terzo condono edilizio in zona vincolata.

Ce lo ricorda il TAR Salerno nella sentenza 860/2024 del 19 aprile scorso, che fa il punto anche sulle differenze intercorrenti tra restauro e risanamento conservativo – che, invece, rientrano tra le opere sanabili del DL 269/2003 in area vincolata – e ristrutturazione edilizia/nuova costruzione che, proprio come nel caso di specie, rappresentano un intervento ‘maggiore’ non sanabile.

 

Come si configura l’adeguamento del sottotetto?

Il ricorso impugna il diniego dell’istanza di condono edilizio presentata per un intervento di adeguamento funzionale del sottotetto, attraverso innalzamento della quota di copertura (da 2,70 mt. a 2,90 mt), realizzato sul fabbricato di proprietà.

Il Comune ha respinto l’istanza deducendo che l’art. 32 legge 326/2023, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, consentirebbe la sanatoria solo degli abusi minori ricompresi nelle Tipologie 4, 5 o 6 All. 1) conformi con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, mentre l’intervento controverso integrerebbe nuova costruzione (Tipologia 1), in contrasto con la disciplina urbanistica vigente.

Per il ricorrente, insomma, l’intervento edilizio in questione consiste in un adeguamento funzionale (e non in nuova costruzione), rientrante nella Tipologia 4 o 6 dell’Allegato 1 all’art. 32 L. 326/2003.

 

Le regole del Terzo condono in zona vincolata

Sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del D.L. n. 269 del 2003 possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del DL 269/2003, corrispondenti a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere.

Tale impostazione è stata recentemente ribadita dal Consiglio di Stato, il quale ha statuito che: “Ai sensi dell’art. 32, commi 26 lettera a) e 27 del D.L. 269/2003, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell’allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti ai vincoli indicati dalla norma, a prescindere dal fatto che (ad anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area. Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell’allegato 1 al d.l. n. 326, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere della autorità preposta alla tutela del vincolo” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 luglio 2023, n. 7318).

 

Le coordinate del Terzo condono edilizio: si può sanare un fabbricato su 3 livelli in zona vincolata?

Il condono previsto dall’art. 32 del DL 269/2003 (Terzo condono edilizio) trova applicazione esclusivamente in presenza di interventi di minore rilevanza, cioè restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

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Innalzamento della quota del sottotetto: niente condono edilizio 

L’abuso consiste nella realizzazione di un innalzamento della quota e dunque, a fronte del richiamato ambito di applicabilità del c.d. terzo condono, questo tipo di intervento non vi rientra in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli.

Di fatto, quindi, non è un’opera condonabile.

In senso conforme, si richiama infine la decisione del T.A.R. Toscana, ove si è statuito che: “La funzione del risanamento e restauro conservativo è quella di conservare un immobile esistente – seppur consolidandone, ripristinandone o rinnovandone elementi costitutivi – e per ciò stesso si differenzia dalla ristrutturazione edilizia, volta invece alla trasformazione dell’edificio. Proprio in ragione della suddetta funzione conservativa vanno inclusi nell’ambito del risanamento conservativo nuovi volumi, anche di modesta entità. Pertanto, un intervento che comporti l’innalzamento di una falda del tetto in modo da pareggiarne la quota d’imposta rispetto a quella delle altre due falde, con conseguente aumento volumetrico non può essere qualificabile come intervento di restauro e risanamento conservativo, avendo prodotto un aumento volumetrico e perciò ecceduto i limiti entro cui tale intervento è confinato dalla sopra citate norme. Infatti, il presupposto imprescindibile per ricondurre al risanamento conservativo gli interventi eseguiti sul sottotetto ed involgenti la copertura dell’immobile è il mantenimento della quota d’imposta della copertura stessa” (T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III, 27 febbraio 2018, n. 314).


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE.

 

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