,Il recupero del piano seminterrato e la trasformazione in unità abitabile costituisce un intervento di ristrutturazione edilizia e non di risanamento conservativo. Pertanto non è ammesso il condono edilizio, se l’immobile si trova in area vincolata. Lo ha stabilito la VI sezione del Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 10062 del 23.11.2023.
Recupero del seminterrato: il caso
In area soggetta a vincolo idrogeologico e paesaggistico, nell’ente parco nazionale del Circeo, al piano interrato di un immobile vengono eseguiti lavori edilizi senza titolo che trasformano un vano tecnico adibito agli impianti in un’unità immobiliare con struttura portante in muratura della superficie di mq 118, con altezza variabile tra 1,80 e 2,30 metri. Il Comune ingiungeva la demolizione delle opere, e il proprietario presentava ricorso al TAR contro l’ordine demolitorio e avanzava domanda di condono edilizio (terzo condono), che il Comune respingeva. Contro l’ingiunzione di demolizione il proprietario sosteneva che il piano interrato esistesse da tempo e che l’intervento edilizio si era limitato ad opere di bonifica con tramezzature interne e due piccoli bagni, destinando parte del locale a palestra sauna e spogliatoio.
Stante la natura interna delle opere realizzate e la non edificazione ex novo dell’unità immobiliare sottointerrata, il ricorrente chiedeva l’annullamento dell’ordinanza demolitoria, contestando anche violazione della normativa paesaggistica, dato che le opere interne non incidono sull’aspetto esteriore dell’edificio.
Prova del titolo edilizio
Il ricorso al TAR veniva respinto. Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sull’appello, chiarisce in primo luogo che l’onere di provare la preesistenza del titolo edilizio legittimante la costruzione del piano interrato gravava sul privato. Tale carenza probatoria, secondo il Supremo Collegio non può essere supplita dalla relazione tecnica depositata nel processo, perché “una perizia di parte, ancorché giurata, non è dotata di efficacia probatoria pertanto non è qualificabile come mezzo di prova”. Per i giudici di palazzo Spada, le dichiarazioni della perizia giurata non avrebbero neppure valore di prova testimoniale, perché introdotte nel giudizio al di fuori della procedura prevista per la testimonianza.
Tuttavia il Collegio desume dalla perizia depositata in atti che lo spazio sottostante poteva plausibilmente non essere contenuto nei titoli edilizi perché era effettivamente uno spazio utilizzato, come descrive il perito, solo per alloggio degli impianti a servizio dell’abitazione soprastante. Dunque si trattava di un vano tecnico. A maggior ragione quindi, rileva il Consiglio di Stato, costituisce abuso l’aver reso abitabile e fruibile, senza titolo autorizzatorio, uno spazio che prima non lo era, “creando di fatto un nuovo volume urbanisticamente rilevante”. Né era accolta la tesi del proprietario, secondo la quale i lavori sarebbero consistiti in un mero intervento di risanamento conservativo, che poteva essere condonato.
Risanamento conservativo o ristrutturazione?
Il risanamento conservativo, chiariscono i Giudici di Palazzo Spada, comprende il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, al fine di consentire il recupero dell’edificio esistente, che si vuole conservare. Esso è incompatibile con il mutamento di destinazione d’uso, accompagnato da una risistemazione strutturale interna del volume originariamente non abitabile. La giurisprudenza penale, citata dalla pronuncia in commento (Cass. pen III 6873/2017) ha statuito che il mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato con realizzazione di opere edilizie configura quantomeno un’ipotesi di ristrutturazione edilizia, perché i lavori, anche se di modesta entità, portano pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Inoltre, lo spazio che prima della trasformazione edilizia era irrilevante urbanisticamente e non fruibile, ha acquisito rilevanza dopo i lavori, dando luogo ad un aumento di volumetria del fabbricato. La trasformazione dell’originario volume tecnico in un locale destinato a palestra e sauna costituisce quindi per il Consiglio di Stato, creazione di una nuova volumetria per la quale sarebbe stato necessario munirsi di adeguato titolo edilizio rispettoso della disciplina edilizia della zona.
Recupero del seminterrato: Terzo Condono e ristrutturazione
La qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia preclude anche l’ammissibilità al condono delle predette opere. Infatti, precisa il Consiglio di Stato, in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il terzo condono edilizio (art. 32 D.l. 269/2003 con. in L. 326/2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza, quali il restauro, il risanamento conservativo e la manutenzione straordinaria, previo in ogni caso il parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
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