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Cartelle di pagamento per arretrati non versati dovuti a contributi di previdenza dovuti: quando scadono i termini per esigere il pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione e come fare opposizione?

Se il postino dovesse consegnarti un’intimazione di pagamento da parte di Agenzia Entrate Riscossione e, nel foglio contenente il dettaglio delle somme dovute, dovessi accorgerti della presenza di vecchie cartelle esattoriali notificate svariati anni fa, sapresti come comportarti? Immagina di trovare, nell’elenco dei debiti scaduti, la dicitura «contributi previdenziali Inps». Si tratta dei contributi necessari alla pensione che, come noto, vanno versati annualmente.

Ebbene, come tutti i debiti anche la cartella di pagamento emessa per contributi previdenziali dovuti all’Inps e non versati ha un termine di prescrizione.

La giurisprudenza della Cassazione, dopo che le Sezioni Unite del 2016 hanno definitivamente rigettato la tesi dell’allora agente per la riscossione (Equitalia SpA) secondo cui i termini per esigere il versamento dai contribuenti sono sempre di dieci anni, ha definito in modo certo qual è la prescrizione della cartella esattoriale Inps.

La questione è stata riproposta, nei medesimi termini, alla stessa Corte Suprema che, con una recente ordinanza, ha definito ancora una volta come va risolta la questione. Ecco qual è l’attuale interpretazione dei giudici.

La prescrizione delle cartelle di pagamento

Come noto, la diatriba che si trascina da diversi anni è se le cartelle esattoriali, quindi non solo quelle per contributi dovuti all’Inps, si prescrivano in cinque o dieci anni. Chi ha aderito a quest’ultima tesi ha considerato le cartelle non impugnate alla pari di provvedimenti definitivi dei giudici che, come tali, hanno sempre prescrizione decennale.

Di diverso avviso sono state le Sezioni Unite della Cassazione [1] che, come anticipato poc’anzi, hanno definitivamente chiarito che le cartelle di pagamento hanno natura amministrativa, natura che non muta neanche dopo la scadenza del termine per fare ricorso e che, quindi, sono divenute ormai non più impugnabili.

Questo fa sì che le cartelle di pagamento, qualsiasi sia la natura dell’importo in esse richiesto, abbiano un termine di prescrizione diverso dalle sentenze giudiziarie.

Di qui, la riproposizione della questione: qual è allora la prescrizione delle cartelle di pagamento?

La tesi predominante vuole che, in assenza di una specifica normativa sul punto, le cartelle abbiano la stessa prescrizione prevista per il tipo di tributo o di sanzione in esse riportato. Per cui, bisogna riferirsi alla disciplina del singolo tributo.

Il che significa assegnare una prescrizione di dieci anni per le cartelle con cui vengono riscosse le imposte dovute allo Stato (Irpef, Iva, Ires, canone Rai, imposta di bollo, ipotecaria e catastale, ecc.) e di

cinque anni per le cartelle relative a imposte locali (Imu, Tari, Tasi, ecc.).

Sempre di cinque anni sarebbero anche i contributi previdenziali e assistenziali, le sanzioni amministrative e le multe stradali.

Di recente, si è formato un orientamento secondo cui anche le imposte statali, purché dovute almeno una volta all’anno (come Irpef, Iva, Irap), si prescrivono in cinque anni. Ciò a fronte della disposizione del Codice civile che prevede la prescrizione quinquennale per tutti i debiti che scadono annualmente o per frazioni inferiori. Sull’argomento puoi trovare un approfondimento nell’articolo: Irpef, Iva, Irap, Ires: quando vanno in prescrizione.

Prescrizione cartella esattoriale Inps

Alla luce di ciò, si può affermare con ragionevole certezza che la cartella esattoriale Inps ha una prescrizione di cinque anni. E ciò vale anche quando si tratta di una cartella non impugnata e, perciò, divenuta definitiva.

Secondo la Cassazione, quindi, nel caso in cui, nell’arco di 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale Inps, l’Agenzia Entrate Riscossione non proceda:

  • alla riscossione coattiva, ossia al pignoramento dei beni del contribuente;
  • né notifichi una nuova richiesta di pagamento (ad esempio una intimazione di pagamento o un preavviso di fermo o ipoteca).

Tali atti, infatti, hanno l’effetto di interrompere la prescrizione (sono chiamati «atti interruttori della prescrizione») e di farla partire da capo a partire dal giorno successivo alla notifica.

In buona sostanza, affinché ci si possa dire definitivamente libero dal debito della cartella esattoriale Inps è necessario che dall’ultima notifica inviata al contribuente siano trascorsi cinque anni senza che nulla, nel frattempo, sia stato fatto o comunicato nei suoi confronti.

Come far valere la prescrizione della cartella esattoriale Inps?

Veniamo ora agli aspetti pratici ossia alla tutela del contribuente che si accorge di avere un debito arretrato con l’Inps da oltre cinque anni. La scoperta può avvenire in due modi:

  • tramite la notifica di una nuova cartella o di una intimazione di pagamento, da un preavviso di fermo o di ipoteca: in tal caso il contribuente ha 60 giorni di tempo per fare opposizione e chiedere l’annullamento del nuovo atto per intervenuta prescrizione. La richiesta può essere anche anticipata in via bonaria con una istanza in autotutela trasmessa a mezzo raccomandata o pec. Il più delle volte però tali atti non sortiscono alcuna risposta (che peraltro non è obbligatoria e non sospende i termini per fare ricorso al giudice);
  • il contribuente viene raggiunto da un pignoramento (immobiliare, mobiliare o presso terzi): in tale ipotesi egli deve presentare un’opposizione all’esecuzione [3]. Non ci sono termini di scadenza se non il completamento della procedura di pignoramento;
  • il contribuente si fa rilasciare un estratto di ruolo dall’agente della riscossione: lo può fare online o allo sportello. In tale ipotesi, egli può alternativamente: a) far finta di nulla e attendere il successivo atto dell’esattore per poi impugnare quest’ultimo nell’ipotesi in cui dovesse mai essere emesso; b) impugnare l’estratto di ruolo per prescrizione dei debiti Inps ivi indicati. Secondo, infatti, la Cassazione [4], l’estratto di ruolo – che di norma è impugnabile solo se riportante cartelle mai notificate – subisce una regola speciale per le cartelle dovute all’Inps: in tale ipotesi infatti può essere contestato anche per intervenuta prescrizione. Leggi la guida sull’estratto di ruolo Inps.

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