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Il diniego del condono edilizio da parte del Comune di Lucca era giustificato.

Così ha stabilito la terza sezione del Tar della Toscana discutendo il ricorso di un proprietazio di un edificio residenziale alla Cappella, ricandente in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico.

Una vicenda che risale al 1986 quando il padre dell’attuale proprietario aveva presentato istanza di condono per alcuni interventi edilizi in assenza di titoli abilitativi, fra i quali un magazzino, una cantina, un ripostiglio e in seminterrato per il ricovero di machine agricole.
Quasi dieci anni dopo, nel 1995, il Comune ha chiesta di integrare la pratica edilizia in particolare con l’autorizzazione paesaggistica, che però non è mai stata prodotta. In seguito per due volte, nel 2000 e nel 2009, l’ente ha chiesto, per concludere la pratica, un progetto di consolidamento e restauro dei manifatti da regolarizzare. Anche queste richieste sono rimaste inevase e il Comune ha inviato un preavviso di rigetto della domanda di condono.

A quel punto il proprietario ha riferito al Comune di avere già realizzato opere di adeguamento e consolidamento sui manufatti oggetto di condono, in assenza di autorizzazioni. Sugli stessi, nel 2010, ha presentato un’istanza di accertamento di conformità in sanatoria con la domanda di attestazione di compatibilità paesaggistica, effettivamente rilasciata nel marzo 2011. Nel 2019 l’accertamento di conformità in sanatori delle ‘opere di adeguamento e consolidamento’ viene negato dal Comune: le opere oggetti della nuova domanda in sanatoria, infatti, secondo l’ente avrebbero determinato la radicale trasfformazione anche dei volumi, ricadendo peraltro su un bene abusivo perché mai condonato.

Il ricorso al Tar del proprietario non ha dato esito favorevole. Innanzitutto il tribunale amministrativo ha escluso, come esposto dalla difesa, che la domanda di attestazione della compatibilità paesaggistica per le opere di adeguamento e consolidamento, assieme alla domanda di accertamento di conformità in sanatoria, potesse valere anche ai fini della pratica di condono facendo così valere il silenzio-assenso biennale. Inoltre ha escluso che le opere di “adeguamento e consolidamento” di cui si è chiesta la sanatoria, sotto il profilo edilizio e ambientale, costituissero minimali interventi di completamento, manutenzione e messa in sicurezza dei manufatti abusivi e che potessero essere perciò legittimamente realizzati sui beni abusivi.

Una serie di motivi che hanno portato alla respinta del ricorso. Il proprietario dovrà anche pagare le spese di lite quantificate in 3500 euro oltre agli oneri accessori di legge. Al ricorrente non resta che valutare l’ipotesi del ricorso al Consiglio di Stato.



 

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