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E’ bagarre sul “salva-case” lanciato qualche giorno fa dal vicepremier Matteo Salvini, ovvero sia un pacchetto di norme volto a regolarizzare delle “piccole difformità” all’interno delle abitazioni, con l’obiettivo di rimettere sul mercato una moltitudine di immobili e quindi «aiutare migliaia di italiani che non possono vendere o comprare casa per 20 cm di soppalco». Secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, queste irregolarità strutturali interesserebbero quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano.



Cosa prevede il “salva-case”

Ma cosa prevede quello che l’opposizione al Governo bolla come un “ennesimo condono edilizio”? Nelle intenzioni del piano, il cui testo non è ancora definitivo, c’è l’obiettivo di riuscire a «sanare» le difformità di natura formale, legate alle incertezze interpretative della disciplina vigente, le difformità edilizie «interne», riguardanti singole unità immobiliari, a cui i proprietari hanno apportato lievi modifiche (ad esempio tramezzi, soppalchi), ma anche difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi a causa della disciplina della «doppia conforme», che non consente di conseguire il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi interventi, risalenti nel tempo. E ancora per permettere i cambi di destinazione d’uso degli immobili tra categorie omogenee.






Le tre difformità

In particolare sono tre tipi di difformità su cui interverrà la norma voluta da Salvini. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, si tratta di difformità di natura formale, come il disallineamento tra il progetto e quanto materialmente realizzato in cantiere; difformità interne, come le modifiche stratificate nei decenni, ad esempio con gli spostamenti di tramezzi e le aperture di porte; infine «difformità più pesanti, non sanabili per effetto del regime della doppia conformità, che richiede il rispetto di un incrocio di verifiche difficile da superare per moltissimi interventi». Si tratta dunque di «tre livelli crescenti di irregolarità». Sanarle consentirebbe di legittimare lavori ormai consolidati negli anni su singoli elementi, come muri, soppalchi, finestre, nicchie, cornicioni, porte o balconi, che oggi bloccano la circolazione e la ristrutturazione degli immobili, ingolfando peraltro i cassetti degli uffici comunali.



Il quotidiano spiega innanzitutto che per i lavori realizzati prima del 1977 (anno della legge Bucalossi) non esisteva la possibilità di effettuare varianti in corso d’opera, quindi queste modifiche, anche se rientravano in varianti definite “leggere” o non essenziali, non venivano corrette e oggi creano le difformità. Ad esempio una finestra che era sul progetto e poi non è stata realizzata o un cornicione che era di 30 centimetri ma che nella realtà è di mezzo metro. Il secondo caso riguarda le difformità interne non semplicemente formali. Prima del 1977 quando si faceva il progetto di un edificio non si presentavano le planimetrie di tutto, ma bastava un «piano tipo». Ma in fase di realizzazione degli immobili, alcuni elementi potevano essere modificati, magari con un bagno in più, o con lo spostamento di un tramezzo o con la divisione di una stanza. Modifiche che oggi sono considerate difformità.
C’è, poi, il terzo livello: quello delle difformità che potevano essere sanate al momento della realizzazione dell’intervento ma che adesso non sono più regolarizzabili per effetto del meccanismo della doppia conformità. In base al Testo unico edilizia, spiega il Sole, oggi possono essere sanati solo gli elementi conformi alle regole del momento di realizzazione degli elementi e del momento di richiesta della sanatoria. È un doppio paletto che il decreto Salvini intende eliminare.

Le polemiche

Ma mentre Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha chiarito che non si tratta di «condonare abusi esterni» né «riguarda le zone sismiche, archeologiche o le ville abusive sulle spiagge», anche il leader della Cgil Maurizio Landini parla di “solita marchetta elettorale”.

Lo stop all’Ars per la sanatoria delle case abusive al mare

E mentre, tra le polemiche, si torna a discutere della possibilità di questa sorta di condono edilizio legato al Piano casa, in Sicilia è ancora fermo all’Ars un disegno di legge in materia di urbanistica ed edilizia che contiene anche la sanatoria delle case abusive al mare costruite prima del 1985, entro i 150 metri dalla battigia. Il provvedimento, che ha suscitato polemiche e l’opposizione delle organizzazioni ambientaliste, è stato approvato a maggioranza in commissione Ambiente il 16 gennaio scorso ma non è mai approdato in aula. Non c’è un dato ufficiale sulle case che rientrerebbero nel condono, si parla di 200-250 mila immobili realizzati tra il 1976 e il 1984.
La norma, inserita nel disegno di legge, è stata presentata dal capogruppo di Fdi Giorgio Assenza il quale ha più volte sottolineato che si tratta di una sua iniziativa e non del gruppo parlamentare che presiede, e che la norma serve a sanare una «ingiustizia che riguarda una precisa tipologia di immobili, finiti in un groviglio di norme e sentenze che nel tempo hanno creato questa anomalia, tutta siciliana a differenza del resto d’Italia».

 

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