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La realizzazione di opere che portino a un organismo
edilizio nuovo
o comunque non più riconducibile a quello
oggetto di istanza di sanatoria, rende impossibile il rilascio del
titolo.

Condono edilizio: no a lavori successivi all’istanza

Si tratta di un principio consolidato in tema di abusi edilizi e
che il Consiglio di Stato ha ribadito con la
sentenza
del 19 dicembre 2023, n. 11011
, confermando il
provvedimento di rigetto di un’istanza di condono
edilizio
ai sensi del D.L. n. 269/2003, convertito con
legge n. 326/2003, in quanto l’edificio oggetto della domanda
sarebbe stato modificato dopo il 31 marzo 2003, tanto da comportare
la costituzione di un organismo edilizio non più riconducibile a
quello di cui all’istanza di sanatoria.

Già in primo grado il TAR aveva specificato che il
silenzio-assenso previsto in tema di condono
edilizio non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del
termine indicato e del pagamento dell’oblazione senza alcuna
risposta del Comune, ma occorre anche la prova della ricorrenza dei
requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dall’art. 32, comma 37,
d.l. n. 269 cit., conv. nella l. n. 326 cit., cui è subordinata
l’ammissibilità della sanatoria e cioè che la domanda:

  • sia stata correlata dalla documentazione prescritta dalla
    legislazione statale e regionale;
  • non sia infedele;
  • sia stata interamente pagata l’oblazione.

Inoltre è necessario che l’opera:

  • sia stata ultimata nel termine di legge;
  • non sia in contrasto con i vincoli di
    inedificabilità
    di cui all’art. 33, l. 28 febbraio 1985 n.
    47.

In questo caso è stato ravvisato che erano stati eseguiti
interventi ascrivibili quantomeno alla manutenzione straordinaria
ex art. 3, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 e pertanto,
come correttamente rilevato dall’Amministrazione civica, le
modifiche operate sulle opere oggetto di condono dopo il 31 marzo
2003 hanno comportato “la costituzione di un organismo edilizio
non più riconducibile a quello di cui all’istanza di
sanatoria”.

Condono e silenzio assenso

Palazzo Spada ha confermato su tutta la linea le decisioni di
primo grado. Il silenzio-assenso previsto in tema di condono
edilizio non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del
termine indicato e del pagamento dell’oblazione senza alcuna
risposta del Comune, ma occorre altresì la prova della
ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi
stabiliti dall’art. 32, comma 37, d.l. n. 269 cit., conv. nella l.
n. 326 cit., cui è subordinata l’ammissibilità della sanatoria e
cioè che la domanda sia stata correlata dalla documentazione
prescritta dalla legislazione statale e regionale, non sia
infedele, sia stata interamente pagata l’oblazione, che l’opera sia
stata ultimata nel termine di legge e non sia in contrasto con i
vincoli di inedificabilità di cui all’art. 33, l. 28 febbraio 1985
n. 47.

Per altro, si era in presenza di un organismo edilizio nuovo che
superava la soglia di tollerabilità degli interventi
successivi
sull’immobile oggetto di istanza in sanatoria
(sola manutenzione ordinaria), considerando gli interventi indicati
ascrivibili quantomeno alla manutenzione straordinaria ex art 3,
comma 1, lett. b), d.p.r. n. 380/2001 e che, pertanto, le modifiche
operate sulle opere oggetto di condono, dopo il 31 marzo 2003,
hanno comportato “la costituzione di un nuovo organismo
edilizio non più riconducibile a quello di cui all’istanza di
sanatoria”
, da cui l’impossibilità a procedere con il rilascio
del titolo abilitativo e la legittimità del successivo ordine di
demolizione ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico
Edilizia
).

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