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Brescia, 9 gennaio 2024 –  Non sarà la stangata del 2023, quando l’inflazione era alle stelle, ma comunque un aumento, l’ennesimo, ci sarà per le famiglie che si avvalgono di lavoratori domestici, come colf, badanti, baby sitter.

E considerando che, attualmente, per un (o una) badante a tempo pieno con regolare contratto il costo minimo è di 18mila euro annui lordi senza possibilità di aver agevolazioni significative, si capisce perché si guardi con preoccupazione agli adeguamenti delle retribuzioni minime e dei contributi che saranno pubblicati a gennaio.

Nel frattempo, domani scade il termine entro cui vanno versati i contributi Inps e Cassacolf del trimestre, operazione che le famiglie devono compiere 4 volte all’anno, ovvero ogni trimestre, complicando non di poco conto la già complessa gestione familiare.

“Bisogna tener presente che per molti, avvalersi di un lavoratore domestico, è una necessità – ricorda Simona Paris, delegata per Brescia e Bergamo di Assindatcolf, Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico –. Ad esempio, di fronte alle lunghe liste d’attesa nelle Rsa, oltre che ai costi, assumere qualcuno per l’assistenza quotidiana per molti è l’unica soluzione possibile. In altri casi è una questione di scelta, perché comunque c’è chi non vuole allontanare i propri cari da casa. Però serve un supporto maggiore dalle istituzioni”.

I costi, come si diceva, gravano non poco sui bilanci familiari: 18mila euro la retribuzione lorda annua minima per badanti a tempo pieno, 9mila euro per colf con contratti da 20 ore a settimana (anche qui, in caso di persone non autosufficienti, si tratta di scelte obbligate per i caregiver). Le agevolazioni? Per ora sono previste deduzioni di contributi fino a 1.549,37 euro (per tutti i redditi) per tutte le categorie di lavoratori domestici, mentre solo per badanti di può detrarre il 19% della retribuzione fino ad un massimo d 2.100 euro e solo per chi ha redditi fino a 40mila euro.

“La soluzione vera è quella che l’associazione chiede da anni – evidenzia Paris – ovvero la deduzione totale del costo del lavoro. Bisogna considerare la famiglia come una piccola impresa, che può quindi dedurre il costo dei dipendenti. Questo aiuterebbe ad affrontare i rincari, ma sarebbe anche un incentivo alle regolarizzazioni, visto che molti rapporti di lavoro domestico non sono dichiarati”. C’è, infatti, chi cerca di risparmiare pagando in nero il lavoratore.

“Il carovita è diventato pesante per la famiglie e si pensa di tenere nel sommerso per cercare di risparmiare qualcosa. Un atteggiamento sbagliato e rischioso per lo stesso datore di lavoro, ma per scongiurarlo serve un supporto maggiore a favore delle famiglie”.

 

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