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Contestazione ripartizione spese acqua condominiale: per opporsi alla richiesta di pagamento bisogna impugnare la delibera.

Immagina che un bel giorno bussi alla porta di casa tua l’amministratore di condominio con una bolletta da pagare per l’acqua condominiale. L’importo che pretende ti appare però oltremodo esagerato, anche alla luce di un sommario confronto con le quote richieste ai tuoi vicini. C’è chi ha un appartamento più grande del tuo e paga di meno. Com’è possibile che ti sia stato addebitato un costo così elevato pur in assenza di ragioni che facciano presumere un maggior consumo? Non sei affatto convinto della correttezza della ripartizione delle spese dell’acqua

e, pertanto, ti rifiuti di firmare il foglio e di pagare. L’amministratore ti fa però presente che i conteggi sono stati ormai approvati dall’assemblea e che non c’è più modo di contestarli. Ti appigli allora alla segnalazione, da te più volte inoltrata, circa un presunto guasto al contatore dell’acqua, segnalazione che l’amministratore non ha preso mai in considerazione, omettendo di chiamare un tecnico per le verifiche. Alla luce di ciò rimani della tua posizione. Chi di voi ha ragione? Si possono contestare i consumi relativi alla bolletta dell’acqua di condominio? La questione, tutt’altro che rara nelle nostre realtà condominiali, è stata di recente chiarita dalla Cassazione con un’ordinanza dello scorso 28 marzo [1]. Vediamo cosa hanno detto i giudici a riguardo.

Acqua con unico contatore: cosa succede?

Nei condomini, il contratto con la società dell’acqua è quasi sempre gestito a livello centrale dall’amministratore ossia dal condominio stesso. Anche quando i singoli

appartamenti sono dotati di un proprio contatore, l’utenza è unica; i contatori individuali hanno solo lo scopo di ripartire in modo certo i consumi tra i proprietari degli appartamenti; ma la loro funzione ha un uso puramente “interno” e non può essere fatta valere nei confronti della società fornitrice.

Le spese relative al consumo dell’acqua vanno quindi ricomprese negli oneri condominiali e, pertanto, vanno pagate dai condomini insieme a tutte le altre voci dei contributi dovuti al condominio per l’ordinaria amministrazione.

Contestazione dei consumi di acqua

Il condomino che voglia contestare il riparto dei consumi di acqua e un addebito eccessivo di spesa a proprio carico deve però muoversi prima che l’amministratore gli chieda il pagamento. Egli deve infatti impugnare la delibera dell’assemblea con cui è stato approvato il piano di riparto entro 30 giorni dalla sua adozione (o, per i soli assenti, dalla comunicazione del verbale fatta dall’amministratore). Chi fa scadere questo termine non può neanche opporsi all’eventuale

decreto ingiuntivo notificatogli dal condominio (per quanto la legge consenta l’opposizione al decreto nei 40 giorni successivi alla sua notifica). Insomma, non resta che pagare.

Contatore condominiale guasto: che succede?

Se il contatore condominiale dell’acqua è guasto ma l’assemblea ha approvato il piano di riparto senza che la delibera fosse impugnata dal condomino, bisogna pagare la bolletta sproporzionata. Solo l’intervento del giudice, infatti, che dichiari nulla la delibera dell’assemblea, può impedire al proprietario di non pagare l’acqua condominiale assumendo che vi sia stato un errore nella ripartizione dei consumi. È questo il chiarimento fornito dalla Cassazione.

La Corte si è richiamata al principio – ormai consolidato all’interno della giurisprudenza e di cui abbiamo dato spiegazione nel precedente paragrafo – secondo cui, per contestare gli oneri condominiali è necessario prima impugnare la delibera dell’assemblea che ripartisce gli oneri stessi tra i vari proprietari e, dopo, che il giudice annulli la delibera ritenendola viziata.

Risultato: il condomino che fa scadere i termini e non impugna la delibera di approvazione del consuntivo è tenuto a pagare i consumi eccessivi dell’acqua anche se il contatore è guasto.

Se l’amministratore, dopo la regolare approvazione del consuntivo nel corso della riunione condominiale, chiede e ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento dei consumi idrici insoluti, il condomino debitore non può più proporre opposizione: è ormai fuori termine. Doveva prima far annullare la delibera.

La vicenda

Nella vicenda esaminata, un condominio otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino per il mancato pagamento degli oneri condominiali approvati all’unanimità dall’assemblea con il bilancio consuntivo nel quale era stato inserito il riparto relativo al consumo dell’acqua.

Il decreto ingiuntivo veniva opposto dal condomino, il quale deduceva l’erronea contabilizzazione dei consumi idrici dovuta ad un vizio del contatore, in quanto l’appartamento in quel periodo era rimasto disabitato. L’opposizione veniva rigettata dal giudice di pace sulla scorta della

mancata impugnazione della delibera che aveva approvato il riparto dei consumi idrici, mentre il tribunale, quale giudice di appello, accoglieva il gravame, revocando il decreto ingiuntivo opposto con conseguente rigetto della domanda di rimborso formulata dal condominio.

La Cassazione, nel considerare le spese relative al consumo idrico rientranti negli oneri condominiali, lo ha accolto, ribadendo che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei suddetti contributi, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo tale sindacato riservato al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate.

Ove dunque la delibera non sia stata impugnata, ha concluso la Cassazione, essa assume efficacia vincolante e l’addebito di consumi, erroneamente contabilizzati dal contatore dell’unità individuale, va fatto valere appunto con l’impugnazione della delibera di riparto della spesa e non con l’opposizione al decreto ingiuntivo.

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